i ritagli di novembre
30 Novembre 2018una poetessa
2 Dicembre 2018A cura di Ivana Pariggiano
Elevati livelli di colesterolo aumentano il rischio di aterosclerosi e malattie cardiovascolari. L’American Heart Association (AHA) e l’American College of Cardiology (ACC) hanno proposto nuove linee guida basate sulle evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni come strumento per i clinici per ottenere valutazioni di rischio più precise e opzioni terapeutiche più mirate. Le linee guida sono state presentate nel corso dell’ultimo congresso AHA 2018 a Chicago e contemporaneamente pubblicate su Circulation e il Journal of the American College of Cardiology.
Il principale cambiamento rispetto alla versione del 2013 riguarda le strategie di stratificazione del rischio e la personalizzazione dell’approccio terapeutico.
La versione aggiornata rafforza l’importanza della prevenzione primaria, e in particolare delle modifiche dello stile di vita da adottare già in giovane età: l’esposizione prolungata a elevati valori di colesterolo aumenta il rischio di malattie cardiovascolari in maniera esponenziale. Circa 94,6 milioni di americani (quasi il 40 % della popolazione) presenta livelli colesterolo totale di 200 mg / dL o superiore: gli allarmanti dati epidemiologici testimoniano la necessità di prevenzione in età sempre più precoce.
Nelle strategie di stratificazione un’importante novità è stata l’introduzione del calcium score coronarico (CAC), una tecnica non invasiva che permette di valutare il rischio di malattia cardiovascolare in particolari categorie di rischio e definire l’inizio della terapia: un punteggio CAC pari a zero indica un basso rischio CVD e consentirebbe di ritardare l’inizio di una terapia ipocolesterolemizzante, in assenza di altri fattori di rischio, mentre un punteggio di calcio alto identifica un soggetto ad alto rischio di malattia coronarica che potrebbe beneficiare di un trattamento con statine già in fase preclinica.
Per la stratificazione il «risk calculator», già introdotto nelle linee guida AHA/ACC 2013, rimane uno strumento chiave per definire il rischio di eventi CV a 10 anni. In aggiunta, si raccomanda di esaminare, oltre ai fattori di rischio tradizionali (come fumo, ipertensione e iperglicemia), anche i «fattori che aumentano il rischio», quali sindrome metabolica, malattia renale cronica, condizioni infiammatorie croniche, menopausa precoce o pre-eclampsia, che permettono una modifica della stima del rischio, sempre più personalizzata.
Per quanto riguarda l’approccio terapeutico, nella prevenzione primaria e secondaria la prima linea di trattamento raccomandata è rappresentata dalle statine, mentre si amplia il panorama terapeutico per la popolazione ad alto rischio con valori di LDL-C l nona target. Nei soggetti ad altissimo rischio CV (con una storia di multipli eventi ASCVD o con un evento ASCVD e multipli fattori di rischio), il target terapeutico di LDL da raggiungere è 70 mg/dl; se non soddisfatto, le linee guida consigliano l’aggiunta alla terapia con statine ed ezetimibe di un inibitore di PCSK9, nuova classe di ipolipemizzanti, efficace nella riduzione del colesteorlo LDL e degli eventi clinici e con un buon profilo di sicurezza a lungo termine (oltre i 3 anni).Una volta iniziato il trattamento farmacologico, in aggiunta alle modifiche dello stile di vita, l’aderenza e l’efficacia dev’essere valutata in 4 a 12 settimane con un profilo lipidico a digiuno, e successivamente ogni 3-12 mesi in base alle esigenze cliniche.
Per l’effetto cumulativo del colesterolo alto durante l’intero ciclo di vita, la diagnosi e il trattamento precoci risultano di fondamentale importanza, per cui la valutazione del profilo lipidico è considerata appropriata già in età pediatrica (tra i 9 e gli 11 anni, poi di nuovo verso i 17-21 anni), in caso di una storia familiare di malattie cardiache o ipercolesterolemia familiare.