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il peso delle parole

Ci sono dei giorni in cui mi guardo alle spalle con più fastidio del solito (succede, immagino anche a voi… O almeno, lo spero per me, di non essere il solo, che succeda anche a voi). In quei giorni, se capita di parlare con qualcuno a proposito di romanzi o di poesie o di letteratura ripeto sempre la stessa amara battuta: che le centinaia di libri che ho letto nella via mi hanno senz’altro insegnato un cosa, a montare le billy, le librerie dell’Ikea.

 

E però, se montare le libreria dell’Ikea è operazione senza dubbio manuale (e dunque anche per questo assai più che soddisfacente…) metterci i libri dentro, dopo un trasloco per esempio (sono un appassionato di traslochi, in effetti: anche per questo ho dovuto montare molte billy; i traslochi sono la mia seconda passione, dopo la letteratura), mettere i libri in ordine dentro gli scaffali appena montati non è più solo quello, non è soltanto manualità. E non escludo che sia questo uno dei motivi per cui mi piace montare le librerie e anche traslocare: per rimettere in ordine i libri, per riprovare a trovare un disegno, come se quei dorsi e qui titoli potessero comporre una via d’uscita dal labitinto, una strada…

 

Ma insomma basta, io so di averla già scritta tanti fa questa cosa (la potete pure leggere qui, se non vi pare eccessivamente inelegante l’autocitazione): è che oggi l’ho ritrovata scritta (meglio) da Cristian Vázquez e non ho resistito e ho voluto citarla. In questo passaggio per esempio:

 

Ordinare la biblioteca, un compito a cui i bibliofili sono soliti dedicarsi con frequenza e piacere, a volte prevede una situazione particolare: incorporare una collezione completa, configuratasi altrove, alla propria. La sensazione è che i libri siano come le cellule di un organismo vivente e trovino sempre il proprio posto. Sono stati scritti un’infinità di testi con consigli e raccomandazioni su come ordinare la biblioteca. Quasi sempre si parla delle diverse categorie in funzione delle quali è possibile organizzare i libri: ordine alfabetico o cronologico, generi, tematiche, provenienza, l’importanza data dal proprietario della biblioteca al libro, perfino il colore dei dorsi e delle copertine. Ordinare la biblioteca significa anche stabilire un canone o, meglio, trasporre nell’universo materiale il canone che ciascun lettore ha già forgiato dentro di sé attraverso le proprie letture.

 

Anche perché, a voler essere sincero e non troppo infastidito da me stesso, c’è anche un’altra cosa che i libri mi hanno insegnato mentre montavo le billy, librerie del’Ikea, alla fine di ogni trasloco. E cioè che le parole hanno un peso, che il buon uso delle parole è la prima forma di rispetto della realtà, che il cattivo uso delle parole è la prima e più terribile forma di corruzione del pensiero. E l’autore di uno dei libri che ho amato di più in questi anni (Patrik Ourednik: ne ho parlato qui, è inutile che lo citi di nuovo) e che dovrò spostare insieme ad altri suoi libri nel prossimo trasloco che farò, lo ha detto pari pari in un’intervista che mi pare oggi molto opportuno segnalarvi. Vi si può leggere così:

 

«Nominare male le cose, è partecipare all’infelicità del mondo», diceva Camus: sottoscrivo in pieno. La lingua è la prima arma di ogni tentativo totalitario, sia esso politico, sociale o mediatico: quando un’istituzione si arroga il diritto di dire verità esclusive, costruisce la propria lingua di legno, più o meno efficace secondo i casi. Al contempo, la lingua costituisce la sola risorsa che possediamo per resistere all’abbrutimento generale: nominare bene le cose ci permette di pensare, o, quanto meno, ci permette di pensare che pensiamo.

 

Forse è per questo che, nonostante i frequenti fastidi, continuo ad amare i libri e la letteratura: perché sono fatti di parole. Ed è bello pensare che ad ogni trasloco ci portiamo dietro almeno delle parole, con cui ci possiamo raccontare i luoghi in cui non abitiamo più e quelli in cui abiteremo. E poi montiamo le billy, librerie dell’Ikea, perché le parole hanno un peso e bisogna quindi sollevarle e poi reggerle: e montiamo scaffali, che portino il peso delle parole che speriamo di avere, nel tempo, imparato ad usare.

Davide Profumo
Davide Profumo
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