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Ippocrate di Coo (460-370 a.C.)

Ippocrate diede luogo ad una produzione letteraria imponente. Il Corpus delle opere da lui lasciate è molto vasto, sono ben 53, per un totale di 72 libri. Furono raccolte ed ordinate nella loro veste definitiva in epoca alessandrina, circa tre secoli dopo la loro stesura, dai bibliotecari che lavoravano nella Grande biblioteca di Alessandria d’Egitto. Ippocrate predicò il rifiuto dell’esercizio della medicina come pratica magica, mettendo per sempre al centro dell’attività del medico un uomo che utilizza la ragione e l’esperienza per comprendere la malattia. Il medico della Scuola Ippocratica è un uomo equilibrato e saggio, che pratica la virtù e rifugge dagli eccessi. Utilizza il distacco che gli fornisce l’assenza di interessi personali nella cura dei malati per ottenere la lucidità e l’acume che gli permettono di avvicinarsi nel modo più efficace possibile alla verità sulla malattia che sta curando.

Il fondamento della medicina ippocratica era basato sulla certezza della capacità di guarigione propria dell’organismo. Gli Ippocratici fecero affidamento sulla forza guaritrice della natura, la Physis vitale di ogni singolo essere umano, capace di conservare il più a lungo possibile l’integrità dell’organismo. La medicina di Ippocrate nasceva dunque dall’unione del ragionamento logico, che analizzava l’esperienza, la memorizzava e l’utilizzava e la trasmetteva attraverso l’insegnamento. La solidità dell’impianto teorico e pratico di questa impostazione sopravvisse per secoli ed esercita i suoi influssi benefici anche oggi. E’ possibile che, all’età di circa trent’anni, Ippocrate abbia assistito alla terribile pestilenza che colpì Atene nel 429 a.C., descritta dallo storico Tucidide nella sua opera storica sulla Guerra del Peloponneso.

L’impotenza dei medici davanti al terribile male provocò il risentimento di una parte della popolazione ateniese, che si rivolse ai maghi ed ai guaritori, confidando in ogni forma possibile di cura pur di sfuggire alla morte.

L’esigenza di una medicina razionale, che fosse immune dall’emotività di gravi episodi contingenti come le epidemie e permettesse di affrontarli con maggior successo è alla base del pensiero di Ippocrate. Un pensiero sostanzialmente ottimista sulla possibilità dell’uomo di affrancarsi dalle malattie attraverso l’accumulo di nuove conoscenze e la loro trasmissione. La realtà è un qualcosa che è possibile modificare, appurando le cause che generano le patologie e scoprendo e tramandando i rimedi. Nasce una metodologia scientifica basata su di un percorso di accumulo e di integrazione del sapere, che fa propria l’immagine del cammino. Un percorso dell’uomo verso una forma di scienza autorevole da raggiungere con l’odos , vale a dire un percorso virtuoso.

L’ideologia di Ippocrate risente degli insegnamenti di Anassagora, le cui lezioni influenzarono il giovane medico e che presupponevano la fiducia in una volontà ordinatrice superiore, che aveva nascosto i misteri della vita, della salute e della malattia, solo perché l’uomo li potesse comprendere e tramandare. Un distaccarsi forte dal pensiero di Pitagora (575-490 a.C., circa) e da quello delle antiche classi aristocratiche, secondo i quali il mutamento e i rivolgimenti sociali costituivano solo un’illusione, che non sfuggiva alla circolarità temporale dell’esistenza. Un’esistenza in cui la realtà continuava per sempre identica a sé stessa, secondo le leggi di una Necessità signora di ogni cosa, immutabile nel suo insindacabile volere.

Il Giuramento ippocratico conteneva in modo esemplare l’impostazione ideologica del suo autore. “La vita è breve, l’arte è lunga”, recitava l’aforisma più conosciuto del Corpus Hippocraticum e costituiva il suo punto cruciale, che permetteva al medico di affrontare la malattia attraverso la consapevolezza che il suo sforzo non sarebbe stato comunque vano. Anticipava orizzonti di pietas e di consolazione che saranno fatti propri dall’etica cristiana. Papa Clemente VII (1523-1534) infatti, in una sua bolla, stabilì che il medico si impegnasse ad osservare il Giuramento ippocratico prima di poter esercitare la sua professione.

Il giuramento di Ippocrate:

Io giuro per Apollo medico e per Asclepio, e per Igea e per Panacea e per gli dèi tutti e le dee, che prendo a testimoni, che secondo le mie forze e il mio giudizio osserverò questo giuramento e questi precetti: rispettare colui che mi ha insegnato quest’arte allo stesso modo che i miei genitori; dividere con lui il sostentamento e dargli ciò di cui abbia bisogno; considerare i suoi discendenti come miei fratelli, insegnar loro l’arte, se vogliono apprenderla, senza mercede o condizioni; rendere partecipi delle istruzioni, dell’insegnamento e dell’intera disciplina i figli miei e quelli del mio Maestro e poi i discepoli iscritti che hanno prestato giuramento secondo il costume medico, e nessun altro. Secondo le mie forze e il mio giudizio, prescriverò la dieta per giovamento dei malati, e mi asterrò da ogni danno e violenza. Pur se richiesto, non darò ad alcuno farmaco mortale né darò consiglio siffatto: allo stesso modo non darò a donna rimedio abortivo. Puramente e santamente custodirò la vita e l’arte mia; non farò l’operazione della pietra, ma la lascerò agli specialisti di questa operazione. In qualunque casa io entri, vi andrò per giovamento del malato astenendomi da ogni azione volontariamente dannosa e da contatti impuri con donne e uomini, con liberi e servi. Qualunque cosa io possa vedere od ascoltare o durante la cura e che non sia da divulgare, oppure anche al di fuori della cura nei rapporti della vita, io la tacerò, come cosa che non è permesso dire. Se osserverò questo giuramento e non lo violerò, mi sia concessa vita e arte di buona fama presso tutti gli uomini e per sempre; il contrario, ove io lo trasgredisca e sia spergiuro.

                                       Traduzione di Raffaele Cantarella (modificata)

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