le parole della tribù
30 Ottobre 2019dover capire
3 Novembre 2019Ogni giorno, perlustrando il web alla ricerca di qualcosa che possa essere interessante per l’Oblò, mi segno alcuni articoli, alcuni spunti, che forse mi saranno utili. Ma non tutti poi, in realtà, mi vengono davvero utili: alcuni restano sospesi, inutilizzati, senza una storia che li tenga insieme. E però sono articoli o spunti molto belli, forse anche più che belli, senz’altro interessanti. Per questo, dopo averne lasciati indietro già un po’ troppi, ho deciso che alla fine di ogni mese, finché mi sopporterete, pubblicherò rapidamente questi «ritagli», quasi senza commento, al solo scopo di non dimenticarli; nella speranza che incontrino il favore di almeno qualcuno di voi, e che quindi non vadano inutilmente persi. Che magari poi succede, come spesso per i pranzi e le cene vere e importanti: che gli avanzi del giorno dopo sono quasi più buoni dei piatti del giorno prima.
Di Ulisse, del suo viaggiare per mare e della sua vittoria sul Ciclope, l’inospitale
Del perché resti sempre (e sempre di più) necessario non stancarsi di stroncare i libri di Fabio Volo
Di quando indossavamo la kefiah e sapevamo tutti chi fosse Arafat
Di un libro tra i più belli che si possano leggere quest’anno (e del suo talentuosissimo autore)
Degli errori che possono fare gli scienziati; e della cattiva propaganda che alcuni di loro effettivamente fanno
Di quello che pensò e scrisse Allen Ginsberg quando venne a sapere della morte di Jack Kerouac, che era stato su amico
Di come la casa editrice Adelphi abbia trasformato, in questi ultimi decenni, l’editoria italiana
Dei ricordi, dei pensieri e delle strategie di sopravvivenza delle piante
Di un sonetto misterioso, che racconta un’apparizione misteriosa, che fu scritto da Francesco Petrarca
Di come e del perché Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez sia uno dei classici irrinunciabili del nostro tempo
Di pubblicità, genocidio, di nuovo pubblicità
Di un elogio del romanzo di Alessandro Manzoni, quello che tutti malsopportano; e del perché non abbia niente da invidiare ai classici russi di cui tutti parlano bene
Di un libro che parlò dell’Altro, del diverso, quando sembrava impossibile (e inutile) farlo