Feedback in dettaglio:
Dopo una sindrome coronarica acuta, la DAPT è il trattamento di scelta per la prevenzione della trombosi acuta dello stent e degli eventi ischemici ricorrenti per almeno 12 mesi in assenza di un proibitivo aumento del rischio emorragico. Nel caso in cui un paziente in DAPT dovesse essere sottoposto a un intervento chirurgico non differibile, l’interruzione della DAPT determina un rischio aumentato di trombosi dello stent (come nel caso di Paolo), mentre la sua prosecuzione nel peri-operatorio aumenta il rischio di sanguinamento e la necessità di emotrasfusioni.
Le linee guida della Società Europea di Cardiologia raccomandano una “bridge therapy” con un agente antipiastrinico per via endovenosa (cangrelor o inibitore della glicoproteina IIb/IIIa) se entrambi gli agenti antipiastrinici orali devono essere sospesi nel periodo peri-operatorio, specialmente entro un mese dall’angioplastica coronarica.
L’uso del cangrelor come “bridge therapy” alla sospensione di antagonista recettoriale dell’ADP piastrinico è preferibile e più razionale rispetto agli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa.
Inoltre, il cangrelor ha un’emivita molto breve (3-6 minuti) con rapida ripresa della funzione piastrinica (entro 60 minuti), non richiede modifiche in base alla funzionalità renale e ha una posologia specifica per il bridging identificata in uno studio clinico (0.75 mcg/kg/min senza bolo).
Al contrario, gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa a breve durata d’azione (eptifibatide e tirofiban) hanno un’emivita più lunga e un offset d’azione più lento (4-6 ore), richiedono aggiustamenti del dosaggio in base alla funzionalità renale e sono usati alle dosi indicate per la sindrome coronarica acuta. Inoltre, è noto che gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa sono associati a un aumentato rischio di trombocitopenia, in particolare con l’infusione prolungata.
Diversi studi hanno dimostrato che il bridging con eparina a basso peso molecolare nei pazienti con stent coronarici sottoposti a intervento chirurgico aumenta in maniera significativa il rischio di sanguinamento senza comportare alcun vantaggio sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari maggiori peri-operatori e va quindi sconsigliato.
Bibliografia: