Stent a rilascio di farmaco: la panacea della cardiologia interventistica?
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25 Luglio 2006Confronto tra angioplastica primaria e angioplastica facilitata: lo studio assent-4 PCI
Maurizio Del Pinto
Struttura Complessa Di Cardiologia Azienda Ospedaliera Di Perugia
Lo studio ASSENT-4 PCI (1) ha fatto molto parlare di se’ prima ancora della sua pubblicazione. Lo stesso accade nel mondo dell’economia con i cosiddetti “rumors” …le voci cioè che si diffondono su una certa operazione finanziaria prima ancora della sua presentazione agli operatori di borsa. Dati preliminari sono stati presentati all’ESC nel settembre 2005 e all’AHA nel novembre 2005. Finalmente la pubblicazione su Lancet di febbraio. Lo studio aveva come obiettivo il confronto nei pazienti con STEMI tra angioplastica primaria ed angioplastica facilitata programmata con piena dose di tenecteplase (TNK). Tale duplice strategia di riperfusione coronarica è stata considerata per chiarire, in un’ottica di trattamento che tenesse presenti le varie realtà territoriali – mancata disponibilità di laboratori di emodinamica in tutti gli ospedali, ottimizzazione del trasferimento del pz con STEMI da un ospedale di comunità verso un centro terziario dotato di Cath Lab (emodinamica interventistica) – quale sia la migliore terapia dell’infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) nell’ospedale di comunità o in altro ospedale quando non sia eseguibile una PTCA primaria in tempi rapidi. Sappiamo infatti come l’angioplastica primaria (PTCA primaria) sia il trattamento migliore se eseguibile in tempi coronarici adeguati (entro 90 minuti dalla presentazione in ospedale o entro 60 minuti dal momento in cui sia possibile eseguire una fibrinolisi). Tali tempi sono quelli raccomandati dalle linee guida dell’ESC e AHA/ACC. Sappiamo altresì come difficilmente e nella gran parte dei pz con STEMI (> il 50%) sia possibile eseguire una PTCA primaria entro 90 minuti se il pz si presenta in un ospedale di comunità non dotato di Cath Lab e necessiti perciò di trasferimento presso un centro terziario. Dai dati del NRMI (National Registry of Myocardial Infarction) (2) il ritardo medio tra la presentazione in un ospedale territoriale e l’inflazione del pallone in coronaria, dopo trasferimento al centro terziario, è di circa 180 minuti. Dunque lo studio ASSENT-4 PCI aveva l’intento di chiarire la migliore strategia di riperfusione coronarica tenendo presenti le difficoltà logistiche della realtà. Per fare questo aveva programmato l’arruolamento di 4000 pz con STEMI entro 6 ore dall’inizio dei sintomi, 2000 nel braccio PTCA primaria e 2000 nel braccio PTCA facilitata con dose piena di TNK, quando l’esecuzione della PTCA primaria non fosse eseguibile entro 60 minuti dalla presentazione (angioplastica programmata prima della facilitazione e lasciata a discrezione degli investigatori dopo l’angiografia preliminare). I centri scelti per l’arruolamento comprendevano: 1) ospedali di comunità, 2) ambulanze attrezzate per la fibrinolisi pre-ospedaliera, 3) ospedali di terzo livello con Cath Lab. L’end point primario dello studio era un end point combinato di morte, insufficienza cardiaca congestizia o shock cardiogeno a 90 giorni dall’arruolamento e dunque dal trattamento riperfusivo assegnato alla randomizzazione. Lo studio è stato precocemente interrotto dal DSMB (Data Safety Monitoring Board) dopo l’arruolamento di 1623 pazienti (40% del campione previsto originariamente) per eccesso di mortalità a 30 giorni: gruppo TNK+PCI 6% (50 pz deceduti/ su 828) vs 3,8% (32 pz deceduti / su 835) p=0.04. L’endpoint primario e’ stato raggiunto nel 19% dei pazienti assegnati alla PCI facilitata e nel 13% dei pazienti trattati con angioplastica primaria (RR1.39, 95% CI 1.11-1.74; p= 0.0045). Il beneficio del trattamento con PCI primaria e’ in realta’
condensato nelle prime fasi dopo la riperfusione coronarica. Se andiamo ad analizzare a 90 giorni la componente morte dell’end point principale, motivo per cui è stato interrotto lo studio, vediamo che non c’è differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (55/823 morti nel gruppo TNK-PCI versus 41/831 nel gruppo PCI; p = 0.14).
Analogamente, considerando che l’analisi statistica conclusiva è stata necessariamente condotta su di un campione sottodimensionato rispetto a quanto previsto data l’interruzione precoce dello studio, analizzando gli altri componenti dell’end point principale a 90 giorni non si evidenziano differenze significative tra le due strategie di trattamento: morte (PTCA facilitata vs PTCA primaria) 7% vs 5% (p = 0,1412), insufficienza cardiaca congestizia 12% vs 9% (p = 0,06%), shock 6% vs 5% (p = 0,1933).
Discussione dei risultati
Non è ragionevole discutere di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato data l’interruzione dello anticipata dello studio. Possiamo però cercare di capire meglio quanto sia accaduto. Innanzi tutto lo studio dovendo esplorare una strategia di trattamento che prevedeva l’esecuzione di una angioplastica primaria “ritardata”, eseguita cioè oltre i 60 minuti (dal momento in cui eseguibile una terapia fibrinolitica) raccomandati dalle linee guida ha comunque arruolato pazienti in centri dotati di emodinamica on site. Nella realtà clinica nessuno pensa di eseguire terapia fibrinolitica sistematica se nel proprio centro è presente un cath lab! Ma esaminiamo i pazienti arruolati nello studio ASSENT 4 PCI: dei 1667 pazienti arruolati 334 (20%) sono stati randomizzati e trattati in ambulanza (setting preospedaliero), 578 (35%) sono stati randomizzati, trattati e quindi trasferiti da un ospedale di comunità senza emodinamica, e 749 (45%) sono stati randomizzati e trattati in un centro terziario con cath lab. La mortalità a 90 giorni rispettiva nei tre diversi setting di trattamento è stata:
1.Centro Hub con emodinamica on site: 8,5% con TNK+ PCI versus 5,2% con PPCI
2.Centro spoke senza emodinamica: 5,3% con TNK+PCI versus 4,8% con PPCI dopo trasferimento
3.Ambulanza: 3,1% con TNK+PCI versus 4,1% con PPCI dopo trasferimento.
Dunque la peggior performance sembrerebbe essere stata ottenuta nei centri di terzo livello con emodinamica on site dove è ragionevole supporre che il tempo della coronarografia e conseguente angioplastica dopo TNK sia stato più breve che negli altri due gruppi, e dunque ci si sia trovati ad operare in un milieu protrombotico che abbia determinato il peggior outcome dei pazienti randomizzati al trattamento TNK+PCI. Curiosamente, ma non tanto poi, questa osservazione concorda con il fatto che il flusso TIMI 3 pre-PCI sia stato del 33% nei centri con cath Lab vs il 43% e 55% dei pazienti trattati rispettivamente negli ospedali di comunità ed in ambulanza. In complesso una patency TIMI 3 era significativamente più presente nel gruppo trattato con TNK prima della PCI .
Analoga tendenza tra i diversi tipi di centri che hanno arruolato è presente per i tempi di presentazione dall’insorgenza del dolore: nei centri PCI il tempo dal dolore alla randomizzazione è stato di 160 minuti, mentre tale tempo è risultato di 135 e 105 minuti rispettivamente nei centri senza Cath Lab ed in Ambulanza. Al contrario nei centri con Cath Lab più breve è risultato il tempo tra la somministrazione di TNK e il primo gonfiaggio del balloon: 85 minuti versus 130 minuti e 90 minuti nei pazienti trasferiti. Questa disamina per dire come il tempo influenzi non solo il trattamento e l’outcome del paziente ma anche l’evolversi della trombosi coronarica e la sua interrelazione con la terapia trombolitica, antitrombotica e antiaggregante ed interventistica. Complessivamente dunque il dato riguardante la mortalità nei due tipi di trattamento sembrerebbe essere determinato dal gruppo di pazienti (45% del totale) arruolato in centri con emodinamica.
L’analisi dei dati sui pazienti arruolati dimostra che una strategia di trattamento con TNK seguito da angioplastica programmata entro 1-3 ore non sia raccomandabile ed anzi potenzialmente deleteria per l’evento morte. Tale asserzione risulta anche ad una analisi attraverso vari sottogruppi di pazienti.
Se però analizziamo il gruppo dei pazienti arruolato in Europa, dove esistono profonde differenze nell’organizzazione del trasporto interospedaliero dei pazienti con STEMI rispetto agli Stati Uniti, dove è molto lento (dati del NRMI), possiamo arguire che sia necessario comprendere meglio quale risulti la migliore strategia di trattamento dei pazienti con STEMI che si presentano in centri senza Cath Lab on site. Probabilmente lo studio ASSENT 4 non è stato disegnato in modo ottimale. Se si doveva confrontare una strategia di fibrinolisi e trasporto da un centro spoke presso un centro hub versus una strategia di trasporto semplice non si sarebbero dovuti arruolare pazienti nei centri terziari con emodinamica. I risultati di questo studio complicano le cose, ma le cose spesso sono complicate in sé, e se guardiamo bene dentro le complicazioni possiamo capir meglio.
Molte considerazioni sono state fatte sui dati dello studio ASSENT 4-PCI: lo sbilanciamento dei due gruppi, l’uso di terapia antitrombotica con eparina non frazionata (solo bolo di 60 UI/kg max 4000 UI nel gruppo TNK-PCI vs bolo 70 UI/kg max 5000 UI nel gruppo PCI senza infusione), il fatto che un outcome peggiore nel gruppo TNK-PCI si sia avuto solo in coloro che sono stati trattati con impianto di STENT durante PCI.
Ancora non sappiamo con certezza quale strategia adottare per i pazienti con STEMI che si presentano presso un centro senza Cath Lab, specialmente quando si presentino entro 3 ore dall’insorgenza dei sintomi. Ricordiamo le considerazioni svolte a margine delle linee guida ACC/AHA per lo STEMI:
1.dai dati di letteratura esistenti non è possibile concludere che un particolare approccio riperfusivo sia superiore per tutti i pazienti nei diversi setting di presentazione a tutte le ore del giorno
2.il punto cruciale risiede nello stabilire il tipo di riperfusione migliore ed il timing per la riperfusione per il tipo di paziente con STEMI, più che la scelta definitiva di una determinata terapia riperfusiva per tutti.
Questo studio ha fatto notare molte cose ma soprattutto ha fatto capire che il tempo di presentazione dall’insorgenza dei sintomi ed il luogo di presentazione sono fattori determinanti e che qualsiasi strategia riperfusiva si voglia perseguire è importante il tempo di erogazione della stessa. E queste sono cose già note. Di nuovo emerge che probabilmente effettuare una PTCA di routine dopo fibrinolisi efficace, nelle prime due-tre ore, in assenza di mancati segni di riperfusione e quindi di indicazione ad una PCI rescue non sia raccomandabile dato il complesso contesto protrombotico che segue ad una terapia farmacologica con fibrinolisi. Altre modalità di facilitazione dell’angioplastica primaria sono in corso di verifica nello studio FINESSE (3), vedremo se impareremo ancora qualcosa di nuovo.
BIBLIOGRAFIA
1.Primary versus tenecteplase-facilitated percoutaneous coronary intervention in patients with ST-segment elevation acute myocardial (ASSENT-4 PCI): randomised trial. Lancet 2006;367:569-578
2.Nallamothu BK, et al. Time to treatment in transfer patient undergoing primary percutaneous coronary intervention in the United States, NRMI 3/4 analysys. Circulation 2005;111.761
3.Ellis SG, Armstrong P et al. Facilitated percutaneous coronary intervention versus primary coronary percutaneous intervention: design and rationale of the Facilitated Intervention with Enhanced Reperfusion Speed to Stop Events (FINESSE) trial. Am Heart J 2004; 147:E16