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Il DESgate

Il Desgate
Gabriele Crimi
Dipartimento di Cardiologia- Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia

 

Introduzione e storia

Gli stent medicati (DES) sono stati studiati per ridurre il fenomeno della restenosi intrastent (ISR) e la conseguente necessità di reintervenire su vasi gia trattati (TVR). Negli studi pre – marketing di fase III, sia i Sirolimus eluting stent (SES), sia i Paclitaxel eluting stent (PES) si sono dmostrati estremamente efficaci in questi termini. Questi trials erano dimensionati per confrontare la safety e la efficacy tra stent metallici e stent medicati. Sulla scia degli entusiasmi iniziali sembrava ragionevole estrapolare i vantaggi legati all’utilizzo dei DES, anche su endpoint più “forti” come la sopravvivenza a lungo termine. Questo ha portato i cardiologi interventisti ad usare diffusamente tali device, estendendo le indicazioni dei grossi trials e acquisendo confidenza con lesioni coronariche sempre più complesse (TC, biforcazioni, stenosi lunghe, stenosi dei graft) e su pazienti sempre più delicati.
Nell’autunno 2006 i risultati dello studio BASKET – late e la metanalisi degli studi di fase III presentata da Camenzind al Congresso Europeo di Cardiologia a Barcellona, hanno smorzato gli entusiasmi; è infatti emersa una tendenza verso un aumento della trombosi tardiva correlata con gli stent medicati, un fenomeno gravato da alto tasso di mortalita’ e reinfarto. Le comunicazioni scientifiche si sono trasformate, a causa della loro rilevanza clinica, in un’esplosione mediatica. Cautela ed analisi accurate sono necessarie per comprendere appieno il fenomeno biologico e le sue conseguenze cliniche.

BASKET late
Lo studio BASKET – late ha arruolato 746 pazienti del precedente studio BASKET con lo scopo di definire l’incidenza di eventi tardivi dopo la sospensione della doppia terapia antiaggregante. I pazienti arruolati nel trial BASKET e quindi nel successivo BASKET – late sono pazienti consecutivi con cardiopatia ischemica che sono stati sottoposti ad angioplastica coronarica. I pazienti sono stati randomizzati in maniera 2:1 per l’impianto di un DES oppure di uno stent metallico al cobalto cromo (BMS).
Nella popolazione sono stati inclusi sia casi di angina da sforzo che sindromi coronariche acute con una percentuale di STEMI del 21 % equamente distribuita nei due gruppi.
Dopo sei mesi di Follow – up in cui tutti i pazienti venivano trattati con ASA 100 mg qd e Clopidogrel 75 mg qd, indipendentemente dal device impiantato, il Clopidogrel è stato sospeso.
Sono stati considerati gli eventi cardiaci maggiori (MACE) occorsi dal 7^ al 18^ mese con un endpoint composito di morte cardiaca, infarto miocardico non fatale e TVR.
Nel totale dei MACE (n 65 eventi) vi sono eventi che sono stati correlati alla trombosi acuta sulla base della storia clinica e del territorio ischemico (morti cardiache, infarti miocardici e TVR) e altri (16 eventi) per i quali è disponibile una documentazione angiografica di trombosi intrastent; degli eventi “angiograficamente documentati” 3 erano BMS correlati e 13 DES correlati.
In conclusione lo studio BASKET – late, in pazienti consecutivi, in cui è stata sospesa la doppia terapia antiaggregante, ha evidenziato un trend verso un maggior tasso di morte cardiaca e infarto nel gruppo DES; tuttavia questo studio non era calibrato per identificare una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi di pazienti. Negli eventi angiograficamente documentati la relazione temporale tra sospensione della terapia ed evento qualificante era piuttosto stretta, pur non trovando conferma nella totalità degli eventi cardiaci avversi maggiori (MACE). Nel gruppo DES si conferma inoltre una riduzione della rivascolarizzazione dovuta a restenosi intrastent.

NEJM clinical perspective
L’autorevole New England pubblica nel Novembre 2006 un’intervista a Steven Nissen, Chairmen del Dipartimento Cardiovascolare della Cleveland Clinic, che commenta questi dati dicendo: “Abbiamo abbandonato i BMS per un beneficio a breve termine su un fenomeno relativamente benigno, la restenosi intrastent, in cambio di uno svantaggio tardivo che si esprime in termini di mortalità”.

Fenomeno biologico e studi autoptici
Il fenomeno della trombosi è noto da centinaia di anni. Virchow ne riconosceva tre cause principali, la lesione endoteliale, la stasi ematica e uno stato di ipercoagulabilità. Un recente articolo del gruppo Virmani focalizza l’attenzione sul fenomeno di trombosi intrastent e sui fattori implicati nella trombosi acuta dividendoli in fattori correlati alla procedura, al paziente e al tipo di lesione coronarica (Tabella 1).

In modelli animali, dopo il posizionamento di uno stent arterioso, si osserva un graduale processo di riendotelizzazione. Si pensa che il fenomeno possa essere sostenuto dalla proliferazione e migrazione per scivolamento di cellule endoteliali dai distretti viciniori. I farmaci che ricoprono gli stent attualmente in commercio, la rapamicina (sirolimus) e il paclitaxel, oltre ad inibire la proliferazione e la migrazione delle cellule muscolari lisce, inibiscono anche le cellule endoteliali e rallentano pertanto il processo di rivestimento del lume vasale. In uno studio autoptico, su 24 pazienti portatori di DES, 14 avevano evidenza di trombosi tardiva e 13 erano deceduti per una causa correlata al device. Questi studi, pur considerando solo pazienti deceduti e pertanto con un notevole bias di selezione, danno comunque un idea molto suggestiva del fenomeno. Resta ancora da chiarire se la riendotelizzazione degli stent medicati sia sempre ritardata, e nel caso, con quale cinetica. Il processo fisiopatologico, per quanto difficile da studiare nell’uomo, ha una fondamentale importanza poiché strettamente correlato con la necessità di effettuare per un tempo prolungato una terapia antiaggregante “doppia” con ASA e tienopiridinici.

Commissione AHA di dicembre 2006
Il 7 e l’8 Dicembre 2006 si è riunita una commissione sotto l’egida dell’ FDA per valutare il fenomeno della late thrombosis e i risultati di safety degli stent medicati. I dati presentati sono stati poi pubblicati sul New England in forma di Early release article nel Febbraio 2007.

Le metanalisi degli studi randomizzati di fase III
Le metanalisi pubblicate dal New England comprendono dati dei pazienti arruolati nei trial controllati di fase III. Si tratta di pazienti stabili, con lesioni coronariche singole di nuova diagnosi, lunghezza inferiore a 30 mm e rischio moderato. Il follow up è esteso a 4 anni e i principali endpoint sono di safety e di efficacy. Lo studio di Mauri et al si focalizza in maniera particolare sul fenomeno della trombosi intrastent. Nelle analisi di safety di questi studi sono stati esclusi gli eventi successivi a una rivascolarizzazione per ristesosi intra-stent.
Nella tabella 2 sono raccolte per un confronto le principali caratteristiche delle metanalisi pubblicate.
Nello studio di Kastrati vengono raggruppati 4958 pazienti da 14 trial controllati randomizzati a SES versus BMS. All’analisi dei risultati non si evidenziano differenze significative in termini di morte o reinfarto nei due gruppi BMS e SES e si conferma una significativa riduzione degli endpoint di efficacia nei SES. Si osserva inoltre nel gruppo SES un trend verso un maggior tasso di trombosi intrastent, che non raggiunge tuttavia la significatività statistica. Gli autori hanno poi realizzato una sottoanalisi del sottogruppo di pazienti diabetici, dove si rileva un trend verso un maggior tasso di mortalità in coloro che avevano ricevuto uno stent medicato. Questo dato, per quanto basato su una selezione dei pazienti e quindi non randomizzato viene confermato nello studio di Spaulding ove si analizzano 1748 pazienti dei principali RCTs SES Vs BMS. In questa metanalisi, nel sottogruppo dei pazienti diabetici, il maggior tasso di mortalità nel gruppo SES raggiunge la significatività statistica. Questa osservazione va presa con cautela avendo a disposizione i risultati di uno studio randomizzato, controllato e disegnato ad hoc che dimostra il beneficio dei SES proprio in questi pazienti.
Nella metanalisi pubblicata da Stone et al vengono presi in considerazione 5261 pazienti da 9 differenti RCTs (4 SES versus BMS e 5 PES versus BMS). Tra gli endpoint di safety, la trombosi intrastent non è significativamente aumentata, anche se in entrambi i guppi DES (sia PES che SES) si documenta un debole trend verso un maggior tasso di trombosi che si delinea dopo il primo anno di osservazione; nessuna differenza invece per quanto riguarda mortalità e reinfarto. Un grosso limite di tutti questi studi è che non sono note le correlazioni degli eventi con la terapia antiaggregante.
Lo studio di Mauri, infine si focalizza sul fenomeno della trombosi. I clinical trial presi in considerazione sono 8, gli stessi di Stone, fatta eccezione per il TAXUS VI. Gli autori sottolineano che i criteri per definire una trombosi sono stati diversi e non uniformi tra i vari studi e confrontano le trombosi definite secondo protocollo con un altro tipo di definizione recepito dall’ Academic Reserch Consortium. Basandosi su questi criteri uniformi e includendo tutte le trombosi angiograficamente confermate + quelle probabili sulla base della storia clinica, non si evidenziano differenze sigificative tra i due gruppi con un tasso di eventi a 4 anni dell’ 1,5 % con i SES, e dell’1,8% con i PES. Si conferma inoltre la severità clinica di una trombosi intrastent, su 68 pazienti 21 sono morti (30,9%) e 57 hanno avuto un IMA (83,8%).

Il registro svedese (SCAAR)Il registro SCAAR prende in considerazione pazienti consecutivi che sono stati sottoposti ad una procedura di angioplastica in 26 centri Svedesi dal 1 gennaio 2003 al 12 dicembre 2004 per un totale di 19.771 pazienti (13738 pts BM e 6033 pts DES) e 37.750 stents. Gli Autori segnalano che i pazienti trattati con DES non differiscono da quelli trattati con BMS se si valuta l’endpoint combinato di morte e infarto miocardico al termine del follow up complessivo di 3 anni; se peraltro vengono considerati gli eventi a partire dai primi sei mesi in poi, i soggetti trattati con stent medicato hanno un’incidenza di eventi cardiaci avversi statisticamente superiore a quella dei pazienti rivascolarizzati con un BMS e la stessa mortalita’ a tre anni e’ superiore nel primo gruppo.

Conclusioni
Le metanalisi sono state condotte su studi di fase III randomizzati e controllati, il registro svedese non randomizzato ci può dare un idea più concreta dei risultati del mondo reale suggerendo l’ipotesi che i pazienti con stent medicato abbiano una maggiore incidenza di eventi tardivi potenzialmente attribuibili alla late thrombosis, e soprattutto una maggiore mortalita’, benche’ il peso degli eventi rilevanti si manifesti solo dopo i primi sei mesi. In attesa di studi clinici controllati e randomizzati che esplorino i suggerimenti emersi da metanalisi e registri si impone una valutazione attenta e circostanziata del device ottimale per il singolo paziente, valutato nella sua globalita’ e con un occhio particolare a comorbidita’ e fattori di rischio. Per fare questo è necessaria una collaborazione stretta tra cardiologo clinico e cardiologo interventista e un accurato follow up di tutti i soggetti trattati.

Gabriele Crimi

Bibliografia
1) Lakerqvist B et al. Long-term outcomes with drug-eluting stents versus bare-metal stents in Sweden. New Engl J Med 2007; 356: 1009-19
2) Kastrati A et al. Analysis of 14 trials comparino Sirolimus-eluting stents with bare-metal stents. New Engl J Med 2007; 356: 1030-9
3) Maisel WH. Unanswered questions- Drug-eluting stents and the risk of late thrombosis. New Engl J Med 2007; 356: 981-2
4) Spaulding C et al. A pooled analysis of datacomparing sirolimus-eluting stents with bare-metal stents. New Engl J Med 2007: 356: 989-97
5) Stone GW et al. Safety and efficacy of Sirolimus and Paclitaxel-eluting coronary stents. New Engl J Med 2007; 356: 998-1008
6) Mauri L et al. Stent thrombosis in randomized clinical trials of drug-eluting stents. New Engl J Med 2007; 356: 1020-9

 

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