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il punto interrogativo

Ho tenuto questo articolo tra i post salvati, di cui avrei voluto prima o poi parlare, per giorni, per settimane. Ogni volta che mi mettevo a scrivere, mi dicevo: «Ecco, oggi lo segnalo…!» Poi non lo segnalavo. C’era la pandemia, c’erano le ricorrenze, gli anniversari e le ultime uscite editoriali, c’era l’attualità e anche alcune polemiche. C’erano altre righe che prendevano il sopravvento e mi lasciavano desistere. Ma oggi lo segnalo davvero, forse alla fine capirete perché.

Il post (lo trovate qui) parla di una delle scene finali più belle e struggenti del cinema italiano. Dice che quel finale fu girato perché smise di piovere, dice che altrimenti quel finale sarebbe stato sostituito da un finale più lieto, dice che quel lieto fine sostitutivo sarebbe diventato metafora di un’altra cosa, di un viaggio che cominciava, di una strada che si apriva all’orizzonte, di un futuro che ci aspettava molto più sereno. E invece la pioggia si diradò e Il sorpasso finisce appunto con un sorpasso, con un precipizio, con una morte, con un nome, «Roberto», a cui non sapremo mai più dare un cognome. E diventa la metafora di tutt’altro.

Il post ci dice insomma della delicatezza di qualunque metafora, e del pericolo insito nell’interpretazione di qualsiasi metafora, e della leggera violenza che si deve prevedere per accettare e spiegare ogni possibile metafora. E infatti, non per caso, inizia (prima di arrivare a parlare del finale) con questo irresistibile aneddoto, nelle parole di Marco Risi:

Quando Martin Scorsese scoprì che mio padre era Dino Risi, mi disse che alla scuola di cinema aveva avuto un insegnante talmente innamorato del Sorpasso, talmente fissato, che aveva ripercorso su una carta geografica tutto il tragitto dell’automobile ed era giunto alla conclusione che, insomma, sì, alla fine, quel tragitto formava un punto interrogativo! Il giorno dopo raccontai la cosa a mio padre. Lui rispose immediatamente nella maniera sua solita, divertita e ironica, con un: «Finalmente qualcuno che se ne è accorto!».

Non vi pare bellissimo? Non vi pare meraviglioso che si arrivi a tanta sottigliezza di indagine, a tanta acutezza di interpretazione, a tanta ironia di risposta?

Mi sono quindi deciso a segnalarlo oggi, questo articolo sul finale del Sorpasso, perché saremo presto circondati di metafore (come questa, per esempio, che immagino azzeccatissima); e anche perché vivo in una regione che è da molti decenni raccontata (e trattata) dai letterati (e dai critici, e quindi dai lettori) come una metafora (ed è strano viverci dentro, alle metafore, ve lo assicuro); e infine perché sappiamo tutti bene che le metafore sono belle e pericolose, sono all’origine della poesia, sono quindi all’origine di tutto (e parlano sempre di tutto). E vanno maneggiate con grande cautela; e Dino Risi, parere mio, lo sapeva.

Davide Profumo
Davide Profumo
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