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Il ruolo della terapia anticoagulante nel trattamento di pazienti con ictus o embolia paradossa da forame ovale pervio(fop)

Il ruolo della terapia anticoagulante nel trattamento di pazienti con ictus o embolia paradossa da forame ovale pervio(fop).
G. Palareti
U.O. di Angiologia e Malattie della Coagulazione “Marino Golinelli”
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna
Policlinico S. Orsola – Malpighi

 

Negli ultimi 20 anni è stato ampiamente investigato il ruolo del forame ovale pervio (FOP) e dell’aneurisma del setto atriale (ASA) nella genesi di eventi ischemici cerebrali (cosiddetti criptogenetici) o periferici in soggetti giovani adulti. Si ritiene che una buona parte degli eventi ischemici cerebrali (un terzo circa negli USA) siano criptogenetici, cioè non siano associati ad evidenze di presenza di malattia cerebrovascolare o di possibili fonti cardiache. Si ritiene comunemente che nel 30%-40% di questi casi sia possibile riscontrare la presenza di un FOP. Va detto però che questa alterazione anatomica è molto frequente nella popolazione generale (intorno al 25%), ma che si asssocia ad un bassissimo rischio di eventi cerebrovascolari, come dimostrato in studi di popolazione 1. L’aumentata prevalenza di FOP in soggetti con ictus criptogenetico ha portato a ritenere che la genesi dell’ictus (così come dell’eventuale embolia periferica) sia dovuta a un’embolia paradossa, cioè al passaggio nella circolazione sistemica attraverso il FOP di un coagulo proveniente da una trombosi venosa periferica o formatosi nella cavità atriale Dx. Tuttavia, la presenza di una trombosi venosa associata all’evento ischemico tale da giustificare un’embolia paradossa non risulta essere particolarmente frequente; gli studi più recenti riportano infatti una frequenza di trombosi intorno al 9%-10% nei soggetti con evento ischemico e FOP 2 3. Più recentemente è stata segnalata la rilevanza della presenza di trombosi pelviche, patologia trombotica che è più frequentemente diagnosticata grazie ai moderni mezzi di indagine (in particolare TC e RM) 4. Anche la presenza di alterazioni coagulative a carattere trombofilico è stata associata ad un maggior rischio di eventi ischemici in portatori di FOP, sebbene non tutti gli studi abbiano dato risultati concordanti su questo punto. Una significativa più alta prevalenza della mutazione del Fattore V Leiden e della mutazione G20210A della protrombina in soggetti con ictus criptogenetico e FOP rispetto ai controlli è stata dimostrata in diversi lavori 5 6, 7, ma non in altri 8 9, 10 11. Un recente lavoro ha dimostrato che soggetti con FOP portatori di alterazioni trombofiliche avevano avuto una più alta prevalenza di eventi ischemici rispetto a soggetti senza alterazioni trombofiliche prima della chiusura transcatetere e che questa diferenza si annullava dopo la chiusura 12.

Il rischio di recidiva di eventi ischemici in soggetti con il FOP e/o ASA non è del tutto stabilito, così come l’ideale trattamento per un’adeguata prevenzione secondaria. Lo studio più rilevante per ora disponibile riporta una recidiva (dopo 4 anni di follow-up) del 15,2% in caso di contemporanea presenza di FOP e ASA, ma molto più bassa (2,3%) in caso di sola presenza di FOP 13. Per quanto riguarda il trattamento, la chiusura del FOP mediante transcatetere può essere un’opzione percorribile e alla quale, di fatto, si fa sempre più spesso ricorso. Tuttavia va segnalato che questa procedura andrebbe limitata a casi selezionati e che, ad es., la Food and Drug Administration la approva solo nei pazienti che abbiano sofferto di una recidiva nonostante un’adeguata anticoagulazione con warfarin 14. Il trattamento più idoneo per la prevenzione delle recidive in soggetti con FOP non è ancora stabilito con certezza e comprende, oltra alla chiusura transcatetere, anche il trattamento antiaggragante piastrinico (aspirina innanzitutto) e la terapia anticoagulante orale (TAO) con dicumarolici.

2 casi clinici come esempi per discutere una diversa decisione terapeutica
Caso 1: Il Sig. M.B., nato nel 1954, ha sempre goduto di buona salute fino al Febbraio del 2007, quando ha accusato un improvviso e acuto dolore all’arto inferiore Sn per il quale si è presentato con urgenza al Pronto Soccorso del nostro Ospedale, dove è stata fatta diagnosi di ischemia acuta dell’arto in soggetto non affetto da fibrillazione atriale e senza altra patologia evidente. Trasferito d’urgenza in Chirurgia Vascolare è stato trattato con Fogarty e trattamento eparinico in infusione, ottenendo l’asportazione di embolo a livello popliteo e ripresa del flusso arterioso a valle. Il giorno successivo, avendo osservato gonfiore all’arto inferiore controlaterale (Dx) è stata eseguita indagine ecocolordoppler venosa con dimostrazione di trombosi venosa femoro-poplitea (idiopatica); una scintigrafia polmonare ha anche dimostrato la presenza di embolia polmonare sub-segmentaria. Il paziente è stato trattato con eparina a basso peso molecolare a dose terapeutica con embricazione con TAO (2,0-3,0 INR). Dopo circa 3 mesi sono stati eseguiti gli accertamenti per trombofilia compatibili con la TAO in corso che hanno dimostrato la presenza di mutazione del Fattore V Leiden eterozigote. Il doppler transcranico con microbolle ha dato un risultato ampiamente positivo ed è stata quindi posta la diagnosi di tromboembolia venosa ed embolia paradossa in paziente con forame ovale pervio e alterazione trombofilica congenita. In questo caso il nostro orientamento terapeutico si è basato sulla valutazione dell’evento tromboembolico venoso di tipo idiopatico, associato anche ad una condizione di trombofilia congenita e concludendo pertanto nel senso dell’opportunità di un trattamento anticoagulante cronico a tempo indefinito. Una eventuale chiusura transcatetere del FOP non avrebbe evitato l’indicazione importante alla TAO cronica. Per questa valutazione il nostro suggerimento al paziente è stato quello di proseguire la TAO come elemento protettivo sia per la tendenza alla tromboembolia venosa che per evitare complicanze dovute alla presenza del FOP.
Caso 2: La Sig.ra G.A., nata nel 1962, ha sempre goduto buona salute fino all’Ottobre 2005 quando ha subito un ricovero d’urgenza per comparsa di disartria e paresi dell’arto superiore Dx. Durante il ricovero è stata trattata con terapia antiaggregante piastrinica e con profilassi antitrombotica mediante EBPM a dosi profilattica. Una TC cerebrale eseguita al momento del ricovero ha dato esito negativo, ma il controllo dopo qualche giorno ha confermato l’ischemia cerebrale. Gli accertamenti eseguiti in seguito hanno dimostrato: doppler transcranico con microbolle fortemente positivo per FOP; conferma del FOP con associato ASA mediante ecacardiogramma transesofageo, che ha anche escluso formazioni aterosclerotiche dell’arco aortico; ecodoppler dei tronchi sovraortici negativo per formazioni aterosclerotiche; negativa per trombosi l’indagine ecodoppler delle vene degli arti; negativo lo studio coagulativo per trombofilia. Sulla base della clinica e dei risultati delle indagini si è proseguito il trattamento antiaggregante, programmando la chiusura transcatetere del FOP che è stata poi effettuata, con un follow-up negativo per recidive.

Questi due casi esemplificano in modo chiaro che le strategie terapeutiche in pazienti con eventi ischemici associati a presenza di FOP possono differire notevolmente a secondo della condizioni specifiche dei singoli soggetti.

Qualora un soggetto affetto abbia un’indicazione alla TAO a tempo indefinito la prosecuzione di questa terapia, evitando la chiusura transcatetere del FOP, rimane la scelta prioritaria. L’indicazione a una TAO a tempo indefinito può sussistere per diverse ragioni, tra cui in particolare una tromboembolia venosa (TEV), specie se idiopatica e associata o meno a un’alterazione trombofilica, episodi plurimi di TEV, presenza di alterazioni trombofiliche congenite (da valutare per il diverso grado di potenziale rischio trombotico) o acquisite (presenza del fenomeno LAC e/o di elevati livelli di anticorpi antifosfolipidi). La decisione di ricorrere alla chiusura del FOP è giustificata qualora si verifichi una recidiva ischemica in corso di TAO ben condotta. Questo atteggiamento terapeutico è anche condiviso da un Gruppo di Lavoro costituito a livello della Regione Emilia-Romagna, che ha il compito di mettera a punto un documento di orientamento diagnostico-terapeutico sull’argomento. Il citato Gruppo di Lavoro ritiene inoltre che il ricorso alla chiusura del FOP sia proponibile in caso di evento ischemico occorso durante trattamento antiaggregante o associato a più fattori di rischio di recidiva, ma solo se considerato come alternativa al trattamento anticoagulante cronico.

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