Brevemente, rinunciando a molte parole che pensavo di scrivereo di linkare, un solo consiglio di lettura. È un romanzo pubblicato quarant’anni fa, si intitola Aspettando i barbari, lo ha scritto J.M. Coetzee, che non manca mai di essere un romanziere tra i più bravi del nostro tempo. Io l’ho riletto da pochi mesi, forse perché vent’anni fa, quando lo lessi la prima volta, non lo avevo capito. Pochi mesi fa ho compreso che ci sono stanchezze e silenzi che finiscono per essere colpevoli tanto quanto i gesti estremi; e che ci sono ipocrisie che nascondiamo nel nostro cuore per non vedere troppo da vicino il male che facciamo e che ci abita.
Ne parlo oggi, perché nelle ultime ore quelli che alcuni vogliono chiamare «barbari» hanno pagato un tributo di vite inaccettabile per noi che li stiamo a guardare al di qua del mare, magari vergognandoci; perché in tutto il romanzo non ho mai sentito emergere la distinzione tra «buoni» e «cattivi», che francamente non so più sopportare (e non mi pare che sia di alcun aiuto a comprendere le cose), ma piuttosto i concetti di paura e di ignoranza; e anche perché oggi ne ho letto una breve presentazione qui. La quale presentazione, e con queste parole ho davvero finito, dice anche così:
C’è qualcosa, tuttavia, che rende Aspettando i barbari più di una semplice allegoria: Coetzee non racconta soltanto una storia di politici, eserciti, prigionieri, violenza e torture esercitate da questi stessi uomini, e nemmeno una storia di città fortificate costruite ancora dagli uomini, di spedizioni di uomini contro altri uomini, di vittorie o sconfitte di uomini su uomini. Quello che Coetzee aggiunge è la storia più grande, non quella provocata dagli uomini: la storia che gli uomini subiscono, quella delle grandi migrazioni ambientali, dei terremoti, delle siccità, dei cicli naturali che indirizzano, favoriscono o schiacciano i cicli di civiltà. Il magistrato lo sa, quando guarda il piccolo lago che si stende fuori le mura, e realizza che si sta prosciugando e salando ogni anno di più, che presto renderà sterili i campi e inutilizzabili i pascoli, e che l’Impero dovrà andarsene spinto via dalla desertificazione così come i barbari lasciarono le loro terre e si spostarono altrove, migliaia di anni prima… Quello che i protezionisti e razzisti si ostinano a tentare di fermare è una migrazione di massa simile a quelle che si sono sempre verificate nella storia dell’uomo (e degli animali), che hanno formato il dna di questa Europa che loro si ostinano a “difendere” con minacce e proclametti… Chi pensa di poter salvare un impero dalla sabbia o dagli uomini che scappano dalla sabbia è prima di tutto un cretino.