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Inquinamento e malattie cardiovascolari

Inquinamento e malattie cardiovascolari
P.M. Mannucci
Dipartimento di Medicina e Specialità Mediche, Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore, Mangiagalli e Regina Elena, Università degli Studi di Milano

Infatti, è solo da una decina d’anni che rigorosissimi e ampi studi epidemiologici condotti in aree urbane sia dell’Europa che dell’America (e anche dell’Italia) hanno dimostrato che le variazioni dell’inquinamento atmosferico hanno un effetto anche sulle malattie cardiovascolari. L’incremento di eventi come l’infarto miocardico e l’ictus ischemico si verifica sia con un’aumentata esposizione cronica1-6 che con un’esposizione acuta7,8 all’inquinamento atmosferico e si associa ad un aumento della mortalità. Non è quindi una novità assoluta la recente pubblicazione su New England Journal of Medicine9 di un grande studio prospettico eseguito, nell’ambito della ben nota coorte del Women’s Health Iniziative, in 65,892 donne di età post-menopausale provenienti da 36 aree metropolitane degli USA e seguite per 6 anni con la rilevazione dell’esposizione a polveri sottili di diametro aerodinamico inferiore a 2.5 m (altrimenti note come PM2.5). Le principali e peculiari caratteristiche di questo studio rispetto ai precedenti sono la dimensione della coorte ma anche e soprattutto il fatto che esso è stato specificamente concepito e disegnato per valutare l’effetto dell’inquinamento sulle malattie cardiovascolari. Nei precedenti studi infatti l’effetto dell’inquinamento da particolato su queste malattie veniva rilevato come prodotto secondario di studi disegnati primitivamente per valutare altri eventi, soprattutto tumori e malattie respiratorie. Il risultato dello studio WHI è chiaro, inequivocabile e assai preoccupante per le donne (e gli uomini) che vivono nelle inquinatissime città Italiane: per ogni aumento di 10 g di PM2.5 (un incremento che è tanto modesto quanto frequentissimo nelle aree urbane), vi è un aumento del 24% delle malattie cardiovascolari e un aumento del 76% della mortalità cardiovascolare9. Né la situazione è più rosea per quanto riguarda le manifestazioni cerebrovascolari, che aumentano del 35%9. E’ inutile dire che il disegno delle studio e la sua analisi statistica sono state in grado di controllare l’influenza sui risultati delle variabili confondenti e degli altri fattori di rischio, per cui l’aumento delle malattie cardiovascolari associato all’aumento degli inquinati è risultato del tutto indipendente.

Questo importante studio lascia, naturalmente, alcuni problemi aperti. Il principale è forse quello del meccanismo patogenetico dell’aumentato rischio cardio- e cerebrovascolare determinato dall’esposizione alle polveri sottili. Se sembra abbastanza chiaro da precedenti dati che il particolato fine aumenta la formazione di placche aterosclerotiche10, rimane da stabilire se alla base degli eventi acuti vi è una aumento delle variabilità della frequenza cardiaca da disregolazione neurovegetativa, come alcuni dati lascerebbero ipotizzare11,12, o un aumento della formazione del trombo. Con i collaboratori della Clinica del Lavoro di Milano abbiamo recentemente pubblicato alcuni dati ottenuti nella Regione Lombardia che sembrerebbe in favore di quest’ultima ipotesi13,14. Uomini e donne Lombarde esposti a maggiori concentrazioni di polveri sottili hanno uno stato di ipercoagulabilità, espresso da un accorciamento del tempo di protrombina di entità paragonabile a quella osservata in donne che assumono estrogeni13, e un aumento de livelli plasmatici di omocisteina, che si verifica soprattutto nei fumatori di sigaretta14.

I rapporti fra inquinamento e malattie cardiovascolari sono dunque un importante campo di nuove ricerche. Con possibili implicazioni terapeutiche: se vi è ipercoagulabilità nei periodi di massimo inquinamento, si potrebbe considerare la somministrazione preventiva di eparina, o, secondo alcuni dati preliminari, di statine12.

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