A volte mi capita di pensare che niente possa raccontare un destino collettivo (sociale, o generazionale, o anche solo nazionale, se temete le parole troppo grandi) meglio di un destino privatamente e paradossalmente individuale. In genere, quando mi capita di pensarlo in pubblico, cito subito la mia passione letteraria fiorentina, l’Alighieri, e quel suo incipit così facilmente paradigmatico, «nel mezzo del cammin di nostra vita, / mi ritrovai…», il noi e l’io, l’io e il noi: e così mi sento soddisfatto e posso lasciar serenamente obiettare gli altri.
Oggi invece, senza nemmeno scomodare il padre Dante, ho letto di un sequel (una specie di Purgatorio, visto che l’inizio assomigliava così tanto a un Inferno) che mi ha fatto pensare che sì, che per davvero Christiane F. fu non solo un evento letterario per la generazione di chi come me aveva quindici anni nei primi anni Ottanta, ma fu proprio un paradigma letterario, un destino indiviuale e paradossalmente collettivo (anche per chi, naturalmente, non conobbe mai la tossicodipendenza). Che ci sia stato qualcosa in lei e nella sua storia che diceva nella nostra vita, e del rischio di perderci in una oscurità che era stata appunto la sua, quella di Christiane allo zoo (quasi una selva, appunto: con bestie feroci, infatti) di Berlino.
La recensione che ho trovato di questo libro mi è molto piaciuta. Penso quindi che lo leggerò; penso che potrebbe essere uno strano Purgatorio di una parabola esistenziale che (a giudicare da quel che intuisco) non è destinata ad avere Paradiso [mi raccontò un amico qualche anno fa di avere a lungo frequentato Christiane, quella vera, in Grecia: mi disse qualcosa di banale, forse fu reticente, forse non c’era davvero nulla da aggiungere: tanto che non vi riconobbi il personaggio tragico e simbolico, quell’Antigone disperata straordinaria che mi ero immaginato; ma è il destino dei personaggi letterari, temo…]
In aggiunta, siccome non si scrive solo per chi aveva quindici anni tre decenni fa, ci sono altre due parabole individuali bene più moderne (e anche meno infernali, per fortuna) che mi va di segnalare, sperando che una delle due sia quella che possa contenere in sé un destino in qualche modo collettivo (lo faranno entrambe, se mi chiedete un parare). La prima breve storia è quella del dottore di ricerca Carlo; la seconda quella del neolaureato Alessandro.