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Nella pratica clinica, i pazienti con fibrillazione atriale (FA) ricevono spesso dosaggi di anticoagulanti diretti orali (DOAC) non conformi (ad es. più alti o più bassi) a quelli indicati dalla Food and Drug Administration (FDA) e dalla European Medicines Agency (EMA), solitamente per ridurre il rischio di complicanze emorragiche. Diversi studi clinici hanno mostrato come l’utilizzo di dosaggi inappropriati di DOAC sia associato a una prognosi peggiore e a un maggiore rischio di ospedalizzazioni per cause cardiovascolari. Già nel registro GARFIELD-AF, un dosaggio di DOAC inappropriato era correlato a un rischio maggiore di mortalità a 2 anni. Sulla base delle evidenze disponibili, quindi, i pazienti con FA dovrebbero sempre ricevere i DOAC al dosaggio raccomandato da EMA e FDA, con l’obiettivo di ottimizzare il trattamento e migliorare la prognosi.
In questo contesto, un nuovo studio clinico, recentemente pubblicato da Rymer et al. su JAMA Open Network, ha valutato l’effetto del dosaggio “off-label” dei DOAC in pazienti con FA esaminando i dati del “Symphony Health”, un ampio database americano contenente dati clinici e terapeutici di oltre 280 milioni di pazienti. Per lo studio, sono state definite 4 categorie di dosaggio dei DOAC:
- sotto-dosaggio “off-label”
- sovra-dosaggio “off-label”
- dose ridotta appropriata secondo gli specifici criteri di riduzione
- dose completa del DOAC prescritta in maniera appropriata.
Gli endpoint primari dello studio erano:
- l’aderenza alla terapia, definita come una percentuale di giorni di assunzione del DOAC >80%
- l’interruzione della terapia, definita come la mancata assunzione del DOAC per più di 30 giorni.
I risultati principali
L’analisi ha incluso 86,919 pazienti che avevano avuto ricevuto almeno 2 prescrizioni di DOAC per FA con CHA2DS2-VASc score ≥2 (età media: 74 anni, 50.3% uomini). I dati analizzati corrispondono al periodo tra febbraio 2021 e luglio 2022. Complessivamente 7,335 pazienti (8.4%) avevano ricevuto una dose ridotta di DOAC appropriata, mentre 10,964 pazienti (12.6%) avevano ricevuto un dosaggio ridotto inappropriato. Quindi, tra i pazienti che ricevevano un dosaggio ridotto, il 59.9% riceveva dosi ridotte in maniera inappropriata. Il 5% dei pazienti, infine, riceveva un sovradosaggio off-label di DOAC (Figura 1). Alcuni fattori clinici tra cui età, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco, prescrizione terapeutica da parte di specialisti non cardiologi, anemia e anamnesi di episodi tromboembolici erano tutti correlati alla prescrizione di un dosaggio di DOAC off-label (sia in termini di sovradosaggio che di sotto-dosaggio).
Rispetto ai pazienti trattati con dosi appropriate di DOAC, quelli che ricevevano dosi inappropriate erano tendenzialmente più anziani (età mediana: 73 anni vs 79 anni) e con CHA2DS2-VASc score più alto (score mediano: 4 punti vs 5 punti). Inoltre, i pazienti che assumevano DOAC sotto-dosati presentavano più spesso comorbidità cardiovascolari (ad es. malattia coronarica, scompenso cardiaco); quelli che ricevevano DOAC sovra-dosati erano più spesso pazienti che avevano già avuto pregressi eventi tromboembolici. Entrambi i gruppi con dosaggio terapeutico “off-label” presentavano con maggiore frequenza anemia rispetto a chi assumeva dosi appropriate.
Rispetto alla prescrizione di un dosaggio appropriato di DOAC, l’utilizzo di un sotto-dosaggio off-label si associava a una minore probabilità di aderenza terapeutica (odds ratio [OR]: 0.88; 95% CI: 0.83-0.94) e a una maggiore probabilità di interruzione della terapia anticoagulante (OR: 1.20; 95% CI: 1.13-1.28) a 1 anno di follow-up. Risultati simili si osservavano nel caso di sovra-dosaggio off-label dei DOAC, che si associava a una minore aderenza terapeutica e a una maggiore probabilità di interruzione del trattamento rispetto ai pazienti trattati con DOAC a dosaggio appropriato. Inoltre, l’aderenza e la persistenza nell’assunzione della terapia con DOAC sono risultate simili tra i pazienti che assumevano dosi appropriatamente piene e dose appropriatamente ridotte di DOAC (secondo i criteri specifici di riduzione).

Figura 1: Percentuale di pazienti in trattamento con dose appropriata o inappropriata (“off-label”) di DOAC nello studio clinico.
Le possibili implicazioni per la pratica clinica
Lo studio di Rymer et al. evidenzia la presenza di ampie opportunità di miglioramento nella prescrizione di un dosaggio appropriato dei DOAC nei pazienti con FA, in linea con le indicazioni di FDA ed EMA. La ridotta aderenza ai DOAC prescritti a dosaggio “off-label” potrebbe essere spia di altri fattori. Ad esempio, i pazienti con multiple comorbidità (cardiovascolari e non) e che ricevono poli-farmacoterapie risultano essere più spesso trattati con dosaggi inappropriati di DOAC – probabilmente perché la scelta del dosaggio “migliore” per il paziente risulta complessa, legata a diverse considerazioni, e determina maggiori preoccupazioni (sia in termini di efficacia che di sicurezza). In tale contesto, la prescrizione di dosaggi di DOAC off-label può essere considerata un surrogato di pazienti in cui il curante percepisce un rischio emorragico e una complessità clinica particolarmente elevati, e quindi in parte una conseguenza (e non la causa) degli endpoint osservati.
Secondo Rymer, l’implementazione nella pratica clinica di algoritmi decisionali chiari per la selezione del dosaggio appropriato di DOAC è particolarmente importante, soprattutto nei pazienti con insufficienza renale cronica, perché questi pazienti sono quelli in cui più spesso viene prescritto un dosaggio di DOAC inappropriato per la difficoltà di bilanciare il rischio ischemico ed emorragico. Infatti, i dati dello studio dimostrano come l’utilizzo di dosi inappropriate di DOAC fosse più frequente nei pazienti con insufficienza renale cronica: per ogni riduzione di 10 unità dei valori di clearance della creatinina, la probabilità di ricevere dosi adeguate di DOAC si riduceva di oltre il 20%.
Alla luce delle evidenze disponibili, è necessario quindi che i DOAC vengano prescritti al dosaggio raccomandato da FDA ed EMA nei pazienti con FA, evitando sovra- o sotto-dosaggi inappropriati, così da poter migliorare la loro efficacia e sicurezza nella pratica clinica contemporanea. La forte discordanza che spesso si osserva tra il rischio emorragico percepito dal prescrittore e la prescrizione di dosi appropriate di DOAC crea il razionale e l’opportunità per il possibile utilizzo, nel prossimo futuro, di DOAC con minore potenziale di sanguinamento, come i nuovi inibitori del fattore XI, quali milvexian o asundexian.