non è vero
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la possibilità del male

In giorni in cui è, o appare, più che naturale compilare liste di libri per Natale (i 5 libri dell’anno; i 10 libri dell’anno; i 15 libri degli ultimi 15 anni; i 3 libri che dovete leggere nelle vacanze che arriveranno…), ecco, mi piace citare un solo scrittore e dirvi che è uno scrittore che riesce a illuminare un angolo di mondo che non è sempre, visto da qui, ci è apparso chiaro.

 

Lo scrittore si chiama Andrea Tarabbia, l’angolo di mondo è la parte di Europa e di Asia che fino al 1989 si è chiamata Unione Sovietica e dopo il 1989 si chiama più o meno Russia, laddove è il «più o meno» a scandire i tempi della nostra incomprensione.

 

Andrea Tarabbia ha scritto una decina di anni fa un bel romanzo, che io apprezzai molto, che si intitolava Il demone a Beslan e che, nel modo in cui la letteratura può ancora riuscire a fare, accendeva una piccola ma vivida luce sul conflitto in Cecenia e sulla terrificante strage di Beslan, di cui sentimmo fin troppo parlare, anche qui. In questi giorni è invece uscito il suo nuovo libro, che si intitola Il giardino delle mosche e che è stato ben presentato da Leonardo Guzzo sul sito «La balena bianca». Io lo sto leggendo in queste ore e già mi sento di consigliarlo come un buon libro per la fine del 2015. Guzzo ne ha invece scritto così:

 

Può la vita di un serial killer concentrare l’essenza dell’esperienza umana, produrre rigetto e compassione, inquietudine e immedesimazione? Può la stessa vita diventare il simbolo di un’intera società e di un complesso momento storico? La somma di queste domande fa di Il giardino delle mosche di Andrea Tarabbia, edito da Ponte alle Grazie, un libro raro e importante. Raro perché prezioso, importante perché crudo, perché ambizioso. Alla seconda incursione nella storia della Russia contemporanea (dopo Il demone a Beslan, dedicato al tragico eccidio del 2004), Tarabbia costruisce un romanzo enorme e profondo, ripercorrendo la parabola criminale di Andrej Cikatilo, «il mostro di Rostov», carnefice di cinquantasei vittime tra il 1978 e il 1990, e insieme ricostruendo, in un affresco potente e minuzioso, il crepuscolo dell’Unione Sovietica.

 

[Però, scusate un attimo, non ho mica finito… Ci sarebbe, se ne avete tempo, da ritornare sul tema dell’università italiana che, mentre noi parliamo di libri e di cuore, si sta spopolando, per motivi non ancora molto chiari. Un’idea, rapida e brutale, la trovate esposta qui, da Gianfranco Viesti. Io vorrei che avesse torto ma non riesco a esserne così sicuro.]

Davide Profumo
Davide Profumo
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