Clopidogrel e inibitori di pompa protonica: la storia continua
M.Lettino
Fondazione IRCCS Policlinico S.Matteo, Pavia, Italy
Avevamo gia’ parlato di questo argomento nel febbraio u.s., quando erano comparse le prime evidenze su una possibile interazione sfavorevole fra clopidogrel e alcuni inibitori di pompa protonica (PPI). In quella occasione erano stati commentati i risultati del primo studio osservazionale retrospettivo che aveva considerato una popolazione in doppia antiaggregazione dopo una sindrome coronarica acuta e messo in relazione l’incremento degli eventi cardiaci maggiori al follow up con l’impiego concomitante di PPI . Ricordo peraltro che la plausibilita’ biologica di tale interazione nasceva dalla considerazione che il clopidogrel e’ un pro-farmaco, che richiede la trasformazione nel metabolita attivo attraverso una serie di passaggi mediati dal citocromo P450 e in particolare dell’isoenzima CYP 2C19, peraltro implicato anche nel metabolismo di omeprazolo, esomeprazolo e lansoprazolo.
Gli Inibitori di pompa protonica.
Vedendo il problema da un punto di vista gastro-enterologico va ricordato che la pompa acida gastrica e’ una ATPasi presente, a riposo, nelle membrane citoplasmatiche delle cellule parietali della mucosa. Dopo stimolazione e attivazione la pompa migra nella membrana canalicolare, superficializzandosi ed esteriorizzandosi sulla cellula, e veicola ioni H+ nello spazio canalicolare in cambio di ioni potassio. La secrezione acida delle cellule parietali e’ stimolata dal cibo e dal sistema neuroendocrino che a sua volta si esprime attraverso l’increzione di gastrina, istamina e acetilcolina. Ci sono pertanto diversi punti target della secrezione acida su cui si puo’ agire farmacologicamente: i farmaci antimuscarinici e gli anti H2 agiscono sulla stimolazione alla secrezione acida mediata rispettivamente dall’acetilcolina e dall’istamina. Gli inibitori di pompa, intervenendo sull’ATPasi direttamente, e quindi sulla struttura proteica che produce acidita’, sono quelli dotati della massima efficacia
L’omeprazolo e’ il primo PPI introdotto nella sperimentazione scientifica e nella pratica clinica; nello sviluppo successivo sono seguiti a breve il lansoprazolo, il pantoprazolo, il rabeprazolo e altri ancora (FIG.1). I PPI vengono assorbiti e rilasciati in sede di membrana parietale: attraversano in tal modo la membrana cellulare e si ritrovano nell’unico spazio intracellulare dell’organismo a pH altamente acido, accumulandosi nel canalicolo secretorio della cellula stessa. Si legano quindi alla pompa H+-K+, dove subiscono ulteriori trasformazioni, fino a raggiungere la forma attiva e formare legami covalenti con la pompa stessa attraverso la costituzione di ponti sulfidrilici (1).
Le ultime linee guida americane per la prevenzione dell’ulcera peptica da antinfiammatori e delle sue complicanze segnalano che circa il 25% degli utilizzatori cronici di FANS sviluppano un’ulcera peptica e che il 2-4% evolvono verso le complicanze come il sanguinamento o, piu’ raramente, la perforazione. I fattori di rischio per sanguinamento gastro-intestinale nei pazienti che assumono antinfiammatori non steroidei includono un pregresso episodio emorragico, l’eta’, l’uso concomitante di anticoagulanti o di corticosteroidi, l’associazione di piu’ FANS, le malattie debilitanti croniche e, tra esse, le patologie cardiovascolari. Anche l’aspirina a basse dosi e’ associata ad un rischio ben definito di complicanze emorragiche prevalentemente gastriche(2) (FIG. 2, 3)
L’aspirina determina una riduzione della sintesi di prostaglandine attraverso l’inibizione selettiva e irreversibile della COX 1. Le prostaglandine generano abitualmente un buon flusso ematico verso lo stomaco, che stimola da parte della mucosa la sintesi e la secrezione di muco e di bicarbonato, cosi’ come sollecita la proliferazione endoteliale. L’inibizione della sintesi di prostaglandine determina pertanto una variazione sfavorevole dell’ambiente gastrico che conduce piu’ facilmente allo sviluppo di ulcera peptica e, in sua presenza, alla possibilita’ di sanguinamento. D’altra parte una conservata aggregazione piastrinica in generale gioca un ruolo chiave nei processi di cicatrizzazione delle lesioni ulcerative: le piastrine normofunzionanti rilasciano infatti fattori di crescita che stimolano la neoangiogenesi del tessuto in riparazione e ne favoriscono la guarigione. La somministrazione di clopidogrel, soprattutto se associato ad ASA, interferisce con questo processo tanto piu’ quanto maggiore e’ la soppressione della funzione piastrinica e del ruolo eutrofico svolto dalle piastrine nei confronti di una lesione ulcerativa preesistente. Un documento di consenso redatto nel 2008 in associazione tra le societa’ gastro-enetrologiche americane e l’American Heart Association, tenuto conto dell’elevata probabilita’ che la doppia antiaggregazione induca un significativo incremento del sanguinamento da ulcera peptica, finiva per dare un’indicazione piuttosto estensiva all’impiego dei PPI, considerando il rischio emorragico della somministrazione contemporanea di ASA + clopidogrel paragonabile a quello di un antiaggregante + un anticoagulante o a quello dei pazienti che hanno una storia clinica di pregresso sanguinamento dal tratto gastro-enterico superiore (3).
Gli studi clinici.
Lo studio OCLA (Omeprazol Clopidogrel Aspirin) e’ stato uno dei primi che ha esplorato l’influenza dell’omeprazolo sulla funzione antiaggregante del clopidogrel mediante una metodica di laboratorio che misura la reattivita’ piastrinica all’inibizione del recettore per l’ADP P2Y12 (4). Lo studio prospettico, randomizzato e in doppio cieco ha arruolato 124 pazienti consecutivi candidati in elezione ad angioplastica coronarica con impianto di stent, assegnati all’assunzione di omeprazolo o di placebo. L’effetto farmacologico del clopidogrel e’ stato verificato al basale e in 7^ giornata attraverso la determinazione dell’indice di reattivita’ piastrinica, a sua volta correlato al livello di fosforilazione di una proteina intracitoplasmatica (VASP o vasodilator-stimulated phosphoprotein) che aumenta quando l’ADP puo’ interagire con il proprio recettore specifico e si riduce quando il clopidogrel e’ attivo. L’indice di reattivita’ piastrinica (VASP index) e’ inversamente proporzionale all’effetto antiaggregante di clopidogrel: maggiore e’ tale indice e maggiore e’ la probabilita’ che si sviluppi trombosi nel vaso coronarico. Lo studio ha documentato un indice di reattivita’ piastrinica basale sovrapponibile nei due gruppi di pazienti e la permanenza di un indice piu’ elevato nei pazienti trattati con omeprazolo rispetto al placebo.
Lo studio PACA, piu’ recente, ha valutato prospetticamente l’influenza di due diversi PPI sulla reattivita’ piastrinica di pazienti sottoposti a stenting di una coronaria per sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento di ST, trattati con ASA e clopidogrel ad alte dosi (150 mg/die). L’ipotesi era stata quella di escludere un effetto di classe, bensi’ di collegare l’effetto inibitorio dell’omeprazolo alla propria attivazione da parte del CYP 2C19, analogamente a quanto avviene per il clopidogrel e diversamente da quanto avviene per il pantoprazolo. Nello studio sono stati inclusi 104 pazienti randomizzati a omeprazolo 20 mg o a pantoprazolo 20 mg, anch’essi sottoposti alla valutazione della funzione piastrinica mediante VASP index, che e’ risultato significativamente piu’ elevato con omeprazolo dopo un mese di terapia (5).
Nel corso del 2009 sono stati pubblicati anche alcuni studi retrospettivi osservazionali, come l’ampio registro retrospettivo canadese (7), di cui si e’ gia’ parlato nel precedente FOCUS ON, nel quale e’ stato evidenziato che i pazienti che assumevano clopidogrel e PPI dopo un infarto miocardico avevano una aumentata incidenza di reinfarto, rispetto a coloro che non facevano uso dei PPI, confermando che solo il pantoprazolo non sembrava associarsi ad un aumento delle recidive ischemiche. E’ stato successivamente pubblicato su JAMA un altro studio retrospettivo osservazionale, che ha esaminato una popolazione di circa 8000 pazienti dimessi in terapia con clopidogrel dai Veterans’Hospital, dei quali circa 5000 in terapia con PPI, e in particolare con omeprazolo. Di essi e’ stata valutata la morte e la riospedalizzazione per SCA al follow up e l’incidenza degli eventi e’ stata correlata con l’assunzione degli inibitori di pompa. Rispetto ai soggetti dimessi con la sola terapia antiaggregante, i pazienti in terapia con PPI hanno manifestato un rischio significativamente piu’ elevato di recidive ischemiche, costituite prevalentemente da nuove riospedalizzazioni o dalla necessita’ di una seconda rivascolarizzazione (8). L’ultimo studio retrospettivo e’ comparso su Circulation nel dicembre 2009. Lo studio e’ stato condotto in tre regioni nordamericane, di cui due statunitensi e una canadese, e ha incluso pazienti di eta’ 65 anni, che non avevano mai assunto clopidogrel in precedenza, considerando gli eventi inclusi nell’endpoint composito di infarto miocardico o morte solo dopo la 7^ giornata dalla dimissione. Gli eventi sono stati valutati retrospettivamente nella coorte di coloro che assumevano un PPI e confrontati con la coorte di pazienti che assumevano solo la doppia antiaggregazione, rilevando anche in questo caso un incremento del rischio nei primi, che non risultava comunque superiore al 20% (9).
L’unico studio randomizzato, che abbia prospetticamente esplorato la possibile interferenza tra omeprazolo e clopidogrel e’ stato lo studio COGENT, promosso da un’azienda (Cogentus Pharmaceuticals di Palo Alto, CA) produttrice di una preparazione commerciale contenente in un’unica compressa entrambi i farmaci. I pazienti sono stati randomizzati all’assunzione del preparato clopidogrel + omeprazolo o all’assunzione del solo clopidogrel. Lo studio e’ stato interrotto prematuramente per il fallimento dello sponsor, dopo aver arruolato circa ¾ dei pazienti previsti, con un follow up medio di 133 gg. I risultati, presentati al TCT di settembre 2009, non hanno documentato una diversa incidenza di morte cardiovascolare, infarto non fatale, stroke, o necessita’ di CABG / PCI tra i due gruppi, con totale sovrapposizione delle curve anche quando veniva considerata solo l’associazione di infarto e necessita’ di rivascolarizzazione percutanea o chirurgica. Come facilmente presumibile i sanguinamenti del tratto gastro-enterico sono stati significativamente maggiori nei pazienti non trattati con omeprazolo.
Limitazioni degli studi e prospettive. Come gia’ segnalato in precedenza gli studi fin qui citati hanno alcune evidenti limitazioni. Quelli meccanicistici che hanno utilizzato le metodiche di laboratorio per stimare la risposta piastrinica al clopidogrel hanno arruolato un numero limitato di pazienti nei quali non e’ possibile correlare i risultati ottenuti con gli eventi cardiovascolari maggiori. Gli studi osservazionali di coorte sono stati tutti retrospettivi e hanno confrontato a posteriori due popolazioni che possono essersi differenziate non solo per l’uso dei PPI ma anche per diverso livello globale di rischio cardiovascolare, benche’ le conferme dei grossi numeri e la ripetitivita’ del risultato suscitino comunque attenzione e qualche allarme. Di fronte a questi risultati gli organi regolatori internazionali come l’FDA e l’EMEA hanno sollecitato una certa cautela nell’uso associato di clopidogrel e PPI, ipotizzando una vera interazione farmacologica sfavorevole e raccomandando l’impiego di alternative in tutti i casi possibili (FIG.4).
In conclusione. Sono necessari studi clinici prospettici e randomizzati per dire una parola finale sull’argomento e puo’ essere saggio in questo momento limitare la protezione gastrica con inibitori di pompa nei pazienti trattati con clopidogrel, ai soli casi ad elevato profilo di rischio emorragico da ulcera peptica. Nell’editoriale che ha accompagnato la pubblicazione dello studio osservazionale americano-canadese su Circulation, David Juurlink suggerisce anche di privilegiare il pantoprazolo tra tutti i preparati, considerato il suo diverso metabolismo e le poche evidenze di una mancata interferenza con l’antiaggregante. Egli, infine, sottolinea la diversa farmacocinetica di clopidogrel rispetto agli inibitori di pompa: questi ultimi infatti sono in grado di inibire il citocromo P450 CYP2C19 solo quando presenti ad elevate concentrazioni sul sito metabolico, e quindi subito dopo la loro assunzione, venendo poi rapidamente eliminati. Basterebbe pertanto una somministrazione dilazionata nel tempo tra i due farmaci, lasciando un intervallo di almeno 4 h tra clopidogrel e PPI, per minimizzarne le intereferenze e ottenere i benefici di entrambi.
Bibliografia
1) Sachs G et al. Review article : the clinical pharmacology of proton pump inhibitors. Aliment Pharmacol Ther 2006; 23 Suppl 2: 2-8
2) Lanza FL et al. Guidelines for prevention of NSAID-related ulcer complications. Am J Gastroenterology 2009; 104: 728
3) Bhatt DL et al. ACCF/ACG/AHA Expert Consensus Document on reducing the gastrointestinal risks of antiplatelet therapy and NSAID use. JACC 2008; 52 (18): 1502-1519
4) Gilard M et al. Influence of omeprazol on the antiplatelet action of clopidogrel associated with aspirin. The randomised, double blind OCLA study. JACC 2008; 51: 256-60)
5) Cuisset T et al. Comparison of omeprazole and pantoprazole influence on high 150-mg clopidogrel maintenance dose: the PACA prospective randomised study. JACC 2009; 54: 1149-1153
6) Juurlink DN et al. A population-based study of the drug interaction between proton pump inhibitors and clopidogrel. CMAJ 2009; 180 (7) 713-718
7) Ho PM et al. Risk of adverse outcomes associated with concomitant use of clopidogrel and proton pump inhibitors following acute coronary sindrome. JAMA 2009; 301: 937-944
8) Rassen JA et al. Cardiovascular outcomes and mortality in patients using clopidogrel with proton pump inhibitors after percutaneous coronary intervention or acute coronary syndrome. Circulation 2009; 120: 2322
9) Juurlink DN. Proton Pump Inhibitors and clopidogrel. Putting the interaction in perspective. Circulation 2009; 120: 2310-2312