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Apixaban nella prevenzione del tromboembolismo venoso nei pazienti affetti da neoplasia

A cura di Ilaria Cavallari

 

Carrier M, et al. Apixaban to Prevent Venous Thromboembolism in Patients with Cancer. N Engl J Med, December 4, 2018. DOI: 10.1056/NEJMoa1814468.

 

I pazienti affetti da neoplasia in fase attiva hanno un aumentato rischio di tromboembolismo venoso che si traduce in un aumento del rischio di mortalità, morbilità e dei costi sanitari. Il punteggio Khorana (range da 0 a 6, con punteggi più alti che indicano un rischio maggiore di tromboembolismo venoso) è stato proposto come strumento per identificare i pazienti con cancro a elevato rischio tromboembolico e può aiutare a selezionare coloro che potrebbero trarre beneficio dalla tromboprofilassi. Lo studio clinico randomizzato AVERT (Apixaban to Prevent Venous Thromboembolism in Patients with Cancer) ha valutato l’efficacia e la sicurezza di apixaban alla dose di 2.5 mg due volte al giorno rispetto al placebo nei pazienti neoplastici a rischio medio-alto di complicanze tromboemboliche (Khorana score ≥2).

 

Popolazione in studio. 574 pazienti ambulatoriali con cancro a rischio medio-alto di tromboembolismo venoso, in attesa di ricevere chemioterapia, randomizzati a ricevere apixaban 2.5 mg due volte al giorno o placebo.

 

Endpoints. L’outcome primario di efficacia era l’incidenza di tromboembolismo venoso oggettivamente documentato in un periodo di follow-up di 180 giorni. L’outcome primario di sicurezza era l’incidenza di un sanguinamento maggiore.

 

Risultati principali. Dei 574 pazienti sottoposti a randomizzazione, 563 sono stati inclusi nell’analisi intention-to-treat modificata. Un episodio di tromboembolismo venoso si è verificato in 12 su 288 pazienti (4.2%) nel gruppo apixaban e in 28 su 275 pazienti (10.2%) nel gruppo placebo (hazard ratio 0.41, 95% CI 0.26-0.65; P<0.001 – Figura 1). Nell’analisi intention-to-treat modificata, un episodio di sanguinamento maggiore si è verificato in 10 pazienti (3.5%) nel gruppo apixaban e in 5 pazienti (1.8%) nel gruppo placebo (hazard ratio 2.00; 95% CI 1.01-3.95; P=0.046). Restringendo l’analisi sulla sicurezza al periodo di effettivo trattamento, un sanguinamento maggiore si è verificato in 6 pazienti (2.1%) nel gruppo apixaban e in 3 pazienti (1.1%) nel gruppo placebo (hazard ratio 1.89, 95% CI 0.39-9.24).

 

 

Conclusioni. In pazienti ambulatoriali con neoplasia in fase attiva, a rischio medio-alto di complicanze tromboemboliche, la terapia con apixaban ha determinato una riduzione significativa del 59% nell’incidenza di tromboembolismo venoso rispetto al placebo al prezzo di un aumento del rischio di sanguinamenti maggiori.

Ilaria Cavallari
Ilaria Cavallari
Cardiologo, Policlinico Campus Bio-Medico di Roma

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