Joshua Lederberg (1925-2008)
3 Novembre 2015una lunga fila di «quasi»
6 Novembre 2015Un libro che non consiglio mai a nessuno c’è, in effetti: è Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Non perché io non lo ami, tutt’altro. È anzi il libro che amo di più insieme alla Commedia dantesca (una volta una signora mi chiese, a una cena, quale fosse il libro che amavo di più. La domanda mi parve inutile e sciocca ma risposi lo stesso, per cortesia. E le dissi il titolo dell’opera principale dell’Alighieri, com’è ovvio per me. E lei mi disse allora che intendeva libri nel senso proprio dei «libri da leggere», non quelli scolastici. E quella fu l’occasione in cui, io credo, mi sentii più vicino alla possibilità di uccidere un altro essere umano, senza pentirmene.) Proust, invece, non lo consiglio perché è stato per me come un’immersione, perché non so se avrò mai il coraggio di rileggerlo, perché, dopo averlo letto per mesi, senza mai interrompermi e senza fare nient’altro che non fosse davvero indispensabile, mi sentii come se fossi uscito da una lavatrice, sul serio, lavato ma anche strizzato e centrifugato, come mai mi era accaduto prima. È per questo che non lo consiglio, insomma: perché penso che ci sono libri (anche forse ce n’è solo uno, quello di Proust appunto) che vanno incontrati in modo autonomo, senza spinte, soltanto perché ci si capita dentro o ci si sbatte contro e diventa inevitabile aprire le pagine e non smettere.
Però questo articolo che ho trovato sul web e che parla di Proust e dei suoi scritti minori è troppo interessante perché io non ne accenni. In fondo sono gli scritti minori, no? E quindi ho fatto un’eccezione e ho deciso di segnalarlo. Anche perché è davvero una bella recensione, ben scritta, e dice cose intelligenti e belle, come per esempio questa:
Proust inizia a scrivere la Recherche nel 1908, a 37 anni suonati. «Viene il giorno in cui comprendiamo che il domani non può essere del tutto diverso dallo ieri, giacché è fatto di ieri», e lui aveva capito che, se non fosse riuscito a puntare più in alto, a dare senso e voce alla sua vita interiore più profonda, sarebbe finito come un esteta qualunque (come Swann, per l’appunto) o, peggio, come uno di quei critici che giudicano tutto senza creare niente: ispirato ma inconcludente, colto ma freddo, brillante ma troppo mondano.
Un ‘altra eccezione che vorrei fare oggi riguarda invece la musica pop. Se ne parla così tanto che mi ero ripromesso di non parlarne mai, perché inutile e superfluo farlo, mi ero detto. Però ho letto oggi un altro articolo che mi ha fatto venire voglia di leggere un libro di critica letteraria un po’ particolare: la critica letteraria delle canzoni di Bruce Springsteen. Mi pare interessante che se ne possa parlare come se si trattasse di un discorso che riguarda tutta la cultura americana e i miti che in questi decenni essa ha prima generato e poi rottamato, non solo qualche canzone; e mi pare interessante che le canzoni siano proprio quelle di Springsteen , così lontano dall’esserselo immaginato, io credo, quando iniziò a cantare. E mi pare anche bello che chi lo ha scritto lo presenti così, senza esagerare:
Il “Boss” non è un poeta, non è un profeta politico, ma si prende la responsabilità di rammentare le promesse non mantenute, il diritto alla ricerca della felicità. Dà una dimensione narrativa, attingendo alla migliore tradizione della musica popolare, al proprio rock adulto e lo ancora tanto alle sue origini, quanto al tempo che vive. Le note, le strofe dolorose e i ritornelli entusiasmanti non svaniscono come un effimero oggetto di consumo, perché hanno lo spessore di una memoria culturale, affrontando temi fondativi della stessa cultura nordamericana.
Un ultimo accenno lo merita un post più vicino alla sensibilità di voi medici, credo. È uscito qualche giorno fa e parla di carni rosse e di tumori al colon. E soprattutto, a un certo punto, parla della comunicazione scientifica e delle responsabilità che essa si deve assumere. È un bel pezzo, impegnativo il giusto, polemico il giusto. Di questo, almeno, io credo che non possiate davvero fare a meno: lo trovate qui.