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23 Marzo 2013NOVITA & RSQUO; Nelle Linee Guida SULLA  terapia antitrombotica della fibrillazione atriale
Rossella Marcucci
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Universit & Agrave; Di Firenze
Nel corso dell’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia (Munich 2012), è stato presentato e pubblicato l’aggiornamento delle linee guida sulla terapia antitrombotica della fibrillazione atriale (aa 2010).
Di seguito riportiamo le novità più rilevanti che possono modificare la nostra pratica clinica quotidiana.
Già dal 2010, le linee guida erano state implementate con l’adozione di uno score che consentisse la stratificazione del rischio tromboembolico del singolo paziente con FA non valvolare. Per questo, gli Autori delle linee guida, dal 2010, hanno deciso di adottare – per la sua semplicità e rapidità di impiego – prima il profilo CHADS2, successivamente migliorato con il CHA2DS2-VASC score.
Lo score CHADS2 prendeva in considerazione i seguenti fattori di rischio per eventi trombo embolici: C= cardiac failure; H=hypertension; A=age (≥75 yrs);D=diabetes; S= previous TIA/stroke. Questo score deriva dai criteri dello studio SPAF ed è basato su un sistema a punteggio in cui 2 punti sono assegnati alla storia di eventi trombo embolici ed 1 punto a tutti gli altri parametri. Nei pazienti con un CHADS2 score ≥ 2, è raccomandata la profilassi con anticoagulante orale. Come si vede nella figura 1,
esiste una chiara correlazione tra lo score CHADS2 ed il rischio di eventi trombo embolici. La validazione originale di questo schema prevedeva il punteggio 0 = basso rischio; 1-2=rischio moderato; > 2=alto rischio. 0= nessuna terapia o terapia antiaggregante; 1= terapia antiaggregante od anticoagulante orale; ≥2= terapia anticoagulante orale.
Alcuni limiti di questo score: l’età come fattore di rischio non è un fenomeno SI/NO, ma il rischio trombo embolico nella FA comincia a crescere a partire dai 65 aa, anche se è in presenza di un’età ≥75 aa che il rischio aumenta in modo sostanziale, anche in assenza di altre condizioni di rischio. Via via che il paziente invecchia, la capacità di protezione dallo stroke offerta dalla terapia antiaggregante decresce, mentre rimane sostanzialmente invariata la protezione offerta dalla terapia anticoagulante orale. Nei trials più vecchi, l’ipertensione era spesso definita come pressione non trattata >160/95 mmHg od in presenza di farmaci antiipertensivi. Una pressione arteriosa ben controllata può rappresentare una condizione di più basso rischio di stroke e tromboembolismo. Analogamente, una condizione di insufficienza cardiaca non è sempre associata ad un aumento del rischio trombo embolico, non essendo sempre sinonimo di alterazione della funzione sistolica del ventricolo sinistro. Mentre è chiaro il rischio trombo embolico associato ad una alterazione lieve o moderata della funzione sistolica, meno definito è il rischio dei pazienti con insufficienza cardiaca ma frazione di eiezione conservata.
Inoltre, altri parametri sono associati ad un aumentato rischio trombo embolico: la presenza di una patologia aterosclerotica vascolare può aumentare il rischio di stroke. Un aumento del rischio di stroke è presente nella maggior parte degli studi nei pazienti con pregresso infarto del miocardio; la FA conferisce una prognosi peggiore ai pazienti con arteriopatia periferica, e la presenza di una placca aortica complessa a livello dell’aorta discendente è un fattore di rischio indipendente di tromboembolismo. Il sesso femminile è associato ad un aumento del rischio tromboembolico, aumento che diviene particolarmente significativo nell’età più avanzata.
Sulla base di queste considerazioni, lo score CHADS2 è stato implementato con l’aggiunta di una serie di parametri associati ad un aumento del rischio trombo embolico:sesso femminile; età 65-75 aa; storia di patologia vascolare. Questa modifica ha permesso di ridurre la quota di pazienti con CHADS2=1, ovvero a moderato rischio, l’area grigia in cui le vecchie linee guida definivano come equivalente la protezione offerta dalla terapia antiaggregante o da quella anticoagulante orale.
E’ nato così lo score CHA2DS2-VASC (figura 2)
con cui si modifica l’approccio alla stratificazione del rischio del paziente con FA: le raccomandazioni per la terapia antitrombotica dovrebbero essere basate sulla presenza (o assenza) dei fattori di rischio per tromboembolismo, piuttosto che su una divisione artificiale in rischio basso, moderato od alto. Così, in presenza di un CHA2DS2-VASC ≥2 è indicata la terapia anticoagulante orale; in presenza di uno score di 1 è possibile la scelta tra anticoagulante orale ed antiaggregante piastrinico (con preferenza alla terapia anticoagulante orale); in presenza di uno score di 0 è possibile la scelta tra antiaggregante piastrinico o nessuna profilassi (con preferenza a nessuna profilassi)(figura 3).
Inizia così la progressiva riduzione dello spazio riservato alla tromboprofilassi con antiaggregante piastrinico, percorso che vedrà la sua conclusione nell’aggiornamento del 2012.
Un’ulteriore importante novità delle linee guida 2010 è stata l’introduzione di una valutazione non solo del rischio trombotico, ma anche del rischio di sanguinamento, valutazione da effettuare prima della decisione di iniziare una terapia anticoagulante orale. E’ nato così lo score HAS-BLED (figura 4):
uno score ≥3 indica un elevato rischio e prudenza nell’adozione di una terapia antitrombotica, così come l’opportunità di controlli regolari dopo l’inizio di una terapia, sia essa con antiaggregante piastrinico o con anticoagulante orale. L’introduzione di questo score – al di là dei limiti intrinseci di questo come di tutti gli score che abbiamo a disposizione – ha il merito di aver sottolineato l’importanza di una valutazione del rischio di sanguinamento (spesso sommaria e legata alla sensibilità del singolo medico, ma difficilmente finora standardizzata) e di aver sottolineato come questo rischio sia simile in presenza di una terapia antitrombotica, sia antiaggregante piastrinica che anticoagulante orale. Troppo spesso, infatti, i medici, quando temono l’applicazione di una terapia anticoagulante orale – specialmente nel paziente anziano – preferiscono un antiaggregante piastrinico, che viene ritenuto associato ad un minor rischio di sanguinamento. Tutte le evidenze scientifiche che abbiamo dimostrano, in modo netto, come la presenza di fattori di rischio tromboembolici – primi tra tutti l’età avanzata – sia associata ad un rischio di stroke che non è adeguatamente ridotto dall’antiaggregante che, invece, è associato ad un ugual rischio di sanguinamento (sia sanguinamento maggiore che intracerebrale). Quando si hanno perplessità nell’iniziare una terapia anticoagulante orale in un soggetto anziano per la percezione di un aumento del rischio di sanguinamento, dobbiamo anche avere ben chiaro che la eventuale scelta di una terapia antiaggregante NON lo protegge dal rischio di sanguinamento, mentre sicuramente è associata ad una minore protezione del rischio trombo embolico.
Definire un rischio di sanguinamento elevato in presenza di un HAS-BLED ≥3, significa sottolineare la necessità di un attento controllo di quel paziente – SIA in antiaggregante che in anticoagulante: alcune condizioni associate a diatesi emorragica sono suscettibili di variazioni nel tempo e di correzione. In questo senso l’applicazione di uno score come l’HAS-BLED può essere di aiuto nella pratica clinica quotidiana.
L’aggiornamento 2012 (Figura 5)
di queste linee guida ha portato a compimento, per molti versi, il percorso iniziato nel 2010. Ulteriori evidenze hanno rafforzato l’uso di un approccio basato sui fattori di rischio per la stratificazione del rischio di stroke quale quello usato in quelle linee guida: il CHA2DS2-VASC score consente, con un capovolgimento di fronte, la identificazione del paziente a ‘vero basso rischio’ che non necessita di alcuna terapia antitrombotica. Il percorso iniziato vedeva un ridimensionamento importante del ruolo della terapia antiaggregante nella profilassi del rischio tromboembolico della FA: con l’aggiornamento successivo, gli Autori si sono spinti all’uso dello score per identificare il paziente che NON necessiti di alcuna terapia antitrombotica. Siamo di fronte, cioè, ad un ribaltamento di prospettiva: finora gli score e le linee guida servivano ad identificare, nel gruppo dei pazienti con FA non valvolare, quelli a maggior rischio trombo embolico. Adesso, consideriamo che tutti i pazienti con FA non valvolare sono a rischio trombotico e ‘cerchiamo’ di identificare solo il sottogruppo di quelli a rischio molto basso che non necessitino di alcuna terapia antitrombotica.
Due messaggi, quindi:
– la terapia antitrombotica, quando necessaria, è ormai SOLO quella anticoagulante orale.
– solo un gruppo di pazienti con FA non valvolare ‘a basso rischio’ deve essere identificato per NON essere trattato con alcuna terapia antitrombotica.
Infine, l’aggiornamento 2012 acquisisce i risultati dei grossi trial di intervento (RELY; ROCKET; ARISTOTLE) ed introduce la terapia con i NAO (nuovi anticoagulanti orali) di prima scelta rispetto al warfarin.
Data la disponibilità dei nuovi anticoagulanti orali, l’uso della terapia antiaggregante deve essere riservata solo a quei pazienti che rifiutino ogni forma di terapia anticoagulante.
L’ulteriore novità introdotta dagli Autori dell’aggiornamento 2012 è data dal fatto che essi acquisiscono i risultati dello studio ACTIVE – A e definiscono la terapia antiaggregante quella costituita dall’associazione aspirina-clopidogrel. Ovvero: la terapia di scelta è quella anticoagulante orale – prima con i NAO (dabigatran; rivaroxaban; apixaban) e poi con gli antagonisti della vitamina K. Se il paziente rifiuta ogni forma di terapia anticoagulante, può essere proposta la terapia antiaggregante. Quale? L’associazione aspirina- clopidogrel deve essere di prima scelta perché associata a maggior protezione – pur con aumento del rischio di sanguinamento- rispetto alla monoterapia con aspirina. Perciò la monoantiaggregazione con aspirina dovrebbe essere riservata a chi rifiuta la terapia anticoagulante orale e non può assumere la doppia antiaggregazione a causa, per esempio, di un eccessivo rischio di sanguinamento.
Perciò, queste linee guida raccomandano fortemente uno spostamento della pratica clinica verso un’attenzione maggiore all’identificazione del paziente con FA veramente a basso rischio (es. con età2DS2-VASC score comprende i più comuni fattori di rischio nella pratica clinica quotidiana. Una storia di ‘insufficienza cardiaca’ per se non è un fattore di rischio e la C dello score si riferisce ad una documentata disfunzione sistolica moderata-grave (insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione) oppure alla presenza di un recente ricovero per scompenso indipendentemente dalla frazione di eiezione.
Un ulteriore importante aggiornamento riguarda il sesso femminile: come documentato dagli studi, il sesso femminile aumenta il rischio di stroke, ma l’aumento diviene significativo ad un’età > 65 aa. Perciò, contrariamente a quanto definito finora, la presenza di un punteggio pari a 1 definito SOLO dal sesso femminile, NON è condizione sufficiente per richiedere una terapia antitrombotica.
Ulteriori evidenze sottolineano che la prevenzione dello stroke con un antagonista della vitamina K è efficace quando il tempo medio individuale in range terapeutico è buono, ovvero >70%.
Riepiloghiamo i punti chiave dell’aggiornamento 2012:
1) L’efficacia della protezione antitrombotica offerta dall’aspirina è bassa e comunque associata ad un rischio di sanguinamento maggiore e intracerebrale non significativamente differente rispetto agli anticoagulanti orali, specialmente nella popolazione anziana;
2) L’uso della terapia antiaggregante (doppia antiaggregazione aspirina+clopidogrel o sola aspirina in chi non tollera la doppia) per la prevenzione degli eventi trombo embolici nella FA deve essere riservata a quei pochi pazienti che rifiutano ogni forma di terapia anticoagulante orale;
3) Lo score CHA2DS2-VASC è migliore del CHADS2 per l’identificazione dei pazienti a ‘vero basso rischio’ – da escludere dal trattamento antitrombotico ed equivale al CHADS2 per l’identificazione dei pazienti a rischio di eventi di eventi trombotici;
4) L’HAS-BLED è uno score che consente una stratificazione del rischio di sanguinamento e, soprattutto, aiuta il medico ad identificare i fattori di rischio suscettibili di correzione. I pazienti con HASBLED≥3 dovrebbero essere controllati periodicamente ed ogni sforzo dovrebbe essere fatto per la correzione dei fattori di rischio modificabili. Un HAS-BLED elevato rappresenta un elemento di rischio sia per la terapia antiaggregante che anticoagulante ma NON dovrebbe essere usato da solo per decidere chi escludere dalla terapia anticoagulante;
5) I nuovi anticoagulanti orali offrono miglior efficacia e sicurezza degli antagonisti della vitamina K. Perciò, quando è raccomandata la terapia anticoagulante orale, deve essere considerata la possibilità di impiego di dabigatran, rivaroxaban od apixaban prima degli antagonisti della vitamina K.