sguardi di donne
10 Novembre 2021due cose siciliane
17 Novembre 2021Qualcuno di voi sa già chi è Anne Carson? Ecco, io no, non he avevo la minima idea. Poi ho letto questo pezzo (che è anche un brano del suo ultimo libro tradotto in Italia) e mi ha fatto piacere scoprire che Anne Carson esiste e che scrive di questi argomenti, amore e desiderio, mancanza e consumo di sé. E che scrive per esempio cose come questa:
Quando io ti desidero, una parte di me non c’è più: la tua mancanza è la mia mancanza. Non avrei desiderio di te, se tu non mi avessi consumato. L’amante ragiona così. […] L’amore non può nascere senza una perdita vitale del sé. L’amante è colui che perde. O almeno così finisce per credere. Ma questa convinzione comporta un repentino e arguto cambiamento. Raggiungendo un oggetto che si rivela essere al di fuori e al di là di sé, l’amante è spinto a riconoscere se stesso e i propri limiti. Da una nuova prospettiva, che potremmo chiamare autoconsapevolezza, l’amante si guarda indietro e vede un abisso.
E che, sempre lei: Anne Carson, prova in sostanza a parafrasare la lingua antica dell’amore per restituircene dei frammenti, delle scintille, per farne risuonare le note e i suoni, quelli che ancora non abbiamo, nei secoli, compreso.
Ma a proposito: voi la sapete fare una bella parafrasi di una poesia? Lo chiedo perché gran parte del mio lavoro si esaurisce più o meno nel fare parafrasi: leggere un testo e farlo risuonare in una stanza, nella speranza che i giovani studenti che ho davanti lo sentano, lo sentano. E a volte ho l’impressione che non ho ancora mica imparato, a fare nessuna parafrasi, di niente…
Ecco, non lo so, forse è una stupidaggine superficiale che funziona solo in questo caso, stamattina, con questa particolare poesia (funzionerà anche con l’Infinito di Leopardi? O con Spesso il male di vivere di Montale?). Ma la parafrasi gastronomica di una notissima poesia di Giosuè Carducci che ho appena letto mi ha fatto un po’ innamorare, mi ha fatto pensare che non c’è interpretazione che non sia semplicemente una parafrasi e che forse ogni testo suona soltanto nella bocca di chi – in quel preciso istante – lo sta leggendo. Gli altri possono solo immaginare qualcos’altro, magari cibo e bottiglie di vino. Vi lascio qui il primo verso, se foste curiosi:
La nebbia a gl’irti colli/ Piovigginando sale
Le colline ammantate di foschia, il bosco, il cane: la caccia al tartufo è un rito che racchiude tutta l’essenza dell’autunno. Viverlo in prima persona è un’esperienza che si trasforma in un ricordo poetico e indelebile. Savini Tartufi propone la Truffle experience, una vera e propria immersione nel mondo del tartufo e nella natura toscana. La bellezza del luogo, il rapporto tra il tartufaio e il suo cane, la possibilità di assaporare alla fine il tartufo fresco di stagione, tutto è fatto per conquistare gourmet e appassionati. Ma non basta: nel territorio di Forcoli, nei pressi di Pisa, è possibile trovare il tartufo tutto l’anno, nelle diverse varietà. L’opportunità di vivere l’esperienza della caccia al prezioso ingrediente si declina così su tutte le stagioni.
E infine, ultima idea per il prossimo futuro. Avete mai pensato a intervistare non lo scrittore di un libro ma un suo lettore? E di organizzare la presentazione di un libro in cui sia un lettore e spiegare allo scrittore (presente e il più possibile in silenzio) quello che lui ha scritto? Io l’ho immaginato tante volte: di essere di fronte a Leopardi per spiegare a lui (fargliene una parafrasi) l’Infinito, che secondo me non aveva capito bene, non come lo ha capito Luigi Blasucci, per esempio.
Ecco, se lo avete immaginato, sappiate che c’è anche chi lo ha fatto, brillantemente. I due autori del bel libro Medusa, davvero bello, hanno intervistato un lettore del loro libro a proposito di quel libro. Loro gli hanno fatto delle domande lui ha dato delle risposte e ha spiegato loro cosa c’è in quel libro che loro hanno scritto. Mi è sembrata una splendida forma di critica letteraria, un’efficacissima parafrasi di un’intervista. Ve ne lascio un assaggio, che magari vi viene anche voglia di leggere il (bel) libro o di iscrivervi alla (bella) newsletter:
Medusa è un libro breve ma comunque, si spera, ricco di storie, racconti, riflessioni, citazioni. Quanto tempo ci hai messo a leggerlo?
Ci ho messo poco tempo, ma non è stata una lettura fluida. Mentre scorrevo il testo trovavo tantissime informazioni che sapevo avrei dimenticato. Qualcuna l’ho appuntata, qualcuna l’ho raccontata per tenerla meglio a mente, ma poi mi sono arreso al fatto che non è un libro che si legge e basta, ma che si deve anche consultare come una specie di strana antologia. L’altro aspetto che sinceramente mi ha bloccato più di una volta riguarda una specie di “stress da apocalisse” o un senso di colpa allargato difficile da digerire che mi ha dato da pensare in modo diverso da come di solito penso a questi argomenti.
D’accordo, ho finito: anche per stamattina ho esaurito le mie domande. Risposte, naturalmente, non ne ho mai avute. Qualche parafrasi fatta male sì, quelle ne ho, pure troppe. Continuo chissà perché a conservarle tutte. Spero che un giorno, chissà quando, chissà per cosa, mi possano venire buone.