non luoghi
28 Maggio 2017
i ritagli di maggio
2 Giugno 2017
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in un angolo

So benissimo che non devo parlare di scuola, che non mi piace più parlare di scuola, che non è affatto il caso – in questa sede – di parlare di scuola…: eppure ne parlerò. Perché oggi, parlando di scuola, mi pare che si possa parlare anche di altro; grazie, soprattutto, a un bel post di Roberto Contu, che è insegnante come me, il quale riesce a mettere insieme, entro una storia vivace che sa molto di realtà, Napoleone e l’isola di sant’Elena, Francesco Totti e il suo struggente addio alla Roma, il mese di maggio e il mestiere che ci è toccato di fare, che è quello di leggere parole che amiamo davanti agli sguardi di ragazzi giovani che forse non le ameranno mai ma che si meritano comunque di ascoltarle, di sapere che sono state scritte, che esistono, che forse possono amarle anche loro; o anche no.

 

Insomma, il post lo trovate qui. Mi serve anche a dire che Il cinque maggio è una poesia splendida, anche se facciamo finta che non sia vero perché fa piuttosto chic fare finta. E invece. E invece il post riesce a dire questa cosa qui, che non è poco:

 

Ai posteri l’ardua sentenza: «mai sentita questa espressione prof». «Non ci credo» imbruttisco io. «Mai», confermano. «Tirare avanti» mi dico allora, «tirare avanti, arrivare almeno a Sant’Elena, qualcosa lì accadrà». Passiamo in scivolata sotto le gambe divaricate dell’uom fatale tra i due secoli ed eccoci finalmente (con qualche perso per strada in più) al cospetto di lui, con le braccia al sen conserte, inondato dai ricordi. «Qui devo dare il meglio, questa parte funziona» mi dico. E giù, tutta una filippica sul senso di una vita inimmaginabile svanita in sei anni, parcheggiata in un’isola fuori dal mondo. Eppure non funziona, non smuove, loro non vibrano. Tento un «ditemi qualche nome che ha vissuto tanto». Qualche sparuto «Giulio Cesare», subito rintuzzato da sparsi «ma no, quello l’hanno ammazzato quando ancora era al top». «Giusto», rinforzo. Eppure ancora non funziona. Manca l’esempio giusto. Parto da loro. «Immaginate una vita incredibile, mica solo quella di Napoleone o di Cesare. Quella che volete. Ma la vita di uno che ha fatto quello che nessuno è mai riuscito a fare, o giusto in quattro o cinque nella storia. Poi ad un certo punto tutto finisce. Ma mica perché muori. No, perché la storia ti mette all’angolo. Perché il tuo tempo è finito. Le luci si spengono e tu non ti arrendi. Non ce la fai. È troppo quello che hai fatto. Come continuare a vivere dopo tutto quello che è stato? Come?». Dal fondo della classe si alza una mano. «Come Totti prof».

Davide Profumo
Davide Profumo
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