Quello su cui vi invito (se avrete voglia, ovviamente; e anche se avrete tempo, perché ci sono cose assai più importanti da fare di questa, sinceramente, lo so benissimo io e spero lo sappiate ben bene anche voi), quello su cui comunque vi invito a riflettere è questo sito di immagini che potrebbero anche sembrarvi belle o divertenti (vi spiegherò dopo come ci sono arrivato) e che a mio parere dice molte cose di quello che i libri sono e di quello che stiamo facendo quando ne prendiamo uno in mano.
Ecco, se avete guardato il sito con attenzione, magari avrete riconosciuto un’immagine che conservate in casa vostra e vi sarà scappato anche un sorriso. E poi forse avrete cercato una spiegazione, o anche solo un piccolo motivo che andasse oltre le coincidenze (ma non esistono mica, le coincidenze). Non so cosa avete pensato, però se avete voglia di leggere cosa se ne può pensare, allora potete andare a leggere qui, che è poi l’articolo da cui sono partito per arrivare alle copertine che vi ho indotto a guardare. E in questo articolo si parla di «estetica di massa» e si dice per esempio così:
La Feltrinelli di piazza Duomo è una delle librerie più fornite di Milano, e in assoluto il negozio più grande della catena. Ha un’offerta di oltre 70 mila titoli in una superficie di 2.500 metri quadrati e, per l’avventore, essere esposto a una tale quantità di libri può essere un’esperienza quasi mistica, tanto è travolgente. Ah, l’imponente maestosità del sapere umano, penserà qualcuno. Forse, però, c’è dell’altro. A guardarli tutti insieme, quei volumi producono un turbinio di colori iper-saturi, una massa sgargiante di copertine studiate per attirare, singolarmente, l’attenzione più immediata degli acquirenti, ma che, l’una vicina all’altra, creano un effetto disorientante: per una frazione di secondo, ho l’impressione di trovarmi nell’opera di un adolescente sotto acido che ha appena imparato a usare Photoshop.
Quando mi riprendo, do una rapida occhiata alle copertine più in vista. Molte, più della maggior parte, utilizzano fotografie. Il volto di una ragazza dai capelli rossi che guarda fissa in camera; il primo piano di un’altra ragazza, questa volta bionda e circondata da foglie; una giovane donna di spalle si appresta a entrare in un lago; un’altra, sempre di spalle, cammina in un campo di grano; il vento scompiglia i capelli (rossi) di una ragazzina con una giacca autunnale (rossa); due bambine sedute su una panchina; una donna dal cappotto vermiglio; il primissimo piano di un ragazzino pel di carota; un ragazzino che pesca in controluce; una figura femminile a bordo piscina; una donna sott’acqua che tiene in mano un mazzo di rose.
Ecco, insomma, io credo che posiamo esserci tutti insieme fatti un’idea di questi oggetti che chiamiamo libri. E tra l’altro, ve lo confesso, non è nemmeno questo l’articolo più bello a proposito di libri che ho letto in questi giorni sul web. Perché mi pare che il pungente post di Guido Vitiello, nostro bibliopatologo di fiducia, sia in questo senso ancora più eloquente e preciso. E ci dice bene quello che siamo quando facciamo di un libro (che forse dovrebbe essere qualcos’altro) nientemeno che un regalo, offrendolo o accettandolo, un oggetto che passa di mano, un segno del nostro affetto ma anche della nostra aggressività. Il post di Vitiello, che ha un bel finale per latinisti, risponde a questa domanda:
Gentile bibliopatologo,
ogni volta che mi sono affezionata a qualcuno, ogni volta che ho raggiunto un legame più profondo con un amico, ma soprattutto ogni volta che mi sono innamorata, ho sentito il bisogno incontrollabile di regalare un libro. Non uno in particolare né uno qualsiasi, bensì il libro perfetto (secondo me) per quella persona. Qui partiva un’attentissima analisi delle novità, dei classici o delle rarità per accoppiare la persona al volumetto. A volte la ricerca cominciava dalla mia libreria personale, altre volte finivo a passare giornate in librerie immense o nottate su cataloghi online. Considerando che spesso lo sforzo non è stato apprezzato, o addirittura ha condizionato in negativo l’opinione del destinatario, dovrei porre fine a questa romantica abitudine?
Però, insomma, avete ragione anche voi. Mi avete dedicato un po’ del vostro tempo e io vi ho soltanto turbato con letture che parlano di libri come se fossero oggetti colorati o, peggio ancora, terribili cavalli di Troia. Per cui, a mo’ di sentitissime scuse, vi offro un verso vero, anzi no, ve lo offre Antonio Prete; è un verso meraviglioso, da lui meravigliosamente commentato, uno di quei commenti che ci riconciliano con tutto: con il mondo, con i libri in quanto oggetti e in quanto doni, e pure con le foto di copertina saturate in modo irreale per venire incontro alla nostra disattenzione di massa. Lo trovate qui, spero ve lo possiate godere:
Il volo del falco, con la sua libertà e bellezza, invita a sollevare gli occhi verso il cielo : in questo sguardo verso l’oltre, il male di vivere non è abolito, ma compreso in un suo orizzonte d’enigma e di splendente apparenza.