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27 Maggio 2016il consenso alle mie storie
29 Maggio 2016Ebbe una vita molto lunga, che raggiunse forse il secolo, durante la quale si dedicò allo studio in un modo interdisciplinare e quasi enciclopedico.
Democrito fu un osservatore dei fenomeni naturali, un indagatore degli eventi biologici e fisici che separò completamente da ogni problematica di tipo sociale. Visse in un periodo di profonda crisi e ripensamento politico, in un’Atene dissanguata ed impoverita dalla trentennale guerra del Peloponneso contro Sparta e i suoi alleati. Il ceto aristocratico e conservatore aveva ripreso il sopravvento, appoggiato dagli Spartani e la capacità dell’uomo di trasformare il teatro sociale e naturale sembrava destinata alla sconfitta.
Anassagora, nel suo ottimismo di fondo, aveva immaginato un universo governato da un’entità superiore, un’intelligenza ordinatrice. Nulla di questo fu presente nelle idee di Democrito. La sua visione del mondo era di tipo meccanicistico e razionale. Origine e fondamento di ogni cosa era la materia, dominata solo dai due meccanismi complementari del caso e della necessità.
Il caso, per gli antichi Greci, risultava un’espressione del potere massimo sulle cose. Costituiva un elemento di angoscia e di terrore profondi. Nell’universo mitologico dovette essere immaginata una divinità che gli facesse da contraltare, la quale prese il nome di necessità (Ananche). La necessità aveva un potere superiore a quello degli dei, serviva a contrastare il caso, a circoscrivere il suo effetto di disordine, ansia ed insicurezza sulla vita degli uomini. L’Ananche era un fattore di controllo dell’angoscia esistenziale, che permetteva di dare un senso alla vita del singolo individuo, facendo entrare la precarietà di cui ogni persona aveva esperienza in un più ampio schema di cose.
Nella tragedia greca il caso divenne addirittura connesso al concetto di colpa, di peccato e di deviazione da un retto comportamento. Questa colpa richiedeva una punizione ed un ristabilimento dell’ordine, che rassicurava l’individuo sul proprio ruolo.
Ne costituiva un esempio la vicenda di Oreste, cioè dell’Oresteia di Eschilo, in cui assolveva il compito terribile di vendicare l’uccisione del padre Agamennone da parte della madre Clitemnestra e dell’amante di lei Egisto.
Il mondo di Democrito nasceva come frutto dell’aggregazione casuale di atomi, che percorrevano traiettorie inconoscibili fino al loro scontro casuale. L’insieme di innumerevoli urti atomici generava la realtà come la percepiamo. Anche la visione era frutto dell’interazione degli organi di senso con gli atomi. Ne derivava una concezione estremamente soggettiva della conoscenza, limitata dall’individualità e dalla irripetibilità di ogni atto di apprendimento, perché gli atomi interagivano ogni istante e in modo diverso con le persone.
Si trattò di una visione estremamente pessimistica del mondo, con l’abbandono del tentativo di dare una sistematicità e una riproducibilità alle conoscenze apprese, proprio nel momento in cui Democrito affermava di aver trovato un elemento unificante della realtà come l’atomo.