Trombosi di bioprotesi aortica ed eventi cerebrovascolari
22 Febbraio 2018un elenco di elenchi
28 Febbraio 2018Mi sono così tante volte imbattuto in articoli sugli animali, in queste ultime settimane, che ho dovuto fatalmente pensare che fossero un segno del destino, anche questi articoli in cui mi imbattevo, diciamo un segno piccolo di un destino minimo a cui forse in qualche modo appartengo. E allora mi sono messo sulle loro tracce (molti li avevo nel frattempo dimenticati) e penso di averne ritrovati diversi, magari non tutti, ma molti senz’altro e spero anche i più importanti. E mi pare pertanto giusto stamattina proporvi questi articoli che parlano di animali, non trascurando la possibilità che possano essere una forma minuscola del destino, del mio e magari anche del vostro, anche se non ho ben capito quale e non c’è nessuna possibilità che io lo capisca.
[E peraltro, mi permetto di aggiungere, non c’è storia della letteratura che non sia popolata da animali di ogni tipo, a ben vedere, fin dalle origini del nostro raccontare noi stessi nel mondo e del nostro raccontare a noi stessi il mondo: dal serpente che tenta la donna con un frutto, e ci condanna; a un cavallo costruito di assi di legno, che rappresenta l’inganno e la distruzione; a un cane che aspetta il padrone e, quando lui ritorna, muore; fino agli animali a tre bocche dell’Inferno di Dante, dopo che già tre bestie feroci hanno impedito il cammino «diritto» al protagonista perduto nella sua selva, che è pure la nostra.]
Il primo animale è un insetto: ed è grazie a questo insetto che oggi possiamo metterci in lunghe file, pagare costosi biglietti per ammirare i dipinti di Caravaggio e restare a bocca aperta per l’ammirazione e lo stupore (ma c’è un dipinto, qui a pochi chilometri da dove abito io e da dove sto scrivendo, sempre di Caravaggio, in una chiesa dedicata a santa Lucia, ai margini di una delle piazze più belle del mondo, per cui non si paga nemmeno un euro e non si fa nemmeno la coda: si entra e si resta semplicemente meravigliati a guardare quel rosso, che è quasi come una firma). Ne ho trovato scritto qui, con queste parole:
Se i quadri di Caravaggio e Rubens hanno l’aspetto che hanno, lo dobbiamo anche a un insetto: la cocciniglia, da cui viene estratto un colore vermiglio particolarmente brillante e intenso, scoperta dagli spagnoli durante la conquista del Messico e che, una volta importata nel Vecchio Continente rivoluzionò la pittura europea. La Bbc ha raccontato la storia del pigmento scoperto da Hernàn Cortés e dai conquistadores nei mercati di Tenochtitlan… Una tintura di inebriante intensità che rivoluzionò la pittura.
Ma lo stupore è stato invece mio quando ho letto questa intervista a un esperto di formiche. Intanto perché (stupidamente) non avevo mai immaginato che esistessero al mondo esperti di formiche e che avessero anche un nome: mirmecologi; e poi perché l’esperto racconta cose molto curiose e interessanti, che mi hanno fatto pensare non solo alle cicale ma anche ad altri animali, che siamo noi, fin troppe volte:
Le [formiche] schiaviste organizzano spedizioni nei formicai nemici. Il bottino della loro razzia non è il cibo, ma la prole della specie residente. Centinaia di pupe avvolte nel bozzolo vengono catturate e trasportate a casa. Una volta adulte, costituiranno nuova forza lavoro. Queste si comporteranno come se fossero nella propria colonia, anche se appartengono ad un’altra specie. Delle vere schiave inconsapevoli. Le schiaviste d’altra parte sanno fare solo questo e non potrebbero vivere senza di loro.
E da queste formiche è stato un attimo arrivare a pensare ad altri animali che magari esistono e noi non lo sappiamo. E mi è tornato alla mente questo bel libro di Ermanno Cavazzoni che ho letto pochi anni fa (e che mi divertì molto, come sempre i libri di Cavazzoni) ma anche quest’altro articolo che si trova qui, che sembra muoversi con ironia ai confini della ricerca scientifica ma che in fondo ci parla del nostro non capire del tutto gli animali e immaginarceli come desideriamo o abbiamo paura che siano. Si parla infatti di criptozoologia, la scienza che studia gli animali misteriosi:
… i più noti criptozoologi continuarono ad allontanarsi sempre di più dalle buone pratiche della scienza. I temi della criptozoologia, proposta inizialmente come niente più che una sottodisciplina della zoologia, cominciarono anche a fondersi con quelli del paranormale e del complottismo (alieni, fantasmi, esperimenti segreti ecc.), ed è stato soprattutto in questa accezione che sono diventati famosi presso il grande pubblico. Un esempio di questa contaminazione è la leggenda del Chupacabra, la belva vampira inizialmente segnalata a Porto Rico. Forse aliena, forse esperimento sfuggito al controllo, forse tutte e due: è stato scritto di tutto su questa creatura, ma nessun (cripto)zoologo degno di questo nome dovrebbe prendere seriamente una bufala del genere.
Che poi, mi sono detto, ogni volta che parliamo di animali non stiamo veramente parlando di animali, fine dalle primissime storie in cui parlavamo di serpenti e cavalli di legno e leoni linci e lupe; ma piuttosto (e ovviamente) stiamo parlando del rapporto che noi abbiamo con gli animali, del nostro definirci in relazione a loro, del nostro aver paura di loro, del nostro volerli sottomettere e addomesticare, del nostro esserci quasi del tutto riusciti (ma non con le formiche). E a questo proposito vorrei quindi finire con questo interessante aneddoto, che mi pare descriva perfettamente e in pochissime efficaci righe la natura intima e isterica del nostro rapporto con gli animali. Lo ha scritto Fabrizio Bolivar, io l’ho letto grazie a Paolo Nori (clic), parla di un verme e dice così:
Credo di aver mangiato un verme, disse il bimbo. Era nell’insalata. Pazienza, fece il padre. Di vermi ce ne sono tanti, uno più uno meno non fa differenza. Però non dirlo a tua madre. In quel momento lei sbucò dalla cucina. Credo di aver mangiato un verme, disse il bimbo. Aahh, gridò lei. Lo prese, lo spogliò, gli ficcò la canna dell’acqua nel culo e aprì il rubinetto al massimo finché lui non vomitò tutto. Poi lo risistemò a tavola, stremato. Ti sta bene, gli disse il padre.