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culture nazionali

Semplicemente vi chiedo: cosa possono avere in comune, secondo voi, Il ponte sulla Drina di Ivo Andrić e Il buio oltre la siepe di Harper Lee? E cosa invece Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez con Il fondamentalista riluttante di Mohsin Hamid? E cosa ancora tiene insieme (questa sembra davvero la più difficile) Guerra e pace di Tolstoj e Il diario di Anna Frank? E infine (e soprattutto) cos’hanno in comune tutti questi romanzi (e altri ancora che non ho nominato, perché magari nemmeno li conosco) con I promessi sposi di Alessandro Manzoni?

 

La risposta c’è, non è banale e la trovate qui.

 

In sostanza, si tratta dei libri che nelle varie scuole delle varie nazioni del mondo si fanno leggere agli studenti, come letture imprescindibili, perché in qualche modo sono veicolo di una cultura nazionale, o forse di una retorica nazionale (in tal caso Manzoni sarebbe stato scelto davvero male, sinceramente, perché è davvero il più antiretorico tra i romanzieri moderni che io conosco… Ed è così antiretorico che risulta difficilissimo spiegarlo ai ragazzi giovanissimi e risulta infatti molto difficile, per loro, apprezzarlo). Ma è un elenco davvero istruttivo, per quello che ci dice di noi, del nostro modo di guardare alla cultura, e degli altri, che ci circondano.

 

Lo lascio pertanto alla vostra riflessione, aggiungendo un solo brevissimo appunto: l’antiretorica di Manzoni si nutre, oltre che della sua misantropica agorafobia, del rispetto quasi maniacale delle verità della storia, anche le più minuscole, indagate e riportate con un rigore spesso incomprensibile per i nostri studenti (e non soltanto per loro…). E questo attaccamento alle verità documentali è davvero una grande risorsa di quel romanzo, e uno dei suoi principali moniti, nonché uno dei motivi che rendono assai difficile, a mio parere, rinunciarvi oggi, in favore di qualcos’altro. E il bel post pubblicato oggi sul blog di Mazzetta, a proposito delle false verità di un Michele Serra qualsiasi, ne è un’ulteriore prova.

Davide Profumo
Davide Profumo
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5 Comments

  1. .mau. ha detto:

    Io pensavo (magari sbagliandomi) che Manzoni lo si leggesse perché archetipo dell’italiano moderno, come Dante si legge perché archetipo dell’italiano (lo si dovrebbe anche leggere per capire il Medioevo, ma escluso il tenutario non so quanti lo facciano). Non è così?

    • Davide Profumo ha detto:

      Io spero che non sia così… Perché per anni l’ho letto in tutt’altra chiave e avrei fatto un bel pasticcio didattico 😉
      (Senz’altro, a parte le battute, conta molto il fattore linguistico, che è peculiarità tutta italiana. Ma non solo quello, senza dubbio: Manzoni è quasi un nodo culturale, tra illuminismo, romanticismo e cattolicesimo, che costituisce la radice migliore e la spina dorsale della cultura nazionale; questo, almeno, è il discorso che provo a farmi e a fare io, in classe.)

      • .mau. ha detto:

        (premesso che la buonanima del don Bianco tutte queste cose non me le ha certo spiegate) Il cattolicesimo occhei, e sicuramente costituisce la spina dorsale della cultura nazionale almeno fino al secondo dopoguerra; l’illuminismo occhei, almeno per gli inizi della vita di don Lisander, e anche quello ce lo siamo cuccati; ma il romanticismo? Che la cultura nazionale sia intrisa di romanticismo ce lo diceva sempre l’altra buonanima del don Bellone al triennio :-), ma non riesco a vederlo nei Promessi sposi.

        • Davide Profumo ha detto:

          Il romanticismo in Manzoni (parere mio) si esprime essenzialmente nel suo patriottismo. Il quale è componente che nel romanzo non può essere sottovalutata (anche se a me spesso viene la tentazione).

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