la potenza dell’umano (restare vivi)
20 Gennaio 2019XIII CONGRESSO NAZIONALE ATBV (2018)
22 Gennaio 2019A cura di Andrea Rubboli
van Rein N, Heide-Jørgensen U, Lijfering WM, Dekkers OM, Sørensen HT, Cannegieter SC. Major Bleeding Rates in Atrial Fibrillation Patients on Single, Dual, or Triple Antithrombotic Therapy: Results from a Nationwide Danish Cohort Study. Circulation. 2018 Dec 5. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.118.036248.
Se la combinazione di singola o duplice terapia antiaggregante piastrinica con anticoagulante orale può risultare indicata in alcuni contesti clinici, quale tipicamente in concomitanza di fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica (trattata o meno con angioplastica coronarica), l’aumentato rischio di emorragie maggiori che ne deriva rappresenta un serio motivo di preoccupazione. Per questo motivo, vengono oggi proposte varie strategie di contenimento di tale rischio, comprendenti essenzialmente la breve durata e la ridotta intensità della terapia combinata, quest’ultima ottenuta mediante l’omissione di un agente antiaggregante, l’utilizzo del clopidogrel rispetto a ticagrelor/prasugrel, la predilezione di un anticoagulante orale diretto (DOAC) rispetto ad antagonisti della vitamina K (AVK) o la ricerca di un INR target ai limiti inferiori del range terapeutico quando si usi un AVK.
Poiché tali suggerimenti sono in larga parte derivati da casistiche di piccole dimensioni e/o monocentriche, o da estrapolazioni da altri contesti, la disponibilità di dati ottenuti su ampie popolazioni è grandemente auspicata. Il lavoro di van Rein N et al. si basa sull’analisi di 3 ampi database danesi con inclusione di oltre 270.000 pazienti con fibrillazione atriale e di età superiore a 50 anni che in un arco temporale mediano di 4 anni (range interquartile 2-8 anni) tra 1995 e 2015 sono stati trattati con nessun anticoagulante orale, AVK, DOAC, aspirina, antiaggregante piastrinico diverso da aspirina, duplice terapia antiaggregante, doppia terapia con AVK o DOAC e singolo antiaggregante piastrinico, e triplice terapia con AVK o DOAC e duplice antiaggregante piastrinico. L’età mediana della popolazione era di 75 anni (range interquartile 67-83 anni), e il 7% dei pazienti aveva oltre 90 anni. Il CHA2DS2-VASc score mediano era 3 (range interquartile 2-4) e il 10% dei pazienti aveva CHA2DS2-VASc score ≥ 6. L’incidenza di emorragie maggiori, definite come richiedenti ospedalizzazione o responsabili di morte, è risultata la più bassa in assenza di terapia antitrombotica ed è progressivamente aumentata con l’aumentare del numero di farmaci somministrati in associazione (Fig. 1). Rispetto alla monoterapia con AVK impiegata come riferimento, il rischio relativo di emorragie maggiori è risultato di 1.13 (IC 95% 1.06-1.19) con duplice antiaggregazione piastrinica, 1.82 (95% IC 1.76-1.89) con duplice terapia con AVK e singolo antiaggregante, 1.28 (95% IC 1.13-1.44) con duplice terapia con DOAC e singolo antiaggregante, 3.13 (95% IC 2.84-3.45) con triplice terapia con AVK e duplice antiaggregante piastrinico, e 2.28 (95% IC 1.67-3.12) con triplice terapia con DOAC e duplice antiaggregante piastrinico. Infine, il rischio di emorragie maggiori è risultato il più basso nei pazienti più giovani come pure in quelli con CHA2DS2-VASc score 0 (Figg. 1 e 2).
Al di là dei noti limiti insiti nella metodologia di esame di database, lo studio di van Rein N et al. fornisce lo spunto per alcune considerazioni. Innanzitutto viene confermata la già osservata, e attesa, relazione tra numero di farmaci antitrombotici somministrati in associazione e rischio di emorragie maggiori. Anche la magnitudine di questo incremento rispetto al riferimento rappresentato dalla monoterapia con AVK, pari a circa 3 e 2.5 volte con la triplice terapia rispettivamente con AVK o DOAC quale anticoagulante orale, è essenzialmente in linea con quanto riportato in precedenza in letteratura. Anche la relazione tra età e CHA2DS2-VASc crescente e rischio di emorragie maggiori è una conferma di quanto già osservato piuttosto che una novità. Al contrario, è sostanzialmente una primizia l’osservazione che la maggiore sicurezza dei vari DOAC rispetto ad AVK osservata negli studi registrativi sia confermata in una popolazione reale anche quando questi vengano combinati con uno o due antiaggreganti piastrinici. Il confronto impari fra triplice terapia con AVK e duplice terapia con DOAC condotto negli studi PIONEER AF-PCI e RE-DUAL PCI non permette infatti di discriminare se la maggiore sicurezza della duplice terapia sia da ascrivere alla strategia (duplice rispetto a triplice) o piuttosto al farmaco (DOAC rispetto ad AVK).
In conclusione, la triplice terapia si associa a un più alto rischio di emorragie maggiori rispetto a qualsiasi altro trattamento antitrombotico e va pertanto presa in considerazione con prudenza, soprattutto nei pazienti più anziani e/o con elevato CHA2DS2-VASc score. Nulla di marcio quindi dalla Danimarca, ma piuttosto una conferma delle attuali raccomandazioni!