Tavola Rotonda
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7 Maggio 2013Il ruolo del laboratorio nella valutazione dei pazienti in terapia con i nuovi farmaci anticoagulanti &NBSP
Vincenzo Toschi
Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e Centro Emostasi e Trombosi
AO Ospedale San Carlo Borromeo, Milano
I nuovi farmaci anticoagulanti (NAO), contrariamente agli anti-vitamina K (AVK) che riducono la funzione di un complesso di fattori della coagulazione – i fattori vitamina K-dipendenti II, VII, IX e X – hanno uno specifico bersaglio costituito da singoli fattori della coagulazione e, in particolare, dal fattore IIa (la trombina) o dal fattore Xa. Alla prima categoria appartiene il dabigatran (Pradaxa), che bloccando direttamente la trombina, inibisce la formazione della fibrina, mentre il secondo gruppo è rappresentato dal rivaroxaban (Xarelto), dall’apixaban (Eliquis) e dall’edoxaban (Lixiana), i quali, essendo inibitori diretti del fattore Xa riducono la generazione della trombina. Il dabigatran, è già ampiamente utilizzato in molti paesi nella profilassi dello stroke cardioembolico nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV) e nella profilassi del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggiore, mentre il rivaroxaban è stato approvato per la profilassi del TEV in chirurgia ortopedica, nella profilassi dello stroke cardioembolico nei pazienti con FANV, nella profilassi delle recidive nei pazienti con sindrome coronarica acuta e nel trattamento della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare. Apixaban ed edoxaban hanno completato gli studi clinici in molte delle condizioni sopracitate e saranno di prossima introduzione nella pratica clinica. I NAO, più correttamente definiti come anticoagulanti diretti, contrariamente agli AVK, possiedono caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche altamente prevedibili, hanno una bassa variabilità interindividuale del loro effetto, consentendo la somministrazione a dosaggi fissi e, almeno sul piano teorico, non richiedono un costante monitoraggio di laboratorio1,2. Tuttavia esistono alcune situazioni cliniche nelle quali la valutazione mediante specifici test di laboratorio del loro effetto anticoagulante e/o della loro concentrazione plasmatica può essere indispensabile.
Quando è richiesto un test di laboratorio?
Un controllo di laboratorio in corso di terapia con i NAO può essere necessario: 1. per verificare un eventuale sovradosaggio o accumulo del farmaco in caso di sanguinamento spontaneo con necessità di ripristinare rapidamente un assetto coagulativo normale (reverse), o in caso di insufficienza renale; 2. per verificare il grado di decoagulazione in una paziente candidato ad un intervento chirurgico o ad una manovra invasiva o ad una terapia antitrombotica aggiuntiva (es. un trombolitico in caso di stroke ischemico); 3. per verificare la presenza, l’assenza o una insufficiente concentrazione del farmaco – compliance del paziente – soprattutto nei casi di fallimenti trombotici della terapia; 4. per verificare il grado di decoagulazione nei pazienti con insufficienza epatica, normalmente non inclusi nei trial clinici; 5. per verificare l’eventuale interazione con altri farmaci3.
Che test impiegare?
I test globali di coagulazione – tempo di protrombina, PT-INR, e tempo di tromboplastina parziale attivato, APTT – sono impiegati per monitorizzare l’effetto degli anticoagulanti tradizionali, rispettivamente AVK ed eparina non frazionata. Tali test, che risultano comunque alterati in corso di terapia con i NAO, non riflettono tuttavia in modo preciso il grado di decoagulazione indotto da questi, così come non danno indicazioni precise sulla concentrazione dei NAO, soprattutto in caso di elevati valori plasmatici quali quelli che possono essere osservati nelle condizioni di sovradosaggio o di accumulo.
Dabigatran.
L’allungamento del PT, correla in modo lineare con la concentrazione plasmatica di dabigatran ma la responsività del test, e cioè la correlazione tra allungamento del tempo di coagulazione e concentrazione plasmatica del farmaco, è piuttosto modesta4 e la standardizzazione del test risulta difficile. Al contrario, l’APTT presenta una relazione dose-risposta non lineare, pur essendo migliore la responsività e risultati diversi sono stati ottenuti con i diversi reagenti impiegati, con notevoli problemi di standardizzazione. Per i motivi sopra citati entrambi i test non possono essere impiegati nel follow up clinico dei pazienti in trattamento con dabigatran. Per quanto riguarda il tempo di trombina (TT), questo possiede una ottima linearità ma una eccessiva responsività per dosi crescenti di farmaco. Un variante del test, rappresentata dal TT diluito (dTT), ha dimostrato, in uno recente studio condotto in vitro, una correlazione lineare tra concentrazione plasmatica del farmaco e allungamento del tempo di coagulazione che si mantiene per un ampio range di concentrazioni plasmatiche5. Il test, commercializzato con il nome di HEMOCLOT, si è dimostrato un metodo rapido e affidabile per la determinazione indiretta quantitativa della concentrazione plasmatica di dabigatran. Il tempo di ecarina (ECT) ha dimostrato una buona linearità ed una eccellente responsività, pur presentando ancora problemi di standardizzazione legati ai reagenti, e, soprattutto, al veleno di vipera impiegato nel test.
Rivaroxaban e apixaban.
La maggioranza dei dati disponibili in letteraturariguarda il rivaroxaban. L’inibizione dell’attività del fattore Xa indotta da rivaroxaban e apixaban fa sì che il test di scelta per misurare l’effetto anticoagulante di questi farmaci sia, sul piano teorico, la valutazione dell’attività anti-Xa con metodo cromogenico6. Il test non è tuttavia disponibile in caso di urgenza e non è routinariamente eseguito in tutti i laboratori. Inoltre il metodo non è perfettamente standardizzato a causa della variabilità osservata con i diversi reagenti impiegati. Il PT presenta una buona linearità e responsività. Notevoli differenze sono però osservate nel test in relazione ai differenti reagenti tromboplastinici impiegati e, conseguentemente, il metodo come tale, non è standardizzato per il monitoraggio del rivaroxaban. La standardizzazione del test e, conseguentemente, il suo impiego per scopi clinici, sono ottenibili impiegando un indice internazionale di sensibilità (ISI), già da anni utilizzato per misurare l’INR nei pazienti in trattamento con AVK, che si basa sull’utilizzo di campioni di plasma supplementati con dosi crescenti di rivaroxaban7. Questo indice (ISI-rivaroxaban) è stato utilizzato con risultati soddisfacenti per ottenere un INR calibrato per il rivaroxaban (INR-rivaroxaban)7, consentendo di minimizzare la variabilità osservata tra i diversi reagenti tromboplastinici in commercio. Per quanto riguarda l’APTT, questo presenta una eccellente linearità ma una bassa responsività per incrementi di dose di rivaroxaban, ed ha inoltre notevoli problemi di standardizzazione. Altri test, come il tempo di veleno di vipera Russell diluito, pur presentando una buona linearità e responsività3, presenta notevoli problemi di standardizzazione, oltre a non essere disponibile in tutti i laboratori e soprattutto in caso di urgenza.
Raccomandazioni
E’ stato recentemente pubblicato un position paper emesso da una commissione di esperti appartenenti alle società scientifiche FCSA, SIMeL, SIBioC e CISMEL avente lo scopo di fornire, sulla base dei dati della letteratura disponibili, raccomandazioni circa l’utilizzo dei test più appropriati, da parte del clinici e dei laboratoristi, nella valutazione dei pazienti in terapia con i NOA8. Nel documento viene raccomandato, per la valutazione dei livelli plasmatici e della intensità della decoagulazione indotta dal dabigatran l’impego del TT modificato (dTT) o dell’ECT, con raccomandazione ad esprimere i risultati in termini di rapporto paziente/normale, mentre per la valutazione dei pazienti in terapia con rivaroxaban, viene raccomandato l’utilizzo della misurazione dell’attività anti-Xa, peraltro non disponibile in tutti i laboratori, o, in alternativa, quella del PT. Anche in questo caso viene raccomandato di esprimere i risultati come rapporto paziente/normale, evitando l’uso dell’espressione del dato in termini di INR convenzionale.
Bibliografia
- Weitz JI. Factor Xa and thrombin as target for new oral anticoagulants. Thromb Res 2011;127 (suppl. 2):S5-S12
- Toschi V, Lettino M. Inhibitors of propagation of coagulation: factors V and X. Br J Clin Pharmacol 2011;72:563-580
- Tripodi A, Palareti G. J Intern Med 2012; doi:10.111/j.1365-2796.2012.02541.x
- Stangier J, Rathgen K, Staehle H, Ganser D, Roth W. The pharmacokinetics, pharmacodynamics and tolerability of dabigatran etexilate, a new oral direct thrombin inhibitor, in healthy male subjects. Br J Clin Pharmacol 2007;64:292-303
- van Ryn J, Stangier J, Haertter S, Liesenfeld K-H, Wienen W, Feuring M, Clemens A. Dabigatran etexilate – a novel, reversible, oral direct thrombin inhibitor: interpretation of coagulation assays and reversal of anticoagulant activity. Thromb Haemost 2010;103:1116-1127
- Samama, MM, Amiral J, Guinet C, Perzborn E, Depasse F. An optimized rapid chromogenic assay, specific for measurement direct factor Xa inhibitors (rivaroxaban) in plasma. Thromb Haemost 2010;104:1078-1079
- Tripodi A, Chantarangkul V, Guinet C, Samama MM. The international normalized ratio calibrated for rivaroxaban has the potential to normalize prothrombin time results for rivaroxaban-treated patients: results of an in vitro study. J Thromb Haemost 2011;9:226-228
- Tripodi A, Di Iorio G, Lippi G, Testa S, Manotti C. Position paper on laboratory testing for patients taking new oral anticoagulants. Consensus document of FCSA, SIMeL, SIBioC and CISMEL. Clin Chem Lab Med 2012;50:2137-2140