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la porta

Dal preciso istante della creazione ci guardiamo intorno e diamo un nome alle cose. E il nome è sempre una parola, la parola ha una sua definizione esatta, la quale sta sul vocabolario, la quale stabilisce confini, nega contraddizioni, pone limiti all’esistente. Dal preciso istante della creazione, usando le parole con cui nominiamo le cose, poniamo limiti all’esistente.  È una cosa che ci consola, è un atto grazie a cui il mondo ha una forma, è un’urgenza senza cui non sapremmo (o almeno: io non saprei) vivere. Ma viene il dubbio (ogni tanto, nel dormiveglia, nei tratti diritti della strada in cui ci si può distrarre, negli sguardi fissi che abbiamo sul mondo, nei passi che talvolta rallentano incerti perché la meta appare misteriosa, o inutile, o lontana) viene il dubbio che possa non essere così. Che una scarpa possa non essere solo una scarpa, che una rosa possa essere ben altro che una rosa, che un sorriso possa essere assai più che un sorriso. O anche, nei giorni migliori, che una porta possa essere un gattino. Beato, penso io, candido e ingenuo ma soprattutto (soprattutto) beato colui che sa crederlo.

Davide Profumo
Davide Profumo
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