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24 Febbraio 2011La stratificazione del rischio di stroke nei pazienti con fibrillazione atriale
M. Lettino
Fondazione Irccs Policlinico S.Matteo, Pavia, Italy
In Europa ne soffrono oltre 6 milioni di persone e si stima che questo numero potrebbe raddoppiare nei prossimi 50 anni. La prevalenza aumenta con l’eta’, passando da valori inferiori allo 0.5% tra i 40 e i 50 anni a percentuali che sfiorano e qualche volta superano il 10% a 80 anni e oltre (slide 1). Non a caso l’invecchiamento della popolazione viene visto come una delle cause maggiori di prevalenza futura della fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale non valvolare e’ associata ad un rischio di stroke che e’ 5 volte superiore a quello di una popolazione assimilabile non affetta dalla stessa patologia aritmica; un incremento del rischio di stroke si verifica anche in associazione ad altre patologie cardiovascolari, come l’ipertensione arteriosa, lo scompenso cardiaco e la cardiopatia ischemica, che hanno comunque un impatto minore della sola FA (slide2). Va peraltro ricordato che lo stroke che si manifesta in corso di fibrillazione atriale e’ in larga misura uno stroke cardio-embolico che si caratterizza per una piu’ elevata mortalita’, ma soprattutto per una maggiore associazione con disabilita’ permanente e scadente qualita’ di vita rispetto ad altre forme di patologia ischemica cerebrale (slide 3).
I primi trial clinici che hanno arruolato pazienti con fibrillazione atriale, randomizzandoli in prevenzione primaria all’assunzione di inibitori della vitamina K versus placebo, hanno documentato una riduzione importante dell’incidenza di stroke cardio-embolico, stimabile intorno al 68%. Un beneficio si ottiene anche con la somministrazione di antiaggreganti, che, se paragonati a nessun trattamento, comportano comunque una riduzione di eventi ischemici cerebrali del 22%. Negli studi di confronto tra anticoagulanti orali tradizionali (TAO) e antiaggreganti, ancora una volta i primi manifestano una efficacia preventiva sulla complicanza trombo-embolica statisticamente significativa rispetto ai secondi (slide 4). Considerata peraltro la grande variabilita’ clinica dei soggetti con FA da un lato e la possibilita’ che il trattamento antitrombotico risultato piu’ efficace abbia alcuni rilevanti effetti indesiderati di tipo emorragico dall’altro (sanguinamento intra-cranico), e’ sorta la necessita’ di operare una stratificazione del rischio trombo- embolico, soprattutto nei soggetti con FA non valvolare, per selezionare coloro che meriterebbero in ogni caso la TAO rispetto a coloro che potrebbero giovarsi del solo antiaggregante o per i quali non e’ indicata nessuna profilassi. Infatti pazienti a basso rischio di stroke che potrebbero giovarsi della sola aspirina trarrebbero poco beneficio aggiuntivo dall’anticoagulante orale e il beneficio sarebbe totalmente annullato dai potenziali rischi emorragici maggiori e dall’impegno del monitoraggio clinico e di laboratorio. D’altro canto il problema maggiore sta nel definire le soglie che identificano l’alto rischio, quello intermedio e quello basso: identificare per quest’ultimo un valore limite di incidenza di stroke annuo, al di sopra del quale si pone l’indicazione alla TAO o, quantomeno, alla valutazione di praticabilita’ della stessa, ha impegnato per diverso tempo la comunita’ degli scienziati che si occupano di fibrillazione atriale e di tromboembolismo. Nelle linee-guida del 2006 una incidenza di stroke fino al 2%/anno sembrava identificare la popolazione a basso rischio; dal 3 al 5% si collocavano coloro che erano indicati come pazienti a rischio intermedio e oltre il 5% coloro riconosciuti ad alto rischio.
Gli score di rischio storici
Una prima valutazione delle variabili clinico-epidemiologiche maggiormente associate al rischio di stroke nei pazienti con FA non valvolare e’ stata realizzata effettuando la metanalisi di 5 trial clinici randomizzati di prevenzione primaria, e valutando i soggetti del braccio di controllo non trattati con farmaci antitrombotici (slide 5). Gia’ dai primi anni ’90 era evidente l’impatto rilevante di un precedente evento cerebro-vascolare cosi’ come il peso di eta’, diabete mellito, ipertensione arteriosa e scompenso cardiaco. Il rischio relativo di stroke riportato nella tabella per ciascuna delle condizioni indicate si riferisce a quanto accade nei soggetti con FA non trattati rispetto ai soggetti con FA sottoposti a trattamento profilattico. Le variabili individuate da questa analisi sono state considerate fattori di rischio maggiore per stroke cardio-embolico nelle linee guida internazionali sul trattamento della fibrillazione atriale pubblicate fino al 2006.
L’analisi multivariata dei dati relativi a 705 pazienti con fibrillazione atriale di recente insorgenza inclusi nel Framingham Heart Study, esclusi coloro che avevano manifestato uno stroke o un TIA entro 30 giorni dalla diagnosi aritmica, ha individuato solo il sesso femminile, il diabete mellito e un pregresso stroke o TIA come fattori predittivi indipendenti di un nuovo evento cerebrovascolare, cui si e’ aggiunta successivamente anche l’ipertensione arteriosa, una volta considerata la presenza o assenza del trattamento con warfarin all’elaborazione statistica finale. Considerando a basso rischio coloro che avevano manifestano un’incidenza di stroke < 1.5% o, in modo piu’ estensivo, < 2%, la quota di soggetti appartenenti a tale categoria variava rispettivamente dal 14.3% al 30.6% di tutta la popolazione inclusa nell’osservazione (slide 6 e 7).
Il CHADS2 score include alcuni fattori di rischio per stroke che sono indicati dalle iniziali dell’acronimo: Cardiac failure, Hypertension, Age, Diabetes, Stroke, cui e’ stato assegnato un punteggio proporzionale all’impatto relativo di ciascuna sull’incidenza di stroke. Il numero 2 e’ stato assegnato solo a un precedente evento cerebro-vascolare, mentre tutte le altre variabili del CHADS2 hanno ricevuto un punteggio pari a 1. Il valore predittivo di questo sistema di valutazione del rischio e’ stato determinato in 1733 pazienti assistiti da Medicare, di eta’ compresa tra 65 e 95 anni, con fibrillazione atriale non valvolare, cui non e’ stato prescritto warfarin al momento della dimissione dall’ospedale. Pochi pazienti si sono collocati nei valori di score rispettivamente piu’ basso (0) e piu’ alto (5-6): i primi hanno manifestato un’incidenza di stroke per anno dell’ 1.9%, gli altri del 12.5-18.2%. Considerando la classificazione che suddivideva i pazienti in basso rischio, rischio intermedio e alto rischio, gia’ proposta dalle linee guida per il trattamento della fibrillazione atriale, lo score CHADS2 identificherebbe i pazienti a basso rischio solo in coloro che hanno un punteggio pari a 0; un rischio intermedio o intermedio/alto verrebbe assegnato ai pazienti con punteggio ≤ 2 e alto a tutti coloro che hanno un punteggio dal 3 in su (slide 8). Le linee guida europee e americane del 2006 hanno rivisto tutti i fattori di rischio per stroke indicati dalle sperimentazioni precedenti e ricavati sia dai trial clinici che dai registri osservazionali, e li hanno raggruppati in tre categorie: fattori indicativi di alto rischio, fattori indicativi di rischio intermedio e fattori di rischio piu’ deboli o meno validati (vedi slide 9). Secondo la presenza individuale o in associazione di uno o piu’ di tali fattori di rischio hanno identificato la popolazione a rischio basso, intermedio e alto di stroke, con una suddivisione che ben corrisponde ai valori di CHADS2 score che sono stati assegnati in precedenza agli stessi profili di rischio; sulla scorta quindi di queste valutazioni hanno successivamente formulato le indicazioni alla terapia antitrombotica per ciascuno dei tre gruppi. Per i fattori di rischio piu’ deboli o meno validati hanno previsto la sola terapia antiaggregante se presenti in modo individuale, come unico fattore di rischio per stroke. L’associazione di uno o piu’ di questi fattori di rischio ad uno moderato innalza invece il paziente al livello di indicazione alla terapia anticoagulante orale.
Un nuovo score di rischio per i pazienti con FA non valvolare
Gia’ nel 2006 un gruppo di ricercatori di Birmingham aveva elaborato un sistema di stratificazione del rischio di stroke nella popolazione dei pazienti con FA non valvolare che includeva alcune variabili comuni al CHADS2 , come una storia pregressa di evento cerebro-vascolare, l’eta’ avanzata, l’ipertensione e il diabete. Lo schema proposto da Birmingham era stato quindi arricchito e perfezionato per essere utilizzato come sistema di riferimento delle linee guida inglesi NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence) per il trattamento della fibrillazione atriale. Riesaminando quindi il peso che nella letteratura hanno acquisito alcuni fattori di rischio aggiuntivi per stroke, gli stessi autori del primo schema Birmingham-NICE hanno rivalutato una ampia popolazione di pazienti inclusi nella Euro Heart Survey per la FA, e in particolare 1577 soggetti senza stenosi mitralica o protesi valvolare meccanica, che non assumevano la terapia anticoagulante orale dal momento in cui sono stati inclusi nell’osservazione, con un follow up medio di un anno. I ricercatori hanno rivisto la classificazione in basso, intermedio e alto profilo di rischio dell’intero campione, paragonando al CHADS2 e al Framingham risk score il nuovo sistema di valutazione del rischio costruito sulle variabili arricchite del Birmingham NICE, che includevano (oltre all’eta’ ≥ 75 anni e ad un pregresso evento cerebro-vascolare) anche un’eta’ compresa fra 65 e 74 anni, lo scompenso cardiaco o una disfunzione ventricolare sinistra moderato-severa, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, il sesso femminile e la presenza di malattia vascolare intesa come arteriopatia periferica sintomatica, placche aortiche documentate all’ecocardiogramma trans-esofageo o coronaropatia aterosclerotica. Trasformando questo schema in uno score numerico e’ nato il CHA2DS2-VASc score, nel quale all’eta’ avanzata e’ assegnato un punteggio pari a 2, analogamente ad un pregresso TIA o stroke, e che puo’ raggiungere un valore massimo di 9. E’ stato quindi assegnato ad un CHA2DS2-VASc score di 0 la definizione di basso rischio, mentre 1 identificherebbe un rischio intermedio e valori > 1 un rischio elevato. I soggetti con score=0 non manifestano infatti eventi trombo embolici in un anno, mentre soggetti con valore di score pari a 1 hanno un’incidenza di eventi dello 0.6%. Con valori di CHA2DS2-VASC score di 2 l’incidenza degli eventi comincia ad essere dell’1.6% per arrivare fino all’8-11% per valori ≥ 7 (slide 10, 11, 12).
Le nuove linee guida europee 2010 per il trattamento della fibrillazione atriale hanno abbandonato la vecchia stratificazione dei pazienti con FA in basso, intermedio e alto rischio di stroke, ritenendo che con essa restasse largamente indefinita una sottopopolazione di soggetti (rischio intermedio) nei quali molti sarebbero in realta’ ricaduti in una classe di rischio sufficientemente alta da trarre beneficio piu’ dalla terapia anticoagulante orale che da quella antiaggregante. Gli Autori delle linee guida hanno quindi proposto due nuove categorie di fattori di rischio: quelli maggiori, che includono una storia pregressa di stroke o di embolismo sistemico e l’eta’≥ 75 anni, e quelli non maggiori ma clinicamente rilevanti, che includono lo scompenso cardiaco o la disfunzione ventricolare sinistra almeno moderata (FE < 40%), l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, un’eta’ compresa fra i 65 e i 74 anni, il sesso femminile e una malattia vascolare (pregresso infarto miocardico, arteriopatia periferica o placche aortiche) (slide 13). Hanno quindi suggerito una prima valutazione del paziente con il CHADS2 storico per selezionare i soggetti con valori ≥ 2 per i quali c’e’ una acquisita indicazione alla TAO. Dei restanti raccomandano la valutazione del’eta’ che, se ≥75 anni, costituisce comunque una indicazione alla TAO, mentre in coloro che manifestano una eta’ piu’ giovanile sollecitano la verifica della presenza di almeno due fattori di rischio aggiuntivi. Ancora una volta la presenza di tali fattori di rischio indirizza alla TAO, cosi’ come, nel passaggio successivo la presenza di uno solo suggerirerebbe una equivalenza tra TAO e aspirina, con una preferenza verso la prima che va giudicata in base al profilo di rischio emorragico del paziente. Il soggetto che arriva all’ultimo passaggio della stratificazione senza evidenza di fattori di rischio ha un’indicazione alla profilassi trombo-embolica con la sola aspirina con una preferenza per nessun trattamento antitrombotico, visto il rischio pressoche’ nullo di eventi embolici e il rischio maggiore di sanguinamenti iatrogeni. La slide 14 mostra una stratificazione del rischio con relativa indicazione alla terapia che integra la definizione dei fattori di rischio secondo le ultime linee guida 2010 e il punteggio numerico del CHA2DS2-VASC score.
Terapia anticoagulante: come conciliare profilassi trombo embolica e rischio di emorragie
La scelta di ogni terapia antitrombotica deve sempre considerare la valutazione del rischio emorragico del soggetto candidato al trattamento. Di fatto, come gia’ accade nelle sindromi coronariche acute, molti fattori associati ad una aumentata incidenza di stroke o tromboembolismo sistemico sono predittori indipendenti di complicanze emorragiche legate alla terapia (slide 15). Sono state pertanto proposte anche in questo ambito diverse modalita’ di stratificare il rischio di sanguinamento, molte delle quali di difficile applicazione o non validate. Lo score inserito nelle ultime linee guida e’ espresso dall’acronimo HAS-BLED (Hypertension, Abnormal renal/liver function, Stroke, Bleeding History or predisposition, Labile INR, Elderly, Drugs/alcohol concomitantly). Lo score e’ stato sviluppato valutando i predittori di sanguinamento nella popolazione della Euro Heart Survey con FA ed e’ stato successivamente validato in una coorte di 7329 pazienti inclusi nei trial clinici SPORTIF (rispettivamente III e V), nei quali era stato confrontato un nuovo inibitore della trombina, ximelagatran, con la terapia anticoagulante orale convenzionale per la prevenzione dello stroke in soggetti con fibrillazione atriale. Gli estensori delle linee guida suggeriscono l’opportunita’ di valutare il punteggio dello score HAS-BLED in tutti i pazienti sottoposti a trattamento antitrombotico, riservando particolare attenzione al follow up clinico ed eventualmente di laboratorio a tutti coloro che dovessero presentare un valore ≥ 3, sia che siano in trattamento con l’anticoagulante orale che con l’antiaggregante piastrinico.
In conclusione: l’impiego di una stratificazione del rischio di complicanze tromboemboliche nei pazienti con FA mediante l’utilizzo di uno score numerico facilmente calcolabile e che contempli variabili oggettive e poco influenzate alla discrezionalita’ del medico dovrebbe consentire un piu’ sicuro riconoscimento di tutti i soggetti che potrebbero avere un evento cerebro-vascolare maggiore e che meriterebbero un trattamento antitrombotico piu’ intensivo. Le ultime linee guida europee sostengono tale approccio e, di fatto, creano le basi per un impiego piu’ ampio degli anticoagulanti orali in questa popolazione. Nel contempo la valutazione del rischio emorragico permetterebbe di individuare fin dall’inizio coloro che potrebbero sviluppare un sanguinamento maggiore e che pertanto, lungi dal non essere candidati al trattamento anticoagulante in assoluto, meriterebbero semplicemente un piu’ stretto monitoraggio clinico e di laboratorio. L’applicabilita’ delle linee guida e l’impiego piu’ ampio dell’anticoagulazione potrebbe essere facilitato dall’arrivo dei nuovi farmaci, che non richiedono un continuo riaggiustamento posologico in base ai livelli di scoagulazione raggiunti e sono meno associati all’insorgenza di emorragia intracranica.
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