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30 Agosto 2018La placca vulnerabile è nel nostro DNA?
30 Agosto 2018A cura di Marta F. Brancati
Sharma A, Hijazi Z, MD, Andersson U, et al. The Use of Biomarkers to Predict Specific Causes of Death in Patients with Atrial Fibrillation: Insights from the ARISTOTLE Trial. Circulation 2018;doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.118.034125 [Epub ahead of print].
È noto che l’insorgenza della fibrillazione atriale sia associata a un rischio aumentato di mortalità. Sharma e coll. hanno valutato il possibile ruolo prognostico di alcuni biomarcatori nel contesto della fibrillazione atriale.
Lo studio ha indagato la popolazione arruolata nel trial ARISTOTLE, che aveva randomizzato 18201 pazienti ad apixaban o warfarin. Sono stati presi in considerazione i seguenti biomarcatori:
- troponina T ad alta sensibilità,
- NT-proBNP,
- GDF-15
- interleukina-6.
Sono stati misurati in 14798 pazienti, con un follow-up mediano di 1.9 anni.
Ebbene, sono state osservate 1272 morti, di cui il 51% per cause cardiovascolari, il 3% per cause emorragiche e il 46% per altre cause. Nell’ambito delle morti cardiovascolari, il 39% erano morti improvvise, il 26% dovute a scompenso cardiaco e il 16% dovute a stroke/embolia sistemica.
È stata rilevata una forte associazione fra i biomarcatori e le morti cardiovascolari. In particolare, la troponina T era significativamente associata alla morte improvvisa (HR 1.48; p<0.001), l’NT-proBNP alla morte per scompenso (HR 1.62; p<0.001), il GDF-15 ai sanguinamenti fatali (HR 1.72; p=0.028). I predittori più forti di morte per stroke/embolia erano il pregresso stroke/evento embolico (HR 2.58; p>0.001) e la troponina T (HR 1.45; p<0.0029).
Lo studio mostra un dato importante. Se è vero (e magari non stupisce) che in pazienti affetti da fibrillazione atriale e anticoagulati la prima causa di morte resta la cardiovascolare, è significativo il fatto che la morte cardiovascolare più comune sia la morte improvvisa, seguita dalla morte per scompenso, e non quella dovuta a embolia sistemica o stroke. Dunque nella popolazione affetta da fibrillazione atriale non basta l’anticoagulazione per ridurre la mortalità; in tal senso, i biomarcatori potrebbero giocare un ruolo nell’individuare i pazienti a rischio di uno specifico evento, sui quali concentrare ulteriori sforzi terapeutici mirati.