First Masterclass in Acute Cardiovascular Care
5 Gennaio 2017Troponina T ad alta sensilibilità e mortalità dopo PCI elettiva
10 Gennaio 2017Il signor Valéry era piccoletto, ma faceva molti salti.
Spiegava: «Sono uguale alle persone alte, solo che per meno tempo».
Ma sentiva di non aver affatto risolto il problema. In seguito il signor Valéry fece questo pensiero: se anche le persone alte avessero cominciato a saltare, lui non le avrebbe mai raggiunte in altezza. E un tale pensiero un po’ lo avvilì. Tuttavia fu più per la stanchezza fisica che per questa ragione che il Signor Valéry, un giorno, abbandonò i salti. Definitivamente.
Qualche tempo dopo, uscì per strada con uno sgabello.
Ci si metteva sopra e rimaneva lassù, fermo, a guardare.
«In questo modo sono uguale alle persone alte per molto tempo. Però immobile.»
Ma non si riusciva a convincere.
«È come se le persone alte stessero con i piedi sopra uno sgabello e anche così riuscissero a muoversi» mormorò il signor Valéry, pieno d’invidia, quando ormai ritornava a casa, deluso, con lo sgabello sottobraccio.
[…]
Pensò poi di congelare un salto. Come se fosse possibile sospendere la forza di gravità, solo per un’ora (non chiedeva di più), durante i suoi tragitti per la città.
[…]
Ma nessuna di queste idee era comoda o possibile, e per questo il signor Valéry decise di essere alto mentalmente.
Adesso, quando incrociava le persone per strada, si concentrava e le guardava come se le vedesse da un punto venti centimetri più in alto. Concentrandosi, il signor Valéry riusciva perfino a vedere l’immagine della cima dei capelli di persone che erano ben più alte di lui.
Il signor Valéry non si ricordò mai più delle ipotesi dello sgabello o dei saltelli, considerandole adesso, a una certa distanza, ridicole. Però, concentrato in tal modo su questa visione, come dall’alto, aveva difficoltà a ricordarsi della faccia delle persone che incrociava. In conclusione, trovando l’altezza, il signor Valéry aveva perso degli amici.
Era da molto tempo, chissà come mai, che non incrociavo la penna leggera e corrosiva di Gonҫalo Tavares. Eppure lo straordinario incipit del suo romanzo di una decina di anni fa (quello che vi ho appena riportato), così abile nel mettere gioiosamente a nudo la violenta inutilità delle ambizioni umane e degli strumenti di cui esse si nutrono (polverizzando noi), mi era sempre rimasto nella mente come uno degli apologhi più folgoranti in cui mi fossi imbattuto in questa soporifera contemporaneità letteraria…
Pertanto è stata una bella sorpresa, oggi, trovare una sua intervista sul web, insieme alla notizia di un suo nuovo libro che sta per essere pubblicato in Italia, che parla di lavoro e disoccupazione e di cui si dicono cose interessanti. E l’intervista ci ripropone di nuovo una figura di intellettuale totalmente sui generis, quasi comica, alternativa a tutto quello che ci viene più spontaneo pensare quando parliamo di libri. Ve la lascio volentieri, sperando di aver guadagnato a Tavares almeno un nuovo lettore, chi lo sa. Anche perché è bello che ci siano (anche) scrittori che dicono questo tipo di cose, per esempio:
Mi piace pensare allo scrittore come a un personaggio strabico, un personaggio di un libro di Kurt Tucholsky talmente strabico che il mercoledì riusciva a guardare allo stesso tempo le due domeniche. Credo che lo scrittore debba essere un po’ questo, un personaggio strabico, che il mercoledì guarda sia la domenica passata, ovvero la storia della letteratura, sia la domenica successiva, l’offenen Tür, quello che voglio fare. Ha pertanto due occhi: uno che guarda la domenica passata e l’altro quella seguente, ma è sempre con i piedi piantati nel mercoledì, ossia con i piedi nella realtà, nell’attualità.
1 Comment
Almeno una lettrice ci sarà. Mi ha convinta (come sempre): buoni sguardi sul 2017.