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2 Novembre 2015A cura di Walter Ageno
L’incidenza di trombosi venose diagnosticate in modo incidentale dopo esecuzione di esami strumentali effettuati per ragioni cliniche differenti (ad esempio la stadiazione di un tumore) è in verosimile aumento. Questo riguarda principalmente le embolie polmonari, ma anche trombosi venose in altri distretti come nel circolo splancnico o nelle vene degli arti superiori o inferiori. Nella maggior parte dei casi i riscontri incidentali avvengono dopo tomografie assiali computerizzate (TC), ma non sono rari i casi di riscontro ecografico, soprattutto a livello addominale.
Pochi anni fa abbiamo condotto una revisione sistematica della letteratura per identificare gli studi che riportavano il numero di diagnosi di embolie polmonari incidentali dopo TC del torace e abbiamo stimato una prevalenza media del 2.6%. Questo significa che ogni 100 TC del torace eseguite per ragioni diverse dal sospetto di embolia polmonare, 2 o 3 identificano questa patologia incidentalmente. La prevalenza aumentava se le TC erano eseguite in pazienti ricoverati (rispetto ai pazienti ambulatoriali) ed era più alta nei pazienti oncologici rispetto ai pazienti non tumorali. È chiaro come questo problema sia particolarmente importante proprio nella popolazione oncologica, sia per la nota forte associazione tra cancro e trombosi, sia perché questi pazienti sono periodicamente sottoposti all’esame radiologico al fine di stadiare il tumore. In uno studio nordamericano condotto su una popolazione di pazienti tumorali, quasi la metà di coloro che hanno avuto una diagnosi di embolia polmonare nel corso della malattia hanno avuto un riscontro incidentale.
Come si diceva, il dato di prevalenza non è molto inferiore se si valutano altri distretti. La prevalenza di trombosi venose diagnosticate incidentalmente nei vasi addominali dopo TC dell’addome nel nostro ospedale è risultata essere vicina al 2% dopo la revisione di oltre 2500 TC consecutive. Altri studi hanno riportato come circa il 20-30% dei pazienti con trombosi venose splancniche hanno avuto una diagnosi incidentale. Anche in questo ambito il rischio di diagnosi incidentale aumenta nei pazienti oncologici, così come, se non di più, nei pazienti cirrotici.
Spesso si parla di trombosi asintomatiche quando le diagnosi sono incidentali. In realtà, questa definizione non è corretta in quanto molti di questi pazienti hanno avuto dei sintomi che non avevano portato al sospetto clinico di trombosi. Questo dato è frequentemente riscontrato nei pazienti oncologici, nei quali sintomi come la dispnea sono generalmente attribuiti alla patologia di base. Identificare dei sintomi che potrebbero aver preceduto la diagnosi di trombosi incidentale è utile in quanto questo rafforza la possibilità che la diagnosi stessa sia corretta. Un problema non trascurabile, infatti, è il rischio di risultati falsi positivi. Questo rischio è particolarmente elevato quando sono descritti isolati difetti di riempimento di arterie subsegmentali. Studi radiologici nei quali TC diagnostiche per embolia polmonare sono state rivalutate da più medici hanno evidenziato un elevato grado di discordanza e di diagnosi non confermate soprattutto quando gli emboli erano descritti in vasi di piccole dimensioni. Per questo, alcuni esperti raccomandano in tali situazioni (paziente realmente asintomatico ed embolia isolata subsegmentale) di rivalutare le immagini attentamente con i colleghi radiologi e di approfondire le indagini con la ricerca di trombosi venose a carico degli arti inferiori per supportare il riscontro incidentale di embolia polmonare.
Una domanda frequente riguarda il trattamento degli eventi tromboembolici diagnosticati incidentalmente. Purtroppo non ci sono molti studi che abbiano valutato la storia clinica di queste trombosi. I dati disponibili, tuttavia, suggeriscono che la prognosi di questi pazienti, sia con embolia polmonare che con trombosi venosa splancnica, sia del tutto simile alla prognosi dei pazienti con trombosi sintomatiche sospettate, sia in termini di mortalità che di recidive trombotiche. Il dato sulle recidive è tuttavia condizionato dal fatto che nella pratica clinica la grande maggioranza delle embolie polmonari incidentali viene comunque trattata con anticoagulanti. Lo stesso non avviene invece per le trombosi splancniche, che spesso rimangono senza terapia. È interessante osservare, però, come in quelle piccoli coorti di pazienti con embolia polmonare subsegmentale non trattati farmacologicamente non siano state descritte recidive tromboemboliche.
In mancanza di evidenze da studi clinici, le linee guida suggeriscono di trattare i pazienti con embolie polmonari incidentali allo stesso modo dei pazienti sintomatici, con la stessa intensità e durata della terapia anticoagulante. Viene data molta importanza, a sostegno della scelta di trattare il paziente, alla presenza di sintomi evidenziati dopo un’accurata raccolta di informazioni retrospettiva. Viene data altrettanta importanza alla sede e alle dimensioni dell’embolia, consigliando una valutazione molto approfondita e critica delle embolie subsegmentali e una decisione terapeutica individualizzata. È interessante a questo proposito l’esito di una recentissima survey condotta tra oncologi, specialisti in cure palliative e pneumologi, la maggioranza dei quali, alla domanda sul trattamento di un’embolia subsegmentale in pazienti oncologici, si è dichiarata comunque favorevole alla terapia anticoagulante, con una percentuale addirittura superiore all’80% tra gli oncologi.
Meno chiare sono le raccomandazioni relative ai pazienti con trombosi venose splancniche incidentali, con una generica indicazione a non trattare, salvo in presenza di importanti fattori di rischio di recidiva o di un trombo chiaramente recente o esteso.
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