L’aspirina perde la partita della prevenzione primaria nei diabetici: dallo studio ASCEND non emerge un beneficio clinico netto
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23 Settembre 2018A cura di Ivana Pariggiano
The ASCEND trial was supported by grants to the University of Oxford from the British Heart Foundation. Solvay, Abbott, and Mylan provided the omega-3 fatty acids and placebo. European Society of Cardiology (ESC) 2018 Congress. Presented August 26, 2018. N Engl J Med. Published online August 26, 2018
Gli integratori di omega-3 sono ampiamente utilizzati nella pratica clinica per i loro benefici non solo sull’apparato cardiovascolare, ma anche su molteplici altri apparati quali il sistema nervoso centrale e le funzioni neurocognitive. Studi condotti nei decenni passati hanno infatti suggerito che un maggiore apporto di pesce (alimento ricco di acidi grassi polinsaturi) è associato a un minore rischio cardiovascolare e che gli integratori di acidi grassi omega-3 sono raccomandati per la prevenzione delle malattie cardiache.
Tuttavia, più recenti meta-analisi hanno messo in discussione i benefici degli acidi grassi omega-3 sia nella prevenzione primaria che secondaria. Al congresso della European Society of Cardiology (ESC) si è discusso i risultati – pubblicati nel New England Journal of Medicine – dello studio ASCEND, il più esteso e lungo trial randomizzato che si sia proposto di valutare l’efficacia dell’aggiunta di acidi grassi omega-3 nella riduzione della mortalità, degli eventi vascolari e dell’incidenza di cancro.
Lo studio ASCEND ha specificamente esaminato i pazienti diabetici in prevenzione primaria, un gruppo ad alto rischio di sviluppare malattie vascolari. Lo studio ha incluso 15.480 pazienti diabetici del Regno Unito di età ≥ 40 anni senza precedenti malattie cardiovascolari, assegnati in modo casuale a acidi grassi omega-3, capsula 1 g / die o placebo. I pazienti sono stati seguiti per una media di 7,4 anni, con una compliance media alla terapia del 77%.
I risultati non hanno mostrato differenze nell’outcome primario di efficacia – gravi eventi vascolari (infarto miocardico, ictus non emorragico o attacco ischemico transitorio o morte cardiovascolare) – o nell’endpoint secondario quando è stata aggiunta la rivascolarizzazione. Anche la mortalità non differiva tra i due gruppi, sebbene la mortalità cardiovascolare fosse significativamente ridotta nel gruppo di olio di pesce: -2,5% vs 3,1%; rate ratio, 0,82 (intervallo di confidenza al 95%, 0,68-0,98).Tuttavia, i ricercatori suggeriscono cautela nell’interpretare questo risultato a causa dei molteplici confronti e della mancanza di un effetto sugli eventi non fatali.
Un’altra questione aperta riguardo agli integratori di Omega-3 è quella legata al dosaggio: dosi più elevate potrebbero determinare maggiori benefici. Nello studio è stata somministrata la dose 1 g, basata su studi precedenti che avevano mostrato risultati promettenti. Rimane da valutare l’efficacia di una dose più alta di 2 o 4 g al giorno, poiché queste dosi hanno un maggiore effetto sulla riduzione dei trigliceridi, se ben tollerate. A tal fine bisognerà attendere i 2 ampi trial attualmente in corso (REDUCE-IT e STRENGTH), che valuteranno la riduzione dei livelli di trigliceridi e gli outcome cardiovascolari con omega-3 ad alte dosi.
Relativamente al tipo di molecole, nello studio sono stati utilizzati acidi grassi purificati omega-3 ad alta resistenza, del tipo raccomandato nelle linee guida per la prevenzione secondaria. È probabile che le versioni che contengono dosi più basse di acidi grassi omega-3 siano anche meno efficaci.
Sebbene le linee guida confermino un ruolo positivo degli acidi grassi omega-3 nella prevenzione secondaria, è necessario attendere l’esito di ulteriori studi per verificare il beneficio nella prevenzione primaria.