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cercare trovare ricercare

«L’ho letto su internet.» Non solo chi insegna, credo, ma anche chi ha dei figli o chi semplicemente frequenta ogni tanto i figli adolescenti dei suoi amici sa che questa, «L’ho letto su internet», è una delle risposte preferite degli studenti di qualsiasi età (anche universitari) di fronte alla domanda: «Chi ti ha detto questa cosa? dove l’hai letta? chi te ne ha parlato?»

 

Ed è, in particolare per un insegnante, una risposta irritante, a cui va replicato con fermezza e con una serie di considerazioni sull’inaffidabilità dei motori di ricerca e della rete e di molti siti e degli amici su facebook e dei gruppi whatsapp e via così, all’infinito, con infinita pazienza… Una serie di considerazioni tale, insomma, da essere certi che lo studente, o il figlio, o il figlio degli amici, non starà più seguendo la nostra lunga e noiosa replica già dopo i primi venti secondi, rendendola inutile oltre che prolissa, e sempre più persuadendolo che su internet era meglio, che le risposte erano giuste, che altre indagini sono vecchie e noiose, che lui la risposta l’aveva comunque trovata ed era ottima.

 

Per questo, per questa sensazione di stanchezza e inutilità che mi prende quando cerco di spiegare ai miei studenti che «L’ho letto su internet» è una frase sostanzialmente priva di senso («cosa significa poi “l’ho trovato su internet”? Dove l’hai trovato? E cosa hai trovato? E, soprattutto, da dove viene quello che hai trovato?»), mi è parso molto interessante l’articolo di Andrea Bersellini che parte proprio da un episodio scolastico e racconta di un equivoco foscoliano da cui ero stato finora risparmiato ma che è illuminante nella sua esemplarità. Bersellini scrive così:

 

La collega, insegnante in una scuola superiore di Parma, mi raccontò di aver somministrato ai propri studenti il consueto (e temutissimo) “tema su Foscolo” da svolgere a casa. Lo scritto aveva come argomento principale (o come riferimento imprescindibile, non ricordo i dettagli) il sonetto In morte del fratello Giovanni. Al momento della correzione degli elaborati, la collega si trovò stupita di fronte ad una nuova vulgata relativa alla morte del povero Giovanni Foscolo. Secondo gli studenti, il minore dei Foscolo, in effetti, si sarebbe ucciso con un colpo di pugnale che, in alcuni componimenti, si sarebbe auto-inferto teatralmente di fronte alla propria madre, morendole poi in braccio. L’insegnante era ben consapevole che la tragica fine del Gian Dionisio (questo il nome di battesimo del nostro) riportata dai propri alunni aveva come fonte non meglio precisata internet (aveva ritrovato infatti la notizia su Wikipedia), ma si chiedeva però da dove venisse quella notizia e per che vie.

 

Ecco, sono molti anni che io non assegno più a casa il «temutissimo tema su Foscolo» (e nessun altro tema, a dire il vero), perché so dove finiscono a ispirarsi i miei studenti ed è da me «temutissima» la correzione di certi scritti scopiazzati dal web. Però la vicenda (insieme alla puntuale e brillante ricostruzione delle origini di tale errore che fa Bersellini) è secondo me davvero interessante e dice molto di come si stanno trasformando in questi anni tanto lo studio domestico quanto l’insegnamento e la correzione di un qualsiasi scritto. Vi invito a leggerla fino alla fine, insomma: è la storia di un errore, è la storia di un sonetto di Foscolo, è anche la storia di come si possano insegnare oggi la lettura, la ricerca letteraria e la poesia, ai tempi di internet. Che sono già molte cose, per una semplice domenica mattina della nostra vita.

Davide Profumo
Davide Profumo
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3 Comments

  1. .mau. ha detto:

    manco sapevo che Foscolo avesse scritto quel sonetto 🙂

  2. .mau. ha detto:

    (no, non è vero. “Straniere genti, l’ossa mia rendete / allora al petto della madre mesta” mi era rimasto in testa. Ma chissà perché collegavo il distico a Zacinto)

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