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Jacques Monod (1910-1976)

Tra gli scienziati che si occuparono di decifrare la morfolo­gia e le funzioni del codice genetico un posto di rilievo spetta al francese Jacques Monod. Premio Nobel per la medicina nel 1965, insieme al collega François Jacob (1920), Monod studiò in particolare la sintesi delle proteine cellulari, elaborando il concetto di operone, un termine con cui indicò un gruppo di geni capaci di lavorare in modo coordinato tra di loro per tra­smettere delle informazioni finalizzate al resto della cellula. La scoperta dell’RNA messaggero o mRNA fu la base per com­prendere come il DNA riuscisse a dirigere lo sviluppo della cel­lula e la sintesi delle proteine e degli enzimi necessari al suo funzionamento.

Tuttavia Monod deve essere ricordato anche per l’originalità della elaborazione filosofica. Era un uomo e uno scienziato di doti non comuni. Dotato di talento musicale e di un’autentica vena artistica, univa a questi interessi anche una forte passione politica. Partecipò alla Resistenza francese in modo attivo, rischiando di essere arrestato dai Tedeschi. Fu decorato dopo la guerra con la Legion d’Onore ed ebbe il coraggio e la coerenza di abbandonare il partito comunista francese, cui si era iscritto durante la Seconda Guerra Mondiale, perché non ne condivideva la scarsa democrazia interna. A Monod non bastava essere un ricercatore di fama, uno scienziato ammirato per le ricerche sul codice genetico del batterio Escherichia coli, che gli avrebbero procurato il premio Nobel e la direzione dell’Istituto Pasteur. Monod si interrogò sul senso ultimo della scienza e sui rapporti di questa con la società del tempo. L’esito più conosciuto della sua riflessione filosofica fu un saggio, uscito nel 1970, dal titolo Il caso e la necessità, che recava come sottotitolo: Saggio sulla filosofia natu­rale della biologia contemporanea. Monod è stato spesso etichet­tato come un ateo materialista, che avrebbe tracciato un confi­ne netto tra ciò che era giusto credere e quello che invece un uomo ragionevole e amante della conoscenza doveva rigettare, perché intriso di superstizione e privo di logica. Affermò che il trionfo della scienza moderna aveva migliorato le condizioni materiali dell’uomo, ma lo aveva contemporaneamente costret­to alla consapevolezza della distanza che separava una scienza fine a sé stessa da quei valori che rassicuravano l’orizzonte esi­stenziale della vita. La conseguenza principale di questo pro­cesso era stata l’angoscia, un sentimento che attraversava come un rumore di fondo tutta la cultura del XX secolo. Un’angoscia cui l’ideale socialista aveva cercato, senza riuscirvi, di porre rimedio. La riflessione dello scienziato francese portò in primo piano l’intervento del Caso come fattore costitutivo dell’evolu­zione umana. Piccole variazioni sub­atomiche, avvenute casualmente, arrecavano i loro effetti all’interno della doppia elica del DNA. Il codice genetico mutato trasmetteva alle cel­lule figlie i caratteri acquisiti, facendo prendere alla vita degli organismi viventi diverse e mutevoli direzioni. A parziale con­solazione di questa deriva materialistica, Monod sostenne una caratteristica teleonomia delle strutture viventi, che sembravano costituirsi nella storia evolutiva e in quella culturale secondo una modalità coerente, come delle macchine biochimiche pro­grammate verso una direzione da raggiungere. In quest’affer­mazione non vi era nulla di religioso. Non si trattava di ripen­sare la natura in un senso finalistico, come avrebbe potuto fare un filosofo aristotelico. La teleonomia delle strutture viventi risultava una proprietà intrinseca della materia vivente. La conoscenza scientifica moderna aveva rotto quella che Monod denominò come l’antica alleanza, il patto che si era costituito tra le grandi religioni e l’individuo, attraverso il quale veniva alleviata l’angoscia esistenziale e il terrore della morte che per­vadevano da sempre l’animo umano. Le religioni, molte teorie filosofiche e una parte della scienza, se erano vissute con ade­sione fideistica si facevano mediatrici del tentativo dell’umani­tà di negare la propria contingenza, la propria precarietà esi­stenziale destinata inevitabilmente all’oblio degli uomini e dei tempi. All’antico rifugio nell’alveo rassicurante della religione Monod propose in alternativa una nuova forma di salvezza, basata sull’etica della conoscenza. Al disorientamento dell’uo­mo moderno, cui la scienza aveva conferito un relativo benes­sere e prolungato il tempo della vita biologica, a scapito però della distruzione dei valori morali tradizionali che lo avevano accompagnato per secoli, rimaneva la scelta consapevole di aderire a una nuova etica e di aderirvi per libera scelta. Monod confidava in una società e in un individuo che sapessero accet­tare i benefici della scienza senza elevarli a un unico fine. Attraverso una conoscenza consapevole della natura gli esseri umani avrebbero potuto accettare la loro componente biologi­ca senza sentirsi per questo colpevolizzati o repressi, come era avvenuto secondo le prescrizioni delle religioni. La scelta che l’uomo poteva compiere di accettare eticamente il sapere scien­tifico divenne per Monod una scelta di tipo assiomatico. In questo modo si sarebbe instaurata una nuova forma di umane­simo, un umanesimo scientifico che sarebbe riuscito là dove il sogno dell’utopia socialista aveva fallito. Un nuovo socialismo scientifico e culturale in cui l’uomo fosse un cittadino soggetto alle leggi e contemporaneamente l’artefice della comunità che lo accoglieva. Si trattava di una visione utopica e lo stesso Jacques Monod, da uomo lucido e intelligente qual era, lo riconobbe. Tuttavia questa sola era per lui la possibilità che veniva offerta all’umanità. Sono trascorsi alcuni decenni da quando il libro è uscito nelle librerie, dove si rivelò anche un inaspettato successo editoriale. Il dibattito odierno sulla bioetica e la libertà di scelta dell’essere umano di fronte ai momenti più importanti della vita e alla morte, che sembra svolgersi senza la necessaria compassione per il vero soggetto del dibattito, l’uomo malato, sono un campo in cui vi sarebbe bisogno di recuperare la lezione umana e filosofica del grande scienziato francese.

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