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Il VICTORIA trial, il vericiguat nello scompenso cardiaco

A cura di Giuseppe Patti

 

Al recente Congresso on-line dell’American College of Cardiology sono stati presentati i risultati del trial randomizzato, in doppio cieco, VICTORIA, pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine,1 che ha confrontato l’utilizzo di vericiguat vs placebo in pazienti con scompenso cardiaco sistolico.

Il razionale dell’impiego di vericiguat in questo contesto clinico risiede in un possibile beneficio mediato sia dalla stimolazione diretta di cGMP, sia dalla stabilizzazione del legame tra ossido nitrico e cGMP, con conseguente azione sulla riduzione dello stress ossidativo e sul miglioramento della funzione endoteliale e vascolare a livello cardiaco e periferico.

 

 

 

 

Nello studio VICTORIA sono stati arruolati 5050 pazienti che presentavano i seguenti criteri: scompenso cardiaco in classe NYHA II, III, o IV; frazione d’eiezione del ventricolo sinistro <45%; elevati valori di BNP o NT-proBNP; recente episodio di peggioramento clinico dello scompenso. La popolazione è stata randomizzata a ricevere terapia standard + placebo vs terapia standard + vericiguat a dosi crescenti ogni due settimane (2.5 mg ˃5 mg ˃10 mg).

 

 

 

Da notare che nel braccio vericiguat un’elevata percentuale di soggetti (90%) è riuscita ad assumere la dose massima del farmaco (10 mg una volta al giorno). Endpoint primario era, come in tutti i trials di fase III sullo scompenso cardiaco, l’incidenza cumulativa di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco. La durata mediana del follow-up è stata di 10.8 mesi, inferiore a quella attesa per il maggior numero di eventi occorsi, rispetto a quanto previsto nella stima campionaria (essendo uno studio “event-driven”). Bisogna sottolineare che il trial ha incluso una popolazione a elevato rischio clinico di eventi, come testimoniato al basale dai valori molto elevati di NT-proBNP (2816 pg/mL) e dall’elevata percentuale di pazienti in classe III-IV (41%), ma soprattutto dal criterio di arruolamento che comprendeva un episodio di riacutizzazione di scompenso cardiaco entro 3 mesi, che ha riguardato circa due terzi dei pazienti. Alla randomizzazione, la prevalenza di diabete mellito era 47%, di fibrillazione atriale 45%, di cardiopatia ischemica 60%. La popolazione era trattata secondo i più recenti standard di terapia: 73% con ACE inibitori/sartani, 93% con beta-bloccanti, 70% con anti-aldosteronici, 15% con sacubitril/valsartan; il 15% aveva poi un pregresso intervento per resincronizzazione cardiaca e il 28% di impianto di defibrillatore.

 

Per quanto riguarda i risultati, l’utilizzo di vericiguat si è associato a una riduzione significativa del 10% dell’endpoint primario composito (HR 0.90, 95% intervallo di confidenza 0.82-0.98; p=0.02); tale beneficio era consistente per entrambe le componenti dell’endpoint composito primario (per le quali, correttamente, nel lavoro pubblicato non sono state riportate le singole p di superiorità statistica).

 

 

 

Le curve di sopravvivenza indicano nel braccio vericiguat una precoce diminuzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (già dopo 4 mesi) e un più tardivo beneficio di riduzione della morte cardiovascolare (a partire da 20 mesi di follow-up).

 

 

 

 

L’alto rischio basale della popolazione e la conseguente elevata incidenza di eventi avversi hanno portato a un rilevante grado di beneficio assoluto con l’utilizzo di vericiguat: riduzione assoluta del 4.2%/anno dell’endpoint primario composito rispetto al placebo, con un basso number needed to treat (24 pazienti da trattare per avere un evento risparmiato); riduzione assoluta dell’1.1% di morte cardiovascolare; riduzione assoluta del 2.2% di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Il beneficio appariva meno pronunciato nei pazienti con frazione d’eiezione ≥40%, con valori basali di NT-proBNP nel quarto quartile, con clearance della creatinina <30 mL/min o nei soggetti di età ≥75 anni; sia i limiti delle analisi per sottogruppi, sia il ridotto numero di pazienti in tali sottogruppi, precludono conclusioni definitive in merito. Come atteso, l’uso di vericiguat ha provocato una riduzione della pressione arteriosa (in media di circa 5 mmHg di pressione sistolica, rispetto ai valori basali di 121 mmHg), ma, rispetto al placebo, non vi è stato un incremento significativo di ipotensione sintomatica (9.1% vs 7.9%, p=0.12) o sincope (4.0% vs 3.5%, p=0.30).

 

Con tutti i limiti delle comparazioni tra studi diversi, l’analisi descrittiva dei pazienti arruolati nel VICTORIA rispetto a quelli di altri due recenti grandi trials sullo scompenso cardiaco (PARADIGM con sacubitril/valsartan; DAPA-HF con dapaglifozin)2,3 evidenzia che, rispetto a questi ultimi due studi, i pazienti del VICTORIA presentavano un profilo di rischio basale più elevato, come dimostrato dall’incidenza più alta dell’endpoint primario nel braccio di controllo; con l’utilizzo di vericiguat, la riduzione relativa dell’endpoint primario era minore (10% vs 20% in PARADIGM vs 26% in DAPA-HF), ma, in virtù dell’elevata frequenza di eventi, la riduzione assoluta dell’endpoint primario era sostanzialmente sovrapponibile agli altri due trials.

 

In conclusione, i risultati del trial VICTORIA, condotto in pazienti con scompenso cardiaco ad alto rischio, come quelli comunemente incontrati nella pratica clinica, dimostrano che, in questo contesto clinico, l’utilizzo di vericiguat può rappresentare un’ulteriore strategia terapeutica in grado di migliorare significativamente la prognosi cardiovascolare “on top” della terapia attuale ottimale.

 

 

Bibliografia

  1. Armstrong PW, Pieske B, Anstrom KJ, et al. Vericiguat in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. N Engl J Med. 2020 Mar 28. doi: 10.1056/NEJMoa1915928.
  2. McMurray JJV, Packer M, Desai AS, et al. Angiotensin–neprilysin inhibition versus enalapril in heart failure. N Engl J Med. 2014;371:993-1004.
  3. McMurray JJV, Solomon SD, Inzucchi SE, et al. Dapagliflozin in patients with heart failure and reduced ejection fraction. N Engl J Med. 2019;381:1995-2008.
Giuseppe Patti
Giuseppe Patti
Presidente del gruppo di studio. Cattedra di Cardiologia, Università del Piemonte Orientale, Ospedale Maggiore della Carità, Novara

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