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27 Maggio 2008L’anemia come fattore di rischio trombotico e le indicazioni alla terapia trasfusionale nelle sindromi coronariche acute
S. Valente, E. Crudeli, G.F. Gensini
Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, Dipartimento del Cuore e dei Vasi – AOUC Firenze
L’anemia, definita secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità come valori di emoglobina (Hb) inferiori a 13 g/dl per l’uomo e 12 g/dl per la donna (1), rappresenta un fattore di rischio noto nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Più recentemente è emerso il ruolo dell’anemia, come fattore di rischio, anche nei pazienti con sindromi coronariche acute (SCA).
La prevalenza dell’anemia nelle SCA varia dal 5 al 30% nei diversi lavori (2,3).
Questa ampia variabilità oltre che dalla stessa definizione di anemia cui si fa riferimento, dipende da vari fattori, quali l’età, il sesso e le comorbilità delle diverse casistiche.
Anemia e prognosi nelle SCA
Dai dati della letteratura non è ancora chiaro:
a) quale sia il cut-off di Hb che condiziona la prognosi;
b) se l’anemia influenzi la prognosi a breve e/o a lungo termine;
c) se sia un fattore predittivo indipendente o solo l’espressione di pazienti più anziani e con più comorbilità;
d) se sia piuttosto l’anemizzazione durante la degenza ad influenzare la prognosi.
Sabatine e coll. (3) hanno stratificato, in base al valore di Hb all’ingresso, circa 40.000 pazienti con SCA, di cui 2/3 con infarto miocardico acuto e sopraslivellamento del tratto ST (STEMI). I pazienti anemici avevano una più alta mortalità a 30 giorni, con andamento crescente del rischio per ogni grammo di Hb in meno, ed un maggior numero di eventi ischemici e di sanguinamenti.
Facendo riferimento a questo e ad altri lavori, le recenti linee guida dell’ESC per il trattamento delle SCA senza sopraslivellamento del tratto ST (4), raccomandano di tener conto dell’anemia nella stratificazione iniziale del rischio, poiché si tratta di un marker indipendente di eventi ischemici ed emorragici a 30 giorni (Classe I, livello di evidenza B).
Cavusoglu e coll. (5) hanno valutato la prognosi a lungo termine (follow-up di 2 anni) di 193 soggetti di sesso maschile con SCA, trovando che l’anemia è un fattore predittivo indipendente di mortalità e infarto.
Aronson et al. hanno considerato la prevalenza e il significato prognostico a lungo termine dei cambiamenti dei valori di Hb in pazienti con infarto miocardico acuto (6).
Nei 1390 pazienti arruolati l’anemia era presente all’ingresso nel 17,8% ed alla dimissione nel 36,1%. In questo studio il nadir di Hb durante la degenza è risultato un forte determinante della prognosi a distanza. Il 6,1% dei pazienti erano trasfusi: come è ovvio si trattava di quelli con valori di Hb più bassi durante la degenza, e il 79% di questi pazienti erano ancora anemici alla dimissione.
Nella popolazione dello studio CADILLAC (7) erano anemici il 12,8% dei pazienti con infarto miocardico acuto trattati con angioplastica primaria; nei pazienti anemici si riscontrava una più alta percentuale di eventi emorragici (6.2% vs. 2.4%; P=0.002), una percentuale più alta di pazienti trasfusi (13.1 vs. 3.1%; P<0.0001), ed una degenza più lunga. La mortalità era più alta in acuto, nel breve termine (30 giorni) ed anche a distanza di 1 anno.
SCA e trasfusioni
Le tecniche invasive di rivascolarizzazione coronarica e l’utilizzo di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti efficaci, hanno portato ad eccellenti risultati prognostici nei pazienti con SCA.
Questi risultati possono essere compromessi dalle complicanze emorragiche e dalla necessità di trasfusioni.
Nel lavoro di Rao e coll. sono stati esaminati più di 24.000 pazienti con SCA arruolati in 3 diversi Trial; le trasfusioni erano un fattore predittivo indipendente di eventi (mortalità e/o infarti) a 30 giorni (2).
Bassand, in un recente editoriale, esorta i cardiologi a tener conto non solo del rischio ischemico, ma anche del rischio emorragico nella stratificazione dei pazienti con SCA e ogni sforzo deve essere fatto per ridurli entrambi (8).
Nel 1999 è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine il primo trial randomizzato sull’utilizzo della strategia restrittiva delle trasfusioni nei pazienti critici.
I pazienti così trattati (trasfusi solo quando i valori di Hb erano inferiori a 7 g/dl) avevano una prognosi almeno sovrapponibile a quella dei pazienti che venivano trasfusi liberamente; mentre nei cardiopatici, soprattutto quelli con SCA, la correzione di bassi valori di Hb migliorava la prognosi (9).
Nella casistica di Sabatine sono stati trasfusi il 4,6% dei pazienti con STEMI e il 2,7 % dei non STEMI; i pazienti con STEMI e Hb inferiore a 12 g/dl avevano una migliore prognosi se trasfusi mentre nelle SCA senza sopraslivellamento di ST l’uso di emoderivati comportava una maggiore incidenza di eventi indipendentemente dai valori di Hb.
La maggior parte dei pazienti veniva trasfusa per complicanze emorragiche.
Conclusioni
Come suggerito dalle linee guida l’anemia deve essere considerata un fattore predittivo di eventi negativi nei paz con SCA.
I pazienti che di base sono anemici risultano maggiormente predisposti alle complicanze emorragiche e alla necessità di trasfusioni . Le trasfusioni hanno un pesante impatto sulla prognosi sia nel breve che nel lungo periodo.
Resta da chiarire quale debba essere il valore di Hb sotto il quale trasfondere e quale il valore da raggiungere.
Alla luce delle attuali conoscenze possiamo concludere che i pazienti con SCA e stabilità emodinamica, soprattutto se giovani e senza fattori di rischio aggiuntivi, devono essere trasfusi solo se l’Hb è inferiore a 7 g/dl; diverso è il discorso per i pazienti instabili in cui è necessaria la correzione dell’Hb fino a raggiungere la stabilità clinica.
Bibliografia
1. WHO scientific Group. Nutritional Anaemias: Report of a WHO Scientfic Group. Geneva: World Health Organization 1968.
2. Rao SV, Jollis JG, Harrington RA, Granger CB, Newby LK, Armstrong PW, Moliterno DJ, Lindblad L, Pieper K, Topol EJ, Stamler JS, Califf RM. Relationship of blood transfusion and clinical outcomes in patients with acute coronary syndromes. JAMA. 2004;292(13):1555-62.
3. Sabatine MS, Morrow DA, Giugliano RP, Burton PB, Murphy SA, McCabe CH, Gibson CM, Braunwald E. Association of haemoglobin levels with clinical outcomes in acute coronary syndromes. Circulation. 2005;111(16):2042-9.
4. Authors/Task Force Members, Bassand JP, Hamm CW, Ardissino D, Boersma E, Budaj A, Fernandez-Aviles F, Fox KA, Hasdai D, Ohman EM, Wallentin L, Wijns W; ESC Committee for Practice Guidelines (CPG), Vahanian A, Camm J, De Caterina R, Dean V, Dickstein K, Filippatos G, Kristensen SD, Widimsky P, McGregor K, Sechtem U, Tendera M, Hellemans I, Gomez JL, Silber S, Funck-Brentano C; Document Reviewers, Kristensen SD, Andreotti F, Benzer W, Bertrand M, Betriu A, De Caterina R, Desutter J, Falk V, Ortiz AF, Gitt A, Hasin Y, Huber K, Kornowski R, Lopez-Sendon J, Morais J, Nordrehaug JE, Silber S, Steg PG, Thygesen K, Tubaro M, Turpie AG, Verheugt F, Windecker S. Guidelines for the diagnosis and treatment of non-ST-segment elevation acute coronary syndromes: The Task Force for the Diagnosis and Treatment of Non-ST-Segment Elevation Acute Coronary Syndromes of the European Society of Cardiology. Eur Heart J. 2007;28(13):1598-660.
5. Cavusoglu E, Chopra V, Gupta A, Clark LT, Eng C,. Marmur J D.
Usefulness of Anemia in Men as an Independent Predictor of Two-Year Cardiovascular Outcome in Patients Presenting With Acute Coronary Syndrome Am J Cardiol 2006;98:580 –584
6. Aronson D, Suleiman M, Agmon Y, Suleiman A, Blich M, Kapeliovich M, Beyar R, Markiewicz W, Hammerman H. Changes in haemoglobin levels during hospital course and long-term outcome after acute myocardial infarction. Eur Heart J. 2007;28(11):1289-96.
7. Nikolsky E, Aymong ED, Halkin A, Grines CL, Cox DA, Garcia E, Mehran R, Tcheng JE, Griffin JJ, Guagliumi G, Stuckey T, Turco M, Cohen DA, Negoita M, Lansky AJ, Stone GW. Impact of anaemia in patients with acute myocardial infarction undergoing primary percutaneous coronary intervention: analysis from the Controlled Abciximab and Device Investigation to Lower Late Angioplasty Complications (CADILLAC) Trial. J Am Coll Cardiol. 2004;44(3):547-53.
8. Bassand JP. Impact of anaemia, bleeding, and transfusions in acute coronary syndromes: a shift in the paradigm. Eur Heart J. 2007;28(11):1273-4.
9. Hebert PC, Wells G, Blajchman MA, Marshall J, Martin C, Pagliarello G, Tweeddale M, Schweitzer I, Yetisir E. A multicenter, randomized, controlled clinical trial of transfusion requirements in critical care. Transfusion Requirements in Critical Care Investigators, Canadian Critical Care Trials Group. N Engl J Med 1999;340:409–417.