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12 Dicembre 2016L’impero romano in cui visse Agostino (354-430 d.C.) era un’entità statale in grave crisi. Al momento della conversione di Agostino al cristianesimo (387 d.C.), il disastro militare conseguente alla disfatta dell’esercito imperiale nella battaglia di Adrianopoli (agosto del 378 d.C.) contro i Visigoti era già avvenuto.
Le popolazioni barbariche avevano iniziato ad insediarsi all’interno dei confini del grande impero, mentre il potere centrale esercitava con sempre maggiore difficoltà il controllo sulle province. A questa instabilità di fondo del panorama politico faceva da complemento una instabilità culturale accentuata. I pagani difendevano con vigore la tradizione classica, mentre i cristiani si sforzavano di trovare elementi comuni che permettessero di utilizzare gli strumenti della scienza e della cultura del passato, mentre ostacolavano ogni tentativo di mantenere in vita gli antichi riti e credenze. Entrambi riconoscevano però l’importanza del patrimonio di conoscenze ereditato dal Mondo Greco-Romano.
Agostino si oppose ad una ricerca culturale basata sull’effimero. Il filosofo chiamava tutto ciò curiositas, intendendo con questo termine la ricerca della conoscenza fine a sé stessa, distaccata dal vero fine costituito dalla verità. Naturalmente, si trattava di una verità che apriva la mente alla comprensione dell’esistenza divina, un Dio padre, massimo ordinatore del mondo.
Davanti a questa visione il sapere scientifico non poteva occuparsi che di verità parziali, che potevano distrarre la mente e farle perdere di vista il termine ultimo della conoscenza, costituito dalla comprensione di Dio.
Agostino fece propria la necessità di affrontare studi preparatori, avvicinabili alla nostra scuola secondaria, che permettessero di apprendere la filosofia. Suggerì di seguire lo schema delle disciplinae liberales, consueto nell’ordinamento scolastico romano e medievale e costituito dalla bipartizione in trivio (grammatica, dialettica e retorica) e quadrivio (aritmetica, musica, geometria, logica).
La Dialettica o Logica, costituiva il fondamento di tutte le scienze, anche le dimostrazioni matematiche dovevano sottostare alle sue regole. La Logica era quindi riconosciuta come la disciplina che assicurava coerenza e verità a tutte le argomentazioni scientifiche. Era la vis peritiaque definiendi (la forza di definire con esattezza le cose attraverso la perizia), che permetteva di possedere un pensiero coerente e di utilizzarlo attraverso la formulazione di proposizioni legittime e prive di contraddizioni.
Al termine di un percorso logico, Agostino presentò le verità matematiche dimostrate correttamente come delle proposizioni certe e necessarie, dotate di caratteristiche di relativa trascendenza e quindi eterne ed immutabili. Una valutazione profondamente medievale, che anticipava molti dei dibattiti filosofici dei secoli a venire.