luoghi di un assedio
8 Maggio 2020mendicante
13 Maggio 2020L’unica cosa che non ha mai smesso di esistere, che non ha taciuto neanche un giorno, oltre ai tiggì, è stata la pubblicità…
E mentre leggo le parole di Dario Mangano, mi rendo conto che è stata proprio questa una delle forme della quarantena che più mi ha pesato e infastidito, in queste settimane: questa specie di assedio mediatico, questo essere circondato, questa retorica sempre più pervasiva e invadente che non ha più smesso di entrare dentro casa mia, che non mi lasciava solo come avevo immaginato, che mi occupava le stanze e gli armadi, che mi chiudeva le porte alle spalle, la pubblicità, i nuovi luoghi comuni dei buoni sentimenti nei giorni della pandemia.
Ci abbiamo fatto caso tutti: gli spot hanno preso il virus anche loro. Non fanno che parlare del Covid, in maniera più o meno diretta. […] La narrazione è quella del virus, con tutti i suoi temi ma anche con i suoi personaggi tipo (nonni, medici e volontari…) cui ogni volta si associa, spesso in modo quasi invisibile, un prodotto e un marchio. Nell’ordine: la pasta, la carta igienica, la connettività Internet, le automobili, i surgelati e i motori in genere. […] In un mondo che ha visto affievolirsi e annacquarsi ogni genere di spinta ideologica, poi, il Covid è diventato la Grande Narrazione che i mercati aspettavano, con il suo sistema di valori, ma anche con personaggi, storie e immagini cui attingere a piene mani. A cui si aggiunge il vero, enorme potenziale della pandemia: il sentimento comune. Basta una città vuota, una mascherina, una videochiamata per dare la stura a quell’enorme varietà di sentimenti che tutti proviamo in questi giorni: tristezza, speranza, amore, forza, orgoglio e molto altro. Un elenco infinito di affezioni dell’anima, tutte invariabilmente intensissime, pronte a scatenarsi nell’inno che cantiamo a squarciagola al balcone ma anche a essere reindirizzate – così si augurano i brand – per rinsaldare il rapporto fra noi e la nostra pasta, carta igienica, automobile ecc. ecc.
Ecco, sì, ho pensato leggendo queste parole, c’è stato questo slittamento quotidiano, questa idea per cui al mondo che lentamente cambiava corrispondevano immagini luoghi e prodotti che cambiavano il loro modo di affacciarsi sui miei video, dentro casa mia, parlandomi con forza sottile di ciò che potevo o non potevo pensare, che dovevo o non dovevo volere. E quindi è proprio questo articolo (lo trovate qui) di Dario Mangano che sono contento di suggerirvi stamattina: perché a leggere la realtà non sono soltanto giornalisti e letterati, in vario modo, ma anche i pubblicitari, che la usano per raccontarci quello che stiamo per desiderare, che desidereremo, che non avevamo immaginato di dover desiderare. E sono quindi loro che, per tutto questo tempo, sono restati a casa con noi.
Ma se non vi bastasse, se pensaste che non se ne può più, che non possiamo anche occuparci di come la pubblicità entri a casa nostra, mentre già ci siamo chiusi dentro, va bene, ho un’altra possibilità, più bella (secondo me). Me l’ha offerta il poeta Andrea Temporelli che ha parlato di come ogni tanto, dentro casa sua, entri invece la poesia (lo ha scritto qui). Ed è anche un augurio, questo mio, per le nostre case, per casa mia. Mentre lui ha splendidamente scritto così:
Entra nella mia casa come se niente fosse. Mi guarda senza fare domande. Si distende sul divano. Sembra annoiarsi un po’, ma sorride.
Non dice mai niente.
Quando mi sembra il momento mi avvicino, ma lei ha sempre qualcosa da fare in cucina, o in giardino.
Se qualche volta me la ritrovo accanto, la guardo contento, lei pare triste e annoiata, ma sorride per me. È allora che sono sul punto di parlarle, ma lei mi mette un dito sulla bocca, mi ruba le parole e io dimentico tutto.