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dove siamo

Tra le poche passioni che restano a uno come me, che ogni tanto si diletta ancora di letteratura, ce n’è una più duratura delle altre, non so perché, forse perché i luoghi non sono evitabili, ci circondano e basta, e pretendono quindi di essere raccontanti, e se non lo farà la letteratura lo farà qualcun altro e sarà senz’altro peggio.

 

E quindi tra le poche passioni che gli anni non mi hanno del tutto cancellato ci sono senz’altro i luoghi; e soprattutto ci sono le parole che la letteratura ha usato, nel corso del tempo, per raccontarli e descriverli e cercare senza successo di possederli. E allora ho pensato di fare cosa gradita (leggevo pochi giorni fa in una classe che la letteratura serve forse a dirci «chi siamo e dove siamo»; ecco alla prima domanda ho rinunciato, ma alla seconda forse ho ancora una minima speranza di poter dare una risposta…) (e poi mi è venuto in mente che il prossimo congresso Atbv si terrà il prossimo autunno a Trieste e mi è sembrato un buon auspicio cominciare a parlarne già ora), insomma ho pensato che vi sarebbe piaciuto questo bel post sui caffè letterari di Trieste. A me è molto piaciuto; perché Trieste è città letteraria come poche altre nel mondo, in effetti; e perché il caffè ne è un emblema efficacissimo e anche perché nel post sono tantissimi i letterati di cui si parla e a cui si accenna; e infine perché Trieste è un davvero un luogo molteplice e sfumato, più letteratura che geografia, e questo mi è sembrato un ottimo inizio:

 

Il volto di una città, mutevole come le vite di chi la abita, spesso cambia rapidamente. Eppure restano forme di eredità dal passato, tradizioni sempre uguali a se stesse e ricorrenti che rimarcano, da parte dei cittadini, un affetto ostinato – quasi una sacralità – per alcuni modi di stare al mondo o, almeno, di vivere la propria città.

A Trieste, in fatto di eredità del passato, la storia si fa complicata: è Trieste stessa ad avere una storia particolarmente complicata, e stratificata. Da sempre città di confine, crocevia di lingue diverse e molteplici passi, di eredità non ce ne è soltanto una.

La Trieste italiana e mediterranea, la Trieste mitteleuropea, la Trieste slava: tante facce che trovano la più netta espressione e la più precisa motivazione nel grande porto della città. Gli ampi fondali hanno sempre favorito l’attracco di navi direttamente alla riva, nel XVIII sec. l’imperatore asburgico Carlo VI addirittura ne dichiarò la natura di porto franco, con tutte le agevolazioni fiscali che in parte si conservano ancora oggi.

 

Ma visto che è il «dove» la domanda su cui oggi abbiamo creduto di poterci soffermare, ecco, mi è venuto in mente un altro post che ho letto qualche giorno fa e che forse non sta male in questo minimo contesto. Vi si parla di Goethe e della sua scoperta dell’Italia, del sud Italia in particolare e poi della Sicilia in particolarissimo. È anche questo è un bel racconto di un luogo (talmente letterario che la geografia non lo ha compreso più da molti secoli a questa parte…) che abitiamo senza magari nemmeno saperlo riconoscere. E dunque, forse, possiamo lasciare che un grande letterato, con la sua letteratura, ci aiuti un poco a farlo:

 

… la felicità prevale e il piacere di fare quel che vuole e non quel che deve vince su tutto: “Napoli è un paradiso” scrive il 16 marzo. “Tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso. Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso”.

Forse è proprio questo entusiasmo a spingere Goethe nella decisione più importante del suo viaggio: prendere una nave, affrontare i pericoli del mare e navigare alla volta di Palermo. È primavera. E quel che capita in Sicilia svela tutto insieme il senso della grande trasformazione. “Se un uomo non s’è visto circondato dal mare, non può aver un’idea del mondo e della sua posizione rispetto al mondo.

Davide Profumo
Davide Profumo
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