A cura di Andrea Demarchi e Marco Ferlini
L’inibizione farmacologica del recettore piastrinico P2Y12 in associazione ad aspirina (ASA) ha rivoluzionato il trattamento del paziente con sindrome coronarica acuta (SCA) sottoposto o meno a procedure di rivascolarizzazione miocardica percutanea (PCI).(1) Storicamente, i farmaci in grado di svolgere questa azione sono stati la ticlopidina, poi sostituita dal clopidogrel che presentava un miglior profilo di sicurezza e una rapidità d’azione molto maggiore dopo la dose di carico.(2) Prasugrel e ticagrelor, ovviando alla variabilità interindividuale alla risposta al clopidogrel, si sono dimostrati più efficaci di quest’ultimo nel prevenire gli eventi ischemici nei pazienti con SCA, seppur a spese di un aumento dei sanguinamenti.(3,4)
Tuttavia, studi di farmacodinamica nei pazienti con infarto miocardico acuto (STEMI) hanno dimostrato una latenza nel raggiungere il loro pieno effetto antiaggregante (2-4 ore), rispetto a quanto accade nel volontario sano e nel paziente con cardiopatia stabile (30 minuti).(5,6) Questi farmaci, inoltre, sono disponibili solo in forma orale, con la conseguente difficoltà di somministrazione e potenziale limitata efficacia nei pazienti con nausea, vomito, sedati, intubati o in shock, quota non trascurabile in caso di STEMI. In ultimo, il lento «offset» dell’azione antiaggregante può essere di ostacolo in caso di necessità di rivascolarizzazione miocardica chirurgica (BPAC), visto l’aumentato rischio di sanguinamenti maggiori correlati; è infatti raccomandato sospendere prasugrel 7 giorni prima dell’intervento, e ticagrelor/clopidogrel 5 giorni prima.(1)
L’antiaggregante piastrinico «ideale» nei pazienti sottoposti a procedure di rivascolarizzazione percutanea dovrebbe rapidamente raggiungere una potente e stabile inibizione dell’aggregazione piastrinica e altrettanto rapidamente recedere, così da garantire una celere e adeguata emostasi in caso di complicanze emorragiche o necessità d’intervento chirurgico urgente: cangrelor possiede caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche tali da poter soddisfare, almeno in linea teorica, tutte queste esigenze.
Cangrelor è un analogo intravenoso dell’adenosin-trifosfato, un naturale antagonista del recettore piastrinico P2Y12 a cui si lega con elevata affinità e in modo reversibile. Si presenta già in forma attiva; non necessita di alcuna attivazione e non subisce un significativo metabolismo epatico o renale, ma viene defosforilato nel suo metabolita nucleosidico. Somministrato con un bolo iniziale di 30 mg/kg, raggiunge la completa inibizione dell’aggregazione piastrinica dopo pochi minuti, con una cinetica d’azione che è dose-dipendente; l’infusione continua a dosi maggiori di 4 mg/kg/min garantisce un’inibizione piastrinica stabile >80%;(7) dopo circa un’ora dalla sospensione dell’infusione, permette un completo ripristino dell’aggregabilità piastrinica (emivita 3-6 minuti nei soggetti sani, 9 minuti nei pazienti con SCA).(8)
La transizione da cangrelor a clopidogrel richiede la somministrazione di quest’ultimo al termine dell’infusione: l’elevata affinità di cangrelor per il recettore P2Y12 impedisce il legame con la forma attiva del clopidogrel, rendendo questo periodo di transizione mal determinabile in termini di tempi e dosi. In volontari sani è stato osservato come la capacità di inibizione piastrinica a seguito della somministrazione orale di 600 mg di clopidogrel veniva completamente persa durante la somministrazione endovenosa di cangrelor, mentre questo non accadeva se la dose di clopidogrel veniva somministrata al termine dell’infusione.(9) Un agente non-tienopiridinico e reversibile come ticagrelor sembra superare queste problematiche.(10) Finora sono stati condotti solo due studi di farmacodinamica in pazienti con coronaropatia stabile, il TRANSITION I e il TRANSITION II: entrambi gli studi hanno valutato l’effetto farmacodinamico con il sistema Verify Now dell’aggiunta del farmaco orale (ticagrelor o prasugrel) a quello endovenoso di cangrelor e viceversa prima, durante e dopo l’infusione. Gli autori degli studi concludono che la somministrazione di prasugrel è preferibile fino a 30 minuti prima della sospensione dell’infusione, mentre ticagrelor può essere somministrato in qualsiasi momento dell’infusione.(9-12)
Cangrelor è stato testato inizialmente in due trial di fase III, il CHAMPION-PCI e il CHAMPION PLATFORM:(13-15) entrambi hanno incluso pazienti candidati a PCI sia per cardiopatia stabile che per SCA, che sono stati randomizzati a cangrelor (30 µg/kg in bolo, seguito da 4 µg/kg/min in infusione continua per 2-4 ore) versus carico di clopidogrel 600 mg; analogo anche l’end-point primario composito (morte per tutte le cause, infarto miocardico [MI], rivascolarizzazione miocardica guidata dall’ischemica [IDR] a 48 ore dalla randomizzazione). Tuttavia nel CHAMPION PCI i pazienti potevano essere in trattamento con clopidogrel 75 mg/die al momento della randomizzazione, ma non dovevano aver ricevuto la dose di carico nei 5 giorni precedenti, mentre nel PLATFORM i pazienti dovevano essere completamente «naive» da clopidogrel; ancora più sostanziale come differenza, il fatto che la dose di carico di clopidogrel nel gruppo di controllo sia stata somministrata prima della rivascolarizzazione nel primo studio, mentre al termine della stessa nel PLATFORM.(14-15)
Nel 2009 entrambi gli studi sono stati interrotti precocemente (ad arruolamento praticamente concluso) per futilità dopo un’analisi ad interim che non mostrava differenze significative per l’end-point primario. Nel CHAMPOIN PCI sono stati randomizzati 8877 pazienti (98% del campione previsto), come già detto senza differenze significative tra i due trattamenti (OR 1.05; 95% CI 0.88-1.24; p=0.59).(15) Nel CHAMPION PLATFORM sono stati inclusi 5362 pazienti (84% del campione previsto) con risultati sovrapponibili (OR 0.87; 95% CI:0.71-1.07; p=0.17); tra le analisi secondarie è emersa un’associazione statisticamente significativa tra la riduzione della trombosi di stent (ST; 0.6% Vs 0.2%; OR 0.31; 95% CI:0.11-0.85; p=0.02) e il trattamento con cangrelor.(14)
Nonostante i risultati negativi dei due trial, analisi post hoc avevano evidenziato un beneficio di cangrelor in pazienti con valori basali di troponina negativi e in quelli «naive» da clopidogrel. Al tempo del disegno dei due studi, non era ancora stata pubblicata la definizione universale di infarto miocardico,(16) e quella utilizzata come end-point non pareva adeguata a un tempo «ospedalizzazione-coronarografia» troppo breve come era accaduto in entrambi gli studi (mediana di 6.3 ore nel PCI e di 7.9 nel PLATFORM); molti pazienti avevano inoltre un solo valore o valori in ascesa dei marker di necrosi miocardica in basale, con una conseguente possibile diagnosi falsata di «MI correlato alla PCI». Una riaggiudicazione dell’end-point MI, utilizzando la definizione universale, aveva infatti dimostrato la superiorità di cangrelor rispetto a clopidogrel in una nuova analisi dei due trial.(17,18)
Sulla base di tutte queste osservazioni, è stato disegnato un nuovo studio di fase III, il CHAMPOIN PHOENIX,(19) che voleva indagare se il cangrelor, utilizzato allo stesso dosaggio dei precedenti due trial, fosse in grado di ridurre le complicanze ischemiche relate alla PCI in un ampio gruppo di pazienti con cardiopatia ischemica cronica e SCA (inclusi gli STEMI), e clopidogrel «naive». Tre punti lo differenziavano dal PCI e dal PLATFORM:
11145 pazienti con angina stabile, NSTEMI e STEMI sono stati arruolati una volta candidati alla PCI: l’end-point primario è risultato significativamente ridotto da cangrelor (4.7% vs 5.9%; OR 0.78; CI 0.66-0.93; p=0.005); non sono state evidenziate differenze statisticamente significative in termini di sanguinamenti maggiori valutati con la scala GUSTO (0.16% vs 0.11%; OR 1.5; IC 95% 0.53-4.22; p=0.44), mentre un aumento si è avuto utilizzando la scala ACUITY (4.3% vs 2.5%; OR 1.72; 95% CI: 1.39-2.13; p<0.001). I risultati dell’end-point primario si confermavano a 30 giorni (3.8% vs 4.7%; OR 0.80; 95% CI 0.67-0.97; p=0.02); da sottolineare la riduzione del 38% della trombosi di stent (OR 0.62; p=0.01), con una concomitante riduzione degli MI (OR 0.80; p=0.02). La trombosi di stent comprendeva anche gli eventi intraprocedurali, anch’essi significativamente ridotti dal cangrelor senza differenza tra i pazienti con angina stabile, NSTEMI e STEMI (P int 0.98).(19-22)
I risultati sono stati confermati da una pooled-analysis pre-specificata dei 3 CHAMPION, nella quale l’end-point MI è stato riconsiderato secondo la definizione universale; questa analisi ha mostrato una riduzione del 19% dell’end-point composito morte per tutte le cause, IM, IDR o ST a 48 ore (3.8% vs 4.7%; OR 0.81; IC 95%; 0.71-0.91; p=0.0007) e del 41% della ST (0.5% vs 0.8%; OR 0.59; IC 95% 0.43-0.80; p=0.0008).(23)
Il cangrelor è stato ben tollerato in tutti gli studi; è stato comunque notato un aumento dell’incidenza di dispnea, sebbene sia stato in termini assoluti raro (1.1% vs 0.4%, p<0.0001).(24)
Un utilizzo differente di cangrelor potrebbe essere quello di farmaco ponte in previsione di interventi chirurgici in pazienti che necessitano di una doppia terapia antiaggregante.
Il BRIDGE Trial ha analizzato prospetticamente in doppio-cieco 210 pazienti con SCA o portatori di stent coronarico, in attesa di BPAC, a infusione di cangrelor (0.75 µ/kg/min) o placebo. Il farmaco veniva somministrato a 48 ore dalla sospensione delle tienopiridine e veniva interrotto 1-6 ore prima dell’intervento. L’end-point primario di efficacia, definito come reattività piastrinica valutata come PRU < 240, è stato raggiunto (98.8% vs 19.0%, RR 5.2; IC 95% 3.3-8.1; p<0.001); l’end-point secondario di sicurezza, ovvero i sanguinamenti correlati all’intervento, non ha dimostrato differenze statisticamente significative tra i due gruppi (11.8% vs 10.4%, RR 1.1; IC 95% 0.5-2.5; p=0.763). Inoltre non ci sono state differenze in termini di sanguinamento maggiore prima dell’intervento, nonostante una maggior frequenza di sanguinamenti minori nel gruppo di trattamento.(25)
Questo studio pone le basi per l’utilizzo di cangrelor in altri scenari clinici non ancora esplorati, dove il bilancio tra rischio emorragico e ischemico risulta difficilmente valutabile nel tempo, e un farmaco potente e con una rapida cinetica d’azione potrebbe giocare la sua partita.
Nonostante l’interesse determinato dal profilo farmacodinamico e dai risultati degli studi CHAMPION, il principale limite rimane il mancato confronto con prasugrel/ticagrelor che le attuali linee guida raccomandano come prima scelta nei pazienti con SCA;(1) mancano inoltre dati su un utilizzo di cangrelor in «upstream», così come non sono al momento stati presentati dati circa una sua potenziale efficacia nel favorire la perfusione miocardica nel contesto sempre delle SCA. Rimane poi da approfondire il suo utilizzo nei pazienti con STEMI (pochi sono stati infatti i pazienti inclusi negli studi) e un confronto con gli inibitori del recettore GP IIbIIIa in questo contesto clinico.
L’agenzia europea del farmaco (EMA) e la Food and Drug Agency (FDA) hanno approvato la commercializzazione del cangrelor sulla base dello studio CHAMPION PHOENIX. Inoltre, in Europa, il farmaco è approvato anche per il trattamento dei pazienti in cui non è possibile o non è desiderabile l’utilizzo degli inibitori orali del P2Y12, ovvero in pazienti con shock, nausea, vomito, alterazione della perfusione gastrointestinale, PCI in pazienti che richiedono intervento chirurgico urgente.(26)
Disclosures
Marco Ferlini ha ricevuto onorari per consulenze, partecipazione ad advisory board o come speaker a congressi dalle seguenti compagnie: Astra Zeneca, Eli Lilly, The Medicines Company, Daiichi-Sankyo, MSD, Biosensors.
Andrea Demarchi non ha nulla da dichiarare.
Bibliografia: