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3 Aprile 2018incontrare l’arte
8 Aprile 2018Il giardino dei convolvoli di Rikyū era famoso per la sua bellezza. Venutone a conoscenza, Hideyoshi chiese di essere invitato ad ammirarlo. E così avvenne, ma quando arrivò non vi erano più piante; erano state tutte falciate. Turbato, Hideyoshi si ritirò nella vicina sala del tè. Nella modesta disposizione di ori della nicchia vi era un solo convolvolo, l’unico sopravvissuto, superbo nella sua raccolta semplicità. Si narra che il signore feudale l’abbia ammirato, poi abbia annuito e ammesso a se stesso di aver capito la lezione.
Mi ha lasciato prima stupito e poi anche curioso e ammirato aver saputo, proprio oggi, che esiste in Giappone una libreria che vende un solo libro. E che con quel libro riempie la sua stanza, un libro alla settimana, soltanto quello, perché in fondo è di un solo libro che abbiamo bisogno, è un solo libro che da sempre cerchiamo, ed è quell’unico solo libro che infatti non troveremo, nemmeno in quella lontana libreria di Tokyo.
E forse, in questa settimana che sta per finire, o nella prossima, perché c’è bisogno di uscire e fare due passi per andarselo a comprare, forse il libro giusto potrebbe essere La letteratura circostante di Gianluigi Simonetti. È un libro che è stato anticipato, nei mesi scorsi, da una serie di articoli pubblicati sul Sole24Ore, alcuni dei quali abbiamo avuto modo di segnalare anche qui, a suo tempo. È un libro intenso e utile, che sto leggendo in queste ore e di cui trovate qui la prefazione, dalla quale mi piace estrarre questo breve passaggio, che mi pare colga perfettamente il senso dell’intera operazione critica di Simonetti:
Caratteristica di questo libro è quella di unire allo studio della letteratura in senso forte, ad alta temperatura culturale ed emotiva, un interesse particolare per quella letteratura che definirei tiepida, sempre più diffusa e ingombrante socialmente, sempre più popolare, il cui principale obiettivo non è conoscere (e spiazzare), ma intrattenere (e distrarre). Valutare l’una e l’altra, e l’una nell’altra, non intende mettere tutto sullo stesso piano, con la scusa del discorso critico; serve invece a delineare un profilo il più possibile esauriente del paesaggio letterario italiano. Serve a guardarlo per intero.
E infine un’ultima considerazione, tutta personale, magari sbagliata.
Oggi ho letto una poesia di Patrizia Valduga, tra un’ora di scuola e l’altra, mentre cercavo di riposarmi dopo un’ora di spiegazione dantesca vagando sulla rete internet. Ho letto questa poesia e mi sono stupito di non ricordarla (colpa mia), perché l’ho trovata molto bella e perché posseggo e sono sicuro di aver letto la raccolta da cui è tratta. Ma ci si dimentica di molte cose, ho pensato. E poi ho anche pensato che è una poesia stupendamente erotica e carnale, quasi sofferente e volgare nella sua carnalità esibita; eppure anche di un erotismo gioioso, complesso, mai banale, autentico. La riporto qui sotto, è un sonetto, spero piacerà anche a voi. E mentre la leggevo pensavo alla tristezza di chi spaccia per erotismo quello di certi romanzi di sfumature a colori, e di certi film tratti dai romanzi di sfumature a colori e tantissima di tutta quella roba di quel genere, che è anche molto di quel che ci circonda. E mi sono detto che esiste ancora un differenza tra le cose, secondo me:
Vieni, entra e coglimi, saggiami provami…
comprimimi discioglimi tormentami…
infiammami programmami rinnovami.
Accelera… rallenta… disorientami.
Cuocimi bollimi addentami… covami.
Poi fondimi e confondimi… spaventami…
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami… ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami…
dissociami divorami… comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra… riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.