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In agonia

Parlare di poesia significa parlare da soli. Sarebbe, questo, un aforisma splendido se non fosse che nessuno lo ha mai scritto e quindi non è nemmeno un aforisma: ma assomiglia alla verità, purtroppo. Verità che racconta che i libri di poesia non si vendono e non si comprano più, che le poesie non si leggono né si pensano più, che ancora, faticosamente, si studiano a scuola ma forse, presto, si smetterà di farlo anche lì, dato che le «competenze» richieste sono ben altre. Forse perché le poesie sono inutili, forse perché richiedono silenzio e concentrazione, forse perché sono fatica e non divertimento né intrattenimento, io non lo so mica: ma le poesie comunque non si leggono più, se non da pochissimi, mal sopravvissuti.

 

Quindi, oggi, mentre mi permetto sommessamente di consigliare un paio di autori di poesia contemporanea, di recente presentati sul web, e mentre avrei la voglia di tornare di poco indietro nel tempo e di cominciare a parlare dei versi bellissimi di Franco Fortini o Vittorio Sereni o Giovanni Giudici o Andrea Zanzotto o Mario Luzi o…, mi trattengo, perché ho  quasi la sensazione che ve siate già andati e che nessuno stia leggendo più. E comunque i poeti che scrivono oggi (e che sto imparando ad amare) sono Mariangela Gualtieri, di cui trovate mirabili versi in questa pagina, e Carlo Bordini, di cui ho trovato alcuni nuovi testi presentati da Guido Mazzoni (che è, egli medesimo, autore di versi che non mi stanco di scoprire).

 

Insomma, la poesia non si legge quasi più ma ancora non è morta. Forse agonizza, non lo so; forse è come quegli arti amputati che dolgono ancora, come se non fossero morti. E forse, ultimo appunto, forse non c’entra niente, ma mi è molto piaciuto questo pezzo scritto da Cotroneo a proposito delle revisioni editoriali che si fanno (o che si potrebbero fare) ai romanzi e che a un certo punto si devono fermare, per non eliminare la «poesia» dalle parole degli scrittori (questo l’ho aggiunto io). Ecco, mi sono piaciute molto queste sue parole:

 

Le venature del legno si devono vedere, anche se sono irregolari. Più l’editing è estremo e più il testo finirà ad assomigliare a mille altri già pubblicati, più si accentua il lavoro di revisione più si appiattisce il testo, e gli autori diventano tutti uguali.

 

Non so perché, ma ho sempre pensato che le venature della poesia fossero appunto la sua essenza.

Davide Profumo
Davide Profumo
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