altrui (e mie) parafrasi
14 Novembre 2021il vaccino letterario
24 Novembre 2021Mi fa piacere oggi scrivervi da questo meridionalissimo angolo dell’Italia per dirvi due cose dell’angolo meridionalissimo dell’Italia da cui esattamente vi scrivo (benché Palermo sia assai distante da qui, a dire il vero: 4 ore di strada e di buche, non so se ci capiamo).
Ma mi fa piacere lo stesso parlarvi di Palermo e segnalarvi che qui potete trovare una bella intervista ad Antonio Sellerio, che racconta un po’ di cose della sua casa editrice, degli scrittori che pubblica e che ha pubblicato, di come riesca a competere oggi in un panorama editoriale popolato da giganti e grande distribuzione. E vi dice per esempio questa cosa, che io ho sempre pensato e su cui forse, però, ha ragione lui:
A volte ci criticano perché è facile distinguere un libro Sellerio a dieci metri di distanza, ma non è facile distinguere due libri Sellerio tra loro; io però credo che questo tipo di appartenenza possa essere un giovamento per i singoli libri … con oltre 50 anni di storia e un catalogo che si avvicina ai tremila titoli ci troviamo alle nostre spalle una quantità di libri che si meritano di circolare ancora, essere visibili, avere una seconda vita. Non è una questione di pura reperibilità, che ormai con l’e-commerce è un problema superato. Avevamo un ostacolo, che è la collana La memoria, fatta di novità, ma con libri piccoli e prezzo economico, e ci abbiamo ragionato, soprattutto con mia sorella, che poi ha varato il progetto grafico, e abbiamo deciso di sovvertire le regole classiche, facendo un economico non tascabile più grande dell’edizione originale e con una grafica completamente diversa.
Ma con la cultura non si mangia, si sa. E lo si sa anche in Sicilia. O almeno, visto che le distanze e le rivalità sono una cosa molto seria, lo sanno i catanesi. Che non hanno una grande casa editrice come Sellerio, ma hanno una bella collezione di dolci e di colazioni. Ve lo racconta bene Claudia Saracco, qui, se avete il coraggio di leggere:
A Catania, se cercate un cornetto per fare colazione, siete decisamente out. È più facile entrare in un bar per qualcosa di dolce e uscire addentando felici una cipollina. Perché davanti alla distesa di vassoi colmi di ogni delizia, tra una schiera di panzerotti, iris e raviole spolverate di zucchero da un lato e un esercito di arancini, cartocciate e bolognesi ancora fumanti di forno dall’altro, si rischia di rimanere un tantino frastornati. Per non sbagliare, i catanesi doc, di colazioni, ne fanno due.
Ecco, andate avanti. E fatevi un’idea (almeno quella) del ventaglio di possibilità, delle combinazioni, delle alternative, dei sapori e dei profumi. Provateci se avete il coraggio. Io nel frattempo esco e, nonostante proprio stamattina ci sia stata una tormenta di grandine e vento, approfitto del sole che sta per uscire e della luce che si comincia a intravvedere per andare in un bar, a fare colazione (dev’essere la seconda, non mi ricordo più, da molti mesi non tengo più il conto).
E penserò che è sicuramente giusto che le città di questo meridionalissimo angolo di Italia siano tutte, secondo le migliori classifiche dei nostri migliori quotidiani, agli ultimi posti per qualità della vita; e che ha sicuramente tutte le ragioni il mio amico scrittore siracusano quando dice che la sua città è bella per i turisti e per i pensionati, lo so che ha ragione. Però non mi chiedete di tornare nei luoghi in cui abitavo e in cui la qualità della vita è così più alta, per favore. Io sto bene (e ci lavoro anche bene) qui: sarà che a me non piace la qualità della vita, non so cosa dirvi.