Un attimo prima che siate invasi dai commenti sulla cosiddetta Brexit, la fine dell’Europa per come l’avevamo pensata in questi anni (anche se la mia, di Europa, per come l’avevo pensata io in questi anni, ve lo confesso, era finita già prima, era finita con i greci spaventati e senza stipendio in piazza e il filo spinato ai confini dell’Ungheria e l’esercito austriaco al Brennero, era finita), un attimo prima di dover guardare la Gran Bretagna che saluta e se ne va (e d’altronde, cosa potevamo noi pensare di gente così pallida, che per tutto un secolo ha guidato contromano?), un attimo prima che arrivi qualcuno assai più bravo di me a spiegarvi (peraltro, secondo me, senza nemmeno riuscirci, ma non è importante) le ragioni di questa uscita, di questo abbandono, di questo distacco forse nemmeno imprevedibile, un attimo prima, vorrei che voi pensaste un secondo a questa cosa: che c’è un app che vi fa leggere i grandi saggi della contemporaneità in 20 minuti, affinché possiate davvero comprenderla, la contemporaneità. Cioè, a esser davvero precisi, in 20 minuti ve li fa non leggere, perché avete «poco tempo», perché (si dice più avanti) avete troppe serie tv da guardare (e cos’è «capire la contemporaneità» se non esattamente questa cosa, eh?):
Alcuni dei più celebri libri nonfiction – per esempio saggi di politica o scienze sociali – condensati in riassunti che possono essere consumati in una ventina di minuti da lettori che hanno poco tempo: Joosr è la nuova app di lettura che offre compendi ragionati di più di cento bestseller di saggistica: 20 nuovi titoli sono aggiunti ogni mese. L’idea, hanno spiegato gli sviluppatori, è quella di offrire «una finestra sul pensiero all’avanguardia» a chi ama leggere e informarsi, però ha poco tempo per farlo.
Oppure, se vi rimane ancora qualche istante di tempo (del tempo che non avete) prima dei dibattiti sulla Brexit (già esauritisi, nel frattempo, i dibattiti sulle sindache o sindachesse o ragazze che hanno vinto a Roma e Torino: il tempo della cronaca, si sa, è così rapido…), vi consiglio Paolo Nori e il suo viaggio a San Pietroburgo, mirabile per tante ragioni, ma soprattutto per una: perché ci mette di fronte al nostro stesso modo di viaggiare, così contemporaneo e così poco contromano (se mi regalate la possibilità di scherzare su quelli che se ne stanno andando via da noi…) Eccolo, Paolo Nori in viaggio per San Pietroburgo:
Poi siamo arrivati a Milano a Milano abbiamo preso un altro treno siamo arrivati a Malpensa a Malpensa stavamo per partire eravamo già partiti, ma per il momento non c’era ancora niente, di Russia, nel viaggio, era come se partissimo per la Francia, o per il Messico, o per il Portogallo o per la Sardegna, per esempio. Poi al duty free ho comprato la grappa per il mio amico Al’bin davanti a me c’era una ragazza che ha comperato un paio di mutande di pizzo la commessa gliele ha messe dentro quelle buste di plastica dove metton le cose che comperi al duty free la ragazza le ha detto Ma me le devo mettere, e la commessa l’ha guardata le ha detto Senta, io le devo mettere dentro la busta, poi lei fa quello che vuole.
E infine una poesia, che è in qualche modo una poesia proprio sulle vie di uscita di cui abbiamo evidentemente così bisogno. Ma è anche una poesia d’amore, un po’, e anche una poesia sui lavori da fare in casa, con il trapano e il martello. L’ha scritta Guido Catalano, che ne scrive molte e divertenti (ma non solo); io questa la riporto per intero, voi andate di là a leggere le altre (se avete tempo, naturalmente: le serie tv sono un po’ lunghette, a volte):
Mi ha svegliato il trapano stamani
mi ha svegliato il trapano
e il martello
alle otto e zero sette
del mattino.
Non un buon risveglio
decisamente.
Uno di quei risvegli
che rischia di comprometterti la giornata.
D’altra parte, ho pensato
mentre spalancavo le porte finestre
per fare entrare un po’ di fresco di giugno
c’è chi si sveglia sotto il bombardamento
e chi è svegliato dal terremoto
chi non si sveglia mai.
Dunque, tutto sommato
ho pensato
guardando i tetti
e il cielo grigio
e i rondoni impazziti
che saettano ad altezza uomo
ho pensato
che come inizio di mattino
poteva andarmi peggio.
Poi intanto che l’acqua bolliva
mi sono accorto di aver finito il tè
e lì un po’ ho imprecato
ma delicatamente.
Poi mi son seduto.
Una buona via d’uscita
potrebbe essere
scrivere una poesia
che possibilmente non parli
di sofferenza, morte o solitudine
preferibilmente una poesia d’amore
necessariamente per la ragazza che adesso è lontana.
Poi l’ho scritta.
3 Comments
..ma l’Europa , ora agonizzante, é davvero nata, o è stata un aborto del quarto reich?
Bella la poesia
Grazie, Umberto… (ah, la risposta: non lo so mica, ovviamente)
Brexit, ah ah ah, il problema lo si legga nelle lacrime dei migranti, che chiamiamo clandestini ma che urlano di dolore anche di giorno. Il resto è fuffa. E poi ci sarà la partita, che non è un participio passato, ma l’unica partecipazione presente. Altro che fiction.