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La mutazione JAK2 V617K: un nuovo marcatore genetico di trombofilia

La mutazione JAK2 V617K: un nuovo marcatore genetico di trombofilia
V. Toschi
Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e Centro Emostasi e Trombosi
AO Ospedale San Carlo Borromeo, Milano

 

Un evento tromboembolico venoso o arterioso può costituire la presentazione clinica in un elevato numero di pazienti con Sindromi Mieloproliferative (SMP). E’ stato in particolare riportato che un episodio trombotico può comparire all’esordio della malattia nel 12-39% dei pazienti con policitemia vera (PV) o trombocitemia essenziale (TE), costituendo la più importante causa di morte in questi pazienti assieme alla evoluzione leucemica acuta. Recentemente grande attenzione ha ricevuto il riscontro di un’associazione tra eventi di natura tromboembolica ed un mutante del gene Janus kinase 2 (JAK2) che causa la sostituzione di una valina con una fenilalanina in posizione 617 nella protein chinasi codificata dal gene1. E’ stato recentemente dimostrato che la mutazione JAK2 V617F è presente nel 95% dei pazienti con PV e nel 50-60% dei pazienti con trombocitemia essenziale e gioca un ruolo chiave nella stimolazione della proliferazione dei precursori ematopoietici2. E’ stato anche riportato che la mutazione costituirebbe un fattore prognostico negativo in questi pazienti essendo associata ad un aumentato rischio di episodi sia di natura emorragica che trombotica, oltre che di evoluzione in fibrosi midollare3. Un recente studio retrospettivo ha inoltre dimostrato, mediante analisi multivariata e aggiustamento per sesso, età, conta leucocitaria e pregressa trombosi, che i pazienti con TE e mutazione JAK2 V617F allo stato omozigote presentano un significativo aumento del rischio di trombosi venosa e arteriosa rispetto ai soggetti eterozigoti e a quelli che non possiedono la mutazione, mentre non viene dimostrata alcuna associazione tra eventi cardiovascolari e mutazione JAK2 V617F nei soggetti affetti da PV4, suggerendo che il gene mutato possa essere un marcatore di trombofilia solo in alcune categorie di pazienti con SMP.

Una crescente mole di dati sperimentali sembra suggerire la possibile associazione tra mutazione JAK2 V617F e trombosi del territorio splancnico. Una elevata incidenza di trombosi venose viscerali era stata da tempo osservata nei pazienti portatori di SMP o in soggetti con una crasi ematica normale al momento dell’evento trombotico nei quali veniva successivamente diagnosticata una SMP, indicando una possibile associazione tra questa categoria di emopatie ed eventi trombotici in sedi atipiche. In un recente studio sperimentale condotto in pazienti con trombosi portale e/o mesenterica senza alterazioni trombofiliche congenite, Coalizzo e coll. dimostravano la presenza della mutazione JAK2 V617F in 17 dei 99 casi studiati (17.2%, 95% CI 10.9-25.9). Sette pazienti portatori della mutazione e 2 in cui la mutazione non era dimostrabile, presentavano inoltre i criteri diagnostici di SMP al momento dell’insorgenza dell’episodio trombotico. Dopo un follow up medio di 41 mesi, in 3 su 10 pazienti portatori della mutazione JAK2 V617F veniva diagnosticata una SMP (PV o mielofibrosi idiopatica) mentre solo 2 pazienti su 83 che non presentavano la mutazione sviluppavano una SMP conclamata5. Tali dati dimostrano, da un lato, un’elevata incidenza di positività per la mutazione JAK2 V617F nei pazienti con trombosi viscerale, suggerendo la possibilità di utilizzare questo mutante molecolare come marker di trombofilia e, dall’altro, che la mutazione possa costituire un parametro predittivo l’insorgenza di una SMP. La associazione tra mutazione JAK2 V617F, trombosi viscerali e SMP è stata anche valutata in diversi studi retrospettivi in cui una sovraespressione della mutazione veniva dimostrata in colonie granulocitarie o mieloidi ottenute da un elevata percentuale di pazienti con trombosi addominali, indicando la possibilità di un ruolo causale di JAK2 V617F nella patogenesi dell’evento trombotico6. Una prevalenza della mutazione JAK2 V617F superiore al 50% è stata anche descritta da Patel et al. in un’ampia serie di pazienti con sindrome di Budd-Chiari. Oltre alla mutazione questi soggetti presentavano più elevati livelli di emoglobina rispetto ai pazienti che non presentavano la mutazione e alterazioni morfologiche midollari suggestive di SMP7. De Stefano e coll. hanno infine dimostrato una prevalenza della mutazione JAK2 V617F del 4.8% (95% CI 13.8.31.7) in 45 pazienti con trombosi cerebrale in assenza di un quadro conclamato di SMP8. Considerati globalmente questi dati suggeriscono che la mutazione JAK2 V617F possa costituire un fattore di rischio per trombosi venosa del territorio splancnico o cerebrale e che la sua identificazione possa essere utile nel follow up di questi pazienti al fine di diagnosticare precocemente l’insorgenza di una SMP non clinicamente manifesta al momento dell’episodio trombotico.
Esistono al momento elementi sufficientemente forti per considerare la mutazione JAK2 V617F un fattore di rischio indipendente per trombosi ed inserire la ricerca di questo marcatore nel work-up clinico dei pazienti con trombosi venose apparentemente idiopatiche o in quelli con trombosi arteriose? Alcuni dati della letteratura suggerirebbero per il momento prudenza nell’impiego di questo test nella pratica clinica corrente. Un recente studio cinese condotto su 3935 soggetti ha dimostrato che la mutazione ha un’incidenza dell’1% nella popolazione generale sana o con condizioni cliniche apparentemente non correlate alle SMP9. Un recente studio retrospettivo condotti su 664 pazienti ha inoltre dimostrato che il riscontro di una positività per il mutante V617F del JAK2 aveva una bassa incidenza (<1%) nei pazienti con trombosi venose che si verificano nelle ‘sedi comuni’ o in pazienti con infarto miocardio giovanile o stroke e che nessuno dei soggetti studiati presentava l’insorgenza di una SMP conclamata o di una recidiva trombotica durante un follow up di 40 mesi10. La maggioranza degli studi finora condotti non ha infine caratterizzato l’assetto allelico dei pazienti portatori della mutazione, rendendo così difficile l’esatta interpretazione dei risultati ottenuti. L’utilizzo clinico della ricerca della mutazione JAK2 V617F quale test di screening per trombosi al di fuori delle condizioni di trombosi viscerali, nelle quali il suo ruolo appare sufficientemente consolidato, non sembra pertanto attualmente raccomandato ed ulteriori studi prospettici su più ampie casistiche sono necessari per chiarirne l’esatto significato diagnostico e prognostico nelle malattie cardiovascolari e nelle emopatie.

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