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Evolocumab, un nuovo alleato contro l’Ipercolesterolemia familiare omozigote

A cura di Ivana Pariggiano

Inhibition of PCSK9 with evolocumab in homozygous familial hypercholesterolaemia (TESLA Part B): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial Original Research Article, The Lancet, Volume 385, Issue 9965, 24–30 January 2015, Pages 341-350 Frederick J Raal, Narimon Honarpour, Dirk J Blom, G Kees Hovingh, Feng Xu, Rob Scott, Scott M Wasserman, Evan A Stein, for the TESLA Investigators DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(14)61374-X.

Le ipercolesterolemie familiari sono dislipidemie genetiche, eterogenee da un punto di vista molecolare e clinico, caratterizzate da livelli marcatamente elevati di colesterolo-LDL, con insorgenza di malattia cardiovascolare prematura. Un corretto approccio diagnostico a tali patologie, tanto diffuse quanto sottodiagnosticate, richiede un’accurata valutazione clinico-anamnestica con monitoraggio temporale dei valori di colesterolo. È essenziale un’accurata anamnesi familiare, la costatazione di eventi cardiovascolari nei familiari di primo grado valutandone l’età d’insorgenza e un attento esame obiettivo, comprensivo della ricerca dei segni fisici caratteristici delle diverse forme di dislipidemia (quali xantomi, xantelasmi, arco corneale). Solo una diagnosi precoce consente un trattamento adeguato, con miglioramento della prognosi di questi pazienti.

Le strategie terapeutiche per le ipercolesterolemie sono molto limitate, in quanto i comuni ipolipemizzanti utilizzati nella pratica clinica (quali statine, ezetimibe, sequestranti gli acidi biliari e acido nicotinico) risultano poco efficaci per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici, soprattutto per la forma omozigote. Nei casi più resistenti si può ricorrere alla LDL aferesi, ma questo tipo di trattamento è invasivo, costoso, poco gradito dai pazienti e non sempre disponibile.

Gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 si propongono sul panorama degli ipolipemizzanti come farmaci innovativi ed efficaci, anche in gruppi di pazienti resistenti alle terapie standard. Uno dei capostipiti della classe, l’Evolocumab, è risultato efficace nel ridurre in maniera significativa i valori di LDL nei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare (IF) omozigote. È quanto è emerso dallo studio TESLA (Trial Evaluating PCSK9 Antibody in Subjects with LDL Receptor Abnormalities), presentato all’European Atherosclerosis Society 2014 Congress (EAS 2014).

Lo studio di fase 3, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo è stato condotto su 50 pazienti di età superiore ai 12 anni con ipercolesterolemia familiare omozigote in terapia standard da almeno 4 settimane, che non effettuavano la LDL aferesi. I pazienti eleggibili sono stati assegnati a ricevere iniezione sottocutanea di evolocumab 420 mg, oppure placebo, ogni 4 settimane per 12 settimane. La randomizzazione è stata stratificata in base ai livelli di colesterolo LDL durante lo screening (<11 mmol/L or ≥11 mmol/L). L’endpoint primario era la variazione percentuale nel colesterolo LDL dal basale alla settimana 12 rispetto al placebo. Tra gli endpoint secondari dello studio c’erano la variazione percentuale media rispetto al basale di colesterolo LDL, apolipoproteina B (ApoB ) e lipoproteina (a) (Lp[a]) dopo 6 e 12 settimane, e la variazione percentuale rispetto al basale di ApoB e Lp(a) alla settimana 12.

Dei 50 pazienti eleggibili assegnati in modo casuale a uno dei due gruppi di trattamento, 49 hanno ricevuto il farmaco e hanno completato lo studio (16 nel gruppo placebo e 33 nel gruppo Evolocumab).

L’età media dei pazienti arruolati era di 31 anni, il 43% presentava una malattia coronarica in corso e il 25% aveva già subito un intervento chirurgico di bypass aortocoronarico (CABG). Tutti i pazienti erano stati trattati con una statina, e il 94% anche con ezetimibe. Al basale, il livello medio di colesterolo-LDL nei pazienti trattati con placebo ed evolocumab era di 348 mg/dL (9,0 mmol/L).

Rispetto al placebo, Evolocumab ha significativamente ridotto il colesterolo LDL a 12 settimane del 30,9% (P ≤0,0001 ). Nei pazienti con almeno una mutazione difettiva del recettore LDL, Evolocumab ha ridotto il colesterolo LDL del 41% (p ≤0,0001 ), rispetto al placebo. Eventi avversi emergenti dal trattamento si sono verificati in 10 pazienti su 16 nel gruppo placebo (63%) e in 12 su 33 nel gruppo Evolocumab (36%).

La sicurezza è apparsa generalmente bilanciata in tutti i gruppi di trattamento. Gli eventi avversi più comuni nel gruppo evolocumab sono stati infezioni del tratto respiratorio superiore, influenza, gastroenteriti e rinofaringiti.

L’approvazione del farmaco ha rappresentato un importante passo avanti per offrire un’opzione di trattamento a questo gruppo di pazienti con elevato rischio cardiovascolare e che non riescono a raggiungere i loro target di colesterolo LDL con le terapie attualmente in uso.

Pariggianp Evolocumab F1

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Ivana Pariggiano
Ivana Pariggiano
Specialista in formazione , Cardiologia Seconda. Università degli Studi di Napoli, A.O. Dei Colli «Monaldi», Napoli.

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