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18 Settembre 2018A cura di Carmelo La Greca
O’Brien EC, Holmes DN, Thomas LE, Fonarow GC, Allen LA, Gersh BJ, Kowey PR, Singer DE, Ezekowitz MD, Naccarelli GV, Ansell JE, Chan PS, Mahaffey KW, Go SA, Freeman JV, Reiffel JA, Peterson ED, Piccini JP, Hylek EM. Circulation. 2018;138:889–897.
La paura dei sanguinamenti, fondata o meno, è una delle cause principali del mancato inizio o dell’interruzione della terapia anticoagulante (OAC) nei pazienti con fibrillazione atriale.1,2 I sanguinamenti minori, ben più comuni dei sanguinamenti maggiori, possono essere considerati come indicatori di questo rischio di sanguinamento e, come tali, influenzare scelte riguardo l’interruzione dell’anticoagulazione, soprattutto in pazienti anziani.3
Una recente analisi basata sul registro ORBIT-AF ha valutato il valore prognostico dei sanguinamenti minori, classificati secondo ISTH in Nuisance Bleeding (NB) e Clinically Relevant Non Major Bleeding (CRNM).
Nello specifico, sono stati analizzati i dati di 6771 pazienti, valutando la correlazione fra l’evento sanguinamento minore (NB e CRNM) e il rischio di sanguinamenti maggiori e stroke/SSE nei sei mesi successivi. In più, è stato fatto compilare un questionario ACTS per valutare la soddisfazione del trattamento anticoagulante, indagando come il NB può influire sulla propria percezione della OAC.
Come ci si attendeva, i sanguinamenti minori sono risultati comuni: il 20% dei pazienti (1357) ha fatto esperienza di NB e il 26.3% (1828) ha avuto uno fra NB e CRNM. Ciononostante, questi sanguinamenti hanno influito poco sulla terapia: nel 96.4% dei casi dopo NB non è stata interrotta la terapia anticoagulante.
Dopo aggiustamento per ATRIA bleeding score, non è stata dimostrata associazione fra NB e rischio di sanguinamenti maggiori nei sei mesi successivi (OR 1.04; 95% CI, 0.68-1.60; p=0.86); né, dopo aggiustamento per CHA2DS2VASc, è stata dimostrata una correlazione con stroke/SSE (OR 1.24; 95% CI, 0.53-2.91; p=0.62). Analogamente, non è stata dimostrata correlazione fra l’associazione di NB e CRNM e il rischio di sanguinamenti maggiori (OR 1.29; 95% CI, 0.91-1.81; p=0.15), così come non è stata dimostrata correlazione fra l’associazione NB e CRNM e il rischio di stroke/SSE (OR 1.52, 95% CI, 0.77-3.01; p=0.23).
Il verificarsi di NB non ha influito sul risultato del questionario ACTS, dimostrando di non avere importanza sulla percezione della terapia anticoagulante da parte del paziente.
Conclusioni
I sanguinamenti minori sono comuni fra i pazienti anticoagulati e possono portare all’interruzione della terapia anticoagulante, pur se in una minoranza dei casi. Tuttavia i dati di questo lavoro sembrano dimostrare che i sanguinamenti minori non sono associati a un maggiore rischio di sanguinamenti maggiori e stroke/SSE e non influiscono sulla percezione della terapia da parte del paziente. Pertanto non dovrebbero portare a cambiamenti nella strategia anticoagulante, se non, eventualmente, a una maggiore attenzione ai fattori di rischio modificabili.
Bibliografia
- O’Brien EC, Simon DN, Allen LA, Singer DE, Fonarow GC, Kowey PR, Thomas LE, Ezekowitz MD, Mahaffey KW, Chang P, Piccini JP, Peterson ED. Reasons for warfarin discontinuation in the Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF). Am Heart J. 2014;168:487–494.
- Gumbinger C, Holstein T, Stock C, Rizos T, Horstmann S, Veltkamp R. Reasons underlying non-adherence to and discontinuation of anticoagulation in secondary stroke prevention among patients with atrial fibrillation. Eur Neurol. 2015;73:184–191.
- Altman R, Rivas AJ, Gonzalez CD. Bleeding tendency in dual antiplatelet therapy with aspirin/clopidogrel: rescue of the template bleeding time in a single-center prospective study. Thromb J. 2012;10:3. doi: 10.1186/1477-9560-10-3.