Di libri e di letteratura
8 Novembre 2014Una cosa divertente e altre segnalazioni
13 Novembre 2014A un lunghissimo e rapidissimo quarto di secolo di distanza, oggi, 9 novembre, guardiamo al muro di Berlino e al suo crollo così come si guarda spesso alla storia: come a qualcosa di inevitabile, di previsto, di accaduto e quindi da tutto ritenuto accadibile.
Naturalmente venticinque anni sono molti e sono insieme troppo pochi per comprendere tutto. Però, tra le molte cose con cui mi sto aiutando a cercare di capire, mi è sembrata molto utile questa piccola raccolta di materiali (un’interpretazione del 2009, un’intervista del 1989, una serrata cronologia dei fatti). Ve la propongo, sperando che anche a voi possa essere minimamente utile o che invece vi faccia venire voglia di proporre voialtri a me qualcosa di meglio. Vi si dice, tra il resto, così:
Il Muro di Berlino è caduto ufficialmente il 9 novembre 1989. Con la riunificazione di Berlino, e della Germania, si chiude la “guerra fredda” e si apre la transizione verso la democrazia di quelle che Václav Havel aveva definito sistemi post-totalitari racchiusi nell’impero sovietico. Ma quando incomincia a cadere il Muro, veramente? Quando inizia a sgretolarsi un sistema sovranazionale, spersonalizzato, illiberale, fondato sulla menzogna e sulla “vita nella menzogna” – come diceva ancora Havel – che pareva andare avanti per autocinèsi, e quindi essere sempre lontano dal collasso definitivo? Adam Michnik, una delle più lucide figure del dissenso polacco, non ha dubbi. Intervistato da Enrico Franceschini per “il Venerdì di Repubblica”, ha detto:
“Per me ha cominciato a cadere a Danzica (nell’estate del 1980, ndr), quando la protesta degli operai di Solidarnosc sancì la fine del comunismo: erano dei proletari che protestavano contro la dittatura del proletariato.”
Ma forse si potrebbe fissare una data ancora precedente, più o meno a metà degli anni settanta. È allora infatti, dopo il riassestamento successivo alla repressione della Primavera di Praga e del ’68 polacco, che prende forma sempre più radicalmente l’idea secondo cui non può esserci un “totalitarismo dal volto umano”: non è possibile cioè alcuna riforma del sistema socialista dall’interno del suo apparato politico-burocratico.